Mi ero davvero convinta che quel ragazzo non mi interessasse, ma il giorno dopo mi accorsi che mi sbagliavo. Ashton era arrivato di corsa - lo capii dal suo respiro affannato e dalla sua fretta di sedersi - e sembrava davvero turbato. Non volevo disturbarlo, ma proprio non ce la feci a non salutarlo con un "Hey." che sperai non facesse trasparire la mia preoccupazione.
Ero davvero tremendammnte curiosa, Ashton mi fece solo un segno del capo e ricordo che ne rimasi piuttosto turbata.
Cosí badai solo al mio caffè, mentre lui guardava il suo cellulare. Non proferimmo parola. E appena lui mi disse "Scusa." io sobbalzai sul posto e, dopo aver posato la mia tazzina, mi girai verso di lui.
Lo guardsi confusa e lui continuò "Se non ti ho risposto. Ciao." mi sorrise mettendo in evidenza le sue fossette che non avevo notato prima.
"Cosa... cosa ti è successo?" gli chiesi davvero molto curiosa; lui scosse la testa e alzò le spalle. "Ehi, ormai siamo amici. Puoi dirmelo."
Mi sorrise, ma continuò a osservare la sua tazza che non avevo nemmeno visto arrivare. "Okay, lo dico solo perché ora siamo amici." si girò verso di me "C'é questo mio amico... Che, beh, noi siamo coinquilini. E... Non sono riuscito a pagare l'affitto e lui è tutto incazzato. Ma é okay, credo. Voglio dire, siamo amici e lui è solo un po'... irascibile, ecco."
Lo vidi grattarsi la testa imbarazzato. Risi davvero, mi sembrava di non riuscire più a smettere, e non sapevo nemmeno perché! Ma lui era lì e io pensavo davvero che avesse a che fare con la polizia o mafia o cose simili. Si, ero davvero paranoica - e lo sono tutt'ora -, ma lui era lì... Ed era così buffo.
"Okay, okay." alzai le mani in segno di resa "Che lavoro fai Ashton per non permetterti un pagamento d'affitto?"
Lui rise leggermente con fare imbarazzato mentre fissava il bancone. "In realtà mi esibisco per strada."
Quasi mi soffocai, mentre bevevo il mio caffè latte, perché quello che aveva detto non poteva essere vero. Okay, poteva, ma la consideravo una cosa davvero... da Ashton, e tutto di lui era divertente.
"Ehi!" rise, "É un bell'impegno!"
Risi ancora di più, mi girai verso di lui e incontrai i suoi occhi e mi sentii... diversa. Come se i suoi occhi fossero magnetici.
Mi schiarii la voce e gli chiesi "E... Che strumento suoni?"
Lui sorrise "Ho voglia di raccontarti tutto."
Io risi e lo incitai a farlo. Così lui cominciò. "Facevo parte di una band che si chiamava qualcosa come Swallow the fish, suonavo la chitarra. Ammetto che so suonare anche il sassofono e la batteria e anche il piano! Ma questo non è importante. Noi ci siamo sciolti, e non ci siamo proprio più sentiti. Sto cercando di diventare un insegnate di musica ma è più difficile di quanto pensassi con gli esami e tutto, perciò per adesso guadagno da vivere suonando la chitarra per strada." mi sorrise davvero in un modo dolcissimo, e io lo imitai. "Tu che fai invece?"
Alzai le spalle. "In realtà nulla. Ho solo diciannove anni e vado al college. Ho appena fatto un anno di ingegneria ma davvero non mi piace, quindi il prossimo penso farò marketing."
Lui sussurrò "Ah." e poi continuò "Non ti facevo così intellettuale, piú una modella che posa nuda."
Ridemmo e io gli tirai un pugno sul braccio. "Coglione."
Io ripresi a guardare il mio caffè e per dei buoni dieci minuti nessuno emise parola. Non era uno di quei silenzi scomodi, in cui non sai mai se parlare o meno. Era come il vento: piacievole.
Lui alla fine si schiarì la voce e, dopo aver deglutito un sorso di caffè chiese "Che hobby hai?"
"Hobby?" chiesi un po' confusa. Lui si girò verso di me accennando un sorriso.
"Si, quel tipo di cose che fai quando non fai il tuo dovere." storse leggermente la testa. "Sai, al posto di annoiarti."
"Oh, lo avevo capito." sollevai un po' le sopracciglia. "Ero solo un po' sorpresa dalla domanda. Perché lo vuoi sapere?"
"Mi interessa sapere te. Conoscerti." abbassò lo sguardo sul bancone "Sembri interessante."
Lo guardai un po' stupita, ma alla fine alzai le spalle "Okay. Mi piace molto ascoltare musica classica. Leggere libri consumati ascoltando il rumore della pioggia e passare i pomeriggi al parco."
Lui sorrise guardandomi negli occhi. "Che c'è?" chiesi, un po' infastidita perché odiavo essere fissata, ma soprattutto imbarazzata.
"Oh, niente." disse scoppiando in una leggera risata, arrossendo poco. "É che ti brillano gli occhi quando dici quello che ti piace."
Risi, alzando la testa, gli toccai la spalla con l'indice "Tu. Mi hai appena detto una delle frasi più famose utilizzate per rimorchiare?"
Arrossì fino alle punte delle orecchie e scoppiò in una risata. "Credo... Credo di averla letta da qualche parte, si. Ma era davvero quello che pensavo!"
Risi ancora un po', ci fu un'altra pausa di silenzio. Poi lui parlò "Come si chiama il parco in cui passi i pomeriggi?"
Lo guardai di sbieco "Perché lo vuoi sapere?" e lui arrossì pochissimo, ma io lo notai perché eravamo a meno di un metro di distanza.
"Beh, si da il caso che io voglia esibirmi da qualche parte... Sto cercando un pubblico che sia in grado di apprezzare la mia musica." guardò per un secondo il muro davanti, e io notai che Micheal ci stava guardando in un modo strano mentre andava a servire una torta ad un tavolo. "Visto che ascolti musica classica credo che tu non farai parte di quel gruppo."
Mi girai verso di lui e sorrisi un poco. "Penso che mi piaceresti." lui si girò e mi sorrise "Ma io non voglio dire il posto in cui passo la maggior parte del tempo ad una persona di cui non conosco nemmeno il cognome."
Si sistemò un po' sulla sedia e sorseggiò il suo mocaccino. "Ma ormai siamo amici, no?"
"Cosa intendi?" lo guardai e notai che lui mi stava già guardando.
Bevve un altro sorso e poi "Prima tu mi hai fatto così, ormai possiamo considerarci amici." annunciò.
Risi, "Hai ragione. É vero." scossi la testa.
"Irwin." annunciò, dopo un paio di minuti.
"Il nome del parco? No," risi un poco "direi proprio di no."
Lui arrossì poco e abbassò lo sguardo sul bancone. "No..." si grattò nervoso il sopracciglio "In realtà é il mio cognome."
Arrossì tanto, lo fissai incredula e gli chiesi scusa "Il mio é Holly."
"Piacere, allora." mi porse la mano; io l'afferrai sorridendo. Rimisi le mani attorno alla tazza bianca. Dopo un po' mi decisi a rispondere alla sua domanda "Il parco si chiama Bhetwood Park, é davvero piccolo e molto vicino a casa mia. Non ci passa molta gente, quindi non credo che troverai molto pubblico in quella zona."
"Non importa." guardò il mio caffè: aveva il naso arrossato ed era davvero tenero. "Ehi, posso pagarti il caffè?"
Spalancai gli occhi confusa, sopresa e un po' onorata. "No! Cioè, perché?" scossi la testa. "Me lo hai già pagato ieri."
"Si, ma era perché faceva schifo." sorrise "Oggi lo voglio fare come un gentiluomo."
Risi, scossi la testa, con le guance arrossate "V-va bene."
Hai!
Lunghetto, eh?
Spero vi piaccia!
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Coffee Shop » a.i
Short Story"Un caffè latte, grazie." "Per me un mocaccino." /short story • ashton irwin/