1. Primo Incontro

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«Dottore, la stiamo perdendo...» sento dire, sfocatamente, da una voce in lontananza.
«Dottore, i battiti stanno rallentando!» un'altra voce, ancora più lontana di quella di prima.
«La pressione sta diminuendo!» ah, ecco di nuovo la prima voce.
Tento di aprire gli occhi ma non ce la faccio: sono troppo pesanti.
Sento dei mugugni da qualche parte, in sottofondo.
"Ma possibile che non si possa dormire in pace?!" vorrei dire, ma la mia bocca è troppo pesante per poter essere aperta.
In lontananza, sento una voce strozzata e disperata che incomincia a piangere.
"E per la miseria! Anche i piagnucoloni, ora?! Cosa sarà mai successo?!"
«Vuoi saperlo?» dice una voce nella mia testa, improvvisamente, molto più chiara delle altre.
«Non credo comunque che la risposta ti piacerà.»
"Cosa diamine..!" «Sì» fece sbrigativa la voce.
"Eh?" «Sì, ti ho detto»
"Ma 'sì' cosa?!" chiesi irritata alla voce.
«Che diamine di domanda è "Ma 'sì' cosa"?! Sì.
La domanda la dovresti già sapere!»

Stavo incominciando a spazientirmi.
In sottofondo, le voci si allontanavano sempre più, dandomi la calma che tanto agognavo da qualche minuto.
"Senti, non so chi tu sia, non so quale dev'essere questa 'domanda che dovrei già sapere', ma ora sono stanca, quindi lasciami dormire in pace"
«No. Questo non posso ancora fartelo fare»
"... Come... scusa? Mi vuoi anche impedire di dormire, ora?"
«Se necessario, sì. Non puoi ancora dormire, quindi vedi di svegliarti»
"Eh no! Questo è troppo! Chi diavolo saresti per darmi ordini, stupida voce della mia testa?!"
«Chiariamo bene le cose, ragazzina, io NON SONO una delle voci della tua testa.
Se soffri di schizofrenia sono affari tuoi, a me non interessa.
Ma ora... SVEGLIATI!!!»
mi strillò quella voce, facendomi aprire gli occhi improvvisamente.
La testa prese a girarmi e farmi male e figure sfocate si paravano sopra di me, per poi allontanarsi e tornare di nuovo.
Sbattei gli occhi più e più volte per riprendere lucidità.
"Dove..." un fascio di luce mi colpì dritta nelle pupille, facendomi perdere il filo dei miei pensieri e facendomi vedere tutto sfocato. Di nuovo.
Tentai di sbuffare ma la mia bocca era bloccata da qualcosa, così , a fatica, incominciai a mugugnare perché mi liberassero.
Avevo le braccia pesanti e la sensazione delle mie gambe equivaleva all'importanza di uno sputo.
"Che... miserabile... schifo."
«"Che schifo" non si dice. Non ti hanno insegnato nulla a scuola?»

Di nuovo quell'insulsa voce.
«Sei pregata di non darmi dell'"insulsa voce"» disse in tono offeso.
"Tu dimmi chi sei e io correggo i modi. Non soffro di schizofrenia, quindi sono sana come un pesce"
«Ancora per poco. Sei fortunata a poterlo ancora dire, in realtà»
quel tono da sbruffona mi avrebbe mandato in manicomio dopo averla uccisa.
Di rimando, quella voce si fece un grossa e grassa risata.
Potevo quasi immaginarmela prendere forma e rotolare su un immaginario pavimento.
"Cos'avresti da ridere, ora?!"
«Nu.. Nulla... hehe... he...»
disse a fatica, tentando di ricomporsi.
«Dunque, emh... Williams... Williams... Ah, eccoti qui!» sentivo come uno sfogliare di pagine, ma era molto confuso e distante.
«Eris Williams, nata il 19 giugno nelle vicinanze di Toronto da Mary Margaret Jones e Kayle Williams in una casetta dall'adorabile tetto azzurro e-»
"FRENA FRENA FRENA! Come fai a sapere tutte queste cose su di me?! Chi diavolo sei?!"
«No, non sono un demone. E nemmeno un diavolo. Sono solo una docile ed innocua vocina che vuole confermare chi sei»
"'Docile ed innocua vocina' i gioielli di famiglia che non ho! Mi manderanno in terapia psicopatica intensiva se continuo a parlare con te! Sparisci!
Sparisci ora!"

«Io... sono altamente offeso per ciò che mi hai detto, sappilo. Questo tuo atteggiamento deve cambiare.
Ad ogni modo, ti stanno per chiamare, quindi fa' la brava e svegliati»
"...'Offeso'? Sei... un uomo? La tua voce è indecifrabile, dimmi chi s-aspetta un attimo, COS'È CHE HAI DETTO?! ALTAMENTE OFFESO?! Ma se tu non rispondi nemmeno alle mie doman-?!"

«Eris, tesoro...? Sono... Sono la mamma, mi senti?» mi chiese la dolce voce di mia madre.
Realizzai solo ora tutto il buio e il silenzio del luogo che mi circondavano, disturbato solo da un leggero ronzio.
Lentamente, aprii gli occhi, preoccupandomi che quello strano e forte fascio di luce mi colpisse ancora.
Una dolce ombra, invece, mi accompagnò nel mio risveglio, e la dolce -ma preoccupata- espressione di mia madre si fece via via più nitida davanti i miei occhi.
Tentando di sorridere, realizzai con sollievo che la bocca non era più bloccata.
Immediatamente, quel volto tondo con tratti gentili si mosse, ed un sollevato e gioioso sorriso si fece strada fra le labbra rosee di mia madre.
«Oh, tesoro! Come... Come ti senti? Ti fa' male qualcosa? Stai bene?» chiese preoccupata.
«Ma... Mam... Mamma...» dissi a fatica, con la gola secca e la voce impastata.
«Io non proverei a parlare, avevi un respiratore in bocca fino a poche ore fa» mi disse poco galantemente la vocina che pensavo se ne fosse andata per davvero.
"Io COSA?!"
«Calma, tesoro, calma. Avevi un respiratore fino a poche ore fa.
Ma ora va tutto bene. Vado a chiamare tuo padre, era alle macchinette a prendere un caffè» disse con un sorriso alzandosi.
Come mia madre se ne andò, quella dannata vocina tornò a parlare.
«Quindi? Che vogliamo fare?»
"Si può sapere chi diamine sei?! Non sei una voce intentata dalla mia testa, lo so... lo sento"
Lentamente, un'ombra nera prese forma sulla sedia su cui, poco prima, era seduta mia madre.
«Alcune persone ci sarebbero già arrivate, ma siamo cocciuti, eh?» disse scherzosa l'ombra con una profonda e sensuale voce maschile.
«Chi... sei?» tentai di dire.
«Usa il pensiero. Non hai abbastanza forze per parlare con la voce» fece una breve pausa in cui continuai a fissare l'ombra «Da quanto ho visto, non hai ancora capito cos'è accaduto. Dimmi... ricordi qualcosa?»
"Dimmi chi diavolo sei"
«Così non andremo da nessuna parte, mia cara. Non puoi semplicemente rispondermi?»
"Dimmi chi sei"
«Recidiva, eh? D'accordo. Sono un essere molto più vecchio di te che odia gli specchi e che non invecchia. Contenta?»
"Oh mio... Dio, sei... sei... un-un vampiro?"
«Sì, cioè, no! Non sono né il buon Dio né un vampiro. Sono... qualcos'altro. Ora che ho risposto, puoi rispondere alle mie di domande?!» mi disse meditabondo, finendo la frase con un tono irritato.
"D'accordo, d'accordo. Mi hai chiesto se mi ricordo qualcosa, giusto?"
«Sì. ...Sei attenta, noto» disse con aria compiaciuta «Vedi, » aggiunse immediatamente «Hai fatto una cosa che, teoricamente, non avresti dovuto fare, quindi ora devo valutare un paio di cose.
Ti ricordi che cosa è successo?»
"In realtà... ho appena realizzato di essere all'ospedale. Aspetta, PERCHÉ DIAMINE SONO ALL'OSPEDALE?!"
«Quindi, non ricordi nulla. Ottimo. No, davvero, fantastico» disse, portandosi (quella che credevo) una mano alla (quella che credevo) fronte.
"Perché quella voce da 'sono nella merda'?" dissi un po' irritata.
«Perché se tu non ricordi nulla, io non riesco a sapere che cos'hai visto. Se mi hai visto» mi rispose, calcando l'ultima frase.
«Stanno arrivando i tuoi. Non raccontare nulla di me, altrimenti ti prenderanno per pazza. O schizofrenica, se preferisci» disse con una risatina, svanendo.
Tre secondi dopo, entrarono mamma, papà, e il dottore.
«Quindi? Come andiamo, signorinella?» mi chiese con un sorriso quest'ultimo.
«Cre...do... Ben...ne...» gli risposi a fatica.
«Dottore, credo che-» iniziò mia madre «Riposo e acqua, signora, riposo e acqua. È miracolosamente scampata ad un incidente quasi sempre fatale. Devi considerarti fortunata» mi disse il dottore, facendomi l'occhiolino ed uscendo dalla stanza.
"Incidente? Quasi sempre fatale?" «Mam... ma... co... cos... a... suc... succ... successo?» dissi molto a fatica, sentendo chiaramente lo sforzo delle mie corde vocali.
Mia madre si sistemò sul letto accanto a me, mentre mio padre si sedeva sulla sedia vicino al letto.
«Calma, tesoro, calma. Caro, per favore, prenderesti un bicchiere d'acqua?» chiese dolcemente mia madre a mio padre che, per tutta risposta, si alzò e andò a prendere un bicchiere.
Lei rivolse di nuovo il suo profondo sguardo e i suoi occhi marroni su di me.
«Non ricordi nulla, tesoro?» mi chiese sorridendo, a cui risposi di no con la testa.
Ma c'era almeno una parte del mio corpo che non mi facesse male?!
«Puoi provare con gli occhi» disse quella voce, ridendo come una dannata.
La ignorai, e tornai a focalizzarmi su mia madre.
Lei, tranquillamente prese a raccontarmi.
«Umh avrei dovuto immaginarlo, hai preso una gran botta. Vediamo... da dove incomincio... ah, ma certo! Dall'inizio!» disse con una piccola risatina.
«Allora... ti eri alzata sbuffando come sempre, ma eri tutta carica perché... perché... ah, sì! Perché a scuola facevano la proiezione di un film»
Proiezione di un film... proiezione di un film... qualcosa nella mia mente stava incominciando a muoversi mettendo tutti i pezzi a posto.
«Come tutte le mattine, ti sei alzata, ti sei lavata, cambiata e sei scesa a fare colazione, mangiando una tazza di cereali al cioccolato col latte caldo»
Stavo piano piano incominciando a ricordare...
«Poi, hai preso la cartella e sei uscita per andare a scuola.
Successivamente, non so cosa sia successo, ma ad un certo punto, un'infermiera dell'ambulanza ha chiamato me e tuo padre, dicendo che venivi portata all'ospedale.
Ti abbiamo raggiunto in fretta e furia, e quando siamo arrivati ti stavano per operare a causa dell'emorragia interna che avevi.
Successivamente, hai dormito per due giorni aiutata da un respiratore che ti hanno tolto quando ti sei svegliata e hanno capito che potevi respirare da sola.
In questi due giorni, è venuto l'uomo che guidava il camioncino che ti ha investito per sapere se stavi bene. Che gentile.
Ci ha raccontato come si è svolta la storia. Te la ricordi?»
Mi ricordavo qualche pezzo di quella giornata, io che prendevo la cartella e uscivo, quello strano gatto nero che continuava a fissarmi, la vecchietta che attraversava..
LA VECCHIETTA!
Colta da un lampo, ricordai quasi tutto, e tentai di chiedere a mia madre come stava la vecchietta che avevo fatto capitombolare per terra.
«Stai tranquilla, tesoro» mi disse lei dolce «la signora Green sta bene. Ha preso solo una gran botta quando l'hai spinta, ma sta bene»
Sospirai sollevata.
Nel mentre, mio padre mi aveva portato un bicchiere con dell'acqua che avevo avidamente iniziato a bere a piccoli sorsi.
«Quindi...» dissi con la gola più morbida «sono rimasta addormentata per tre giorni?» chiesi, mentre il dottore entrava e reclamava la presenza dei miei genitori.
«Torniamo presto, cara» mi disse papà affettuosamente mentre chiudeva la porta della stanza dietro di sé.
«Quindi... ora ricordi, finalmente?» disse l'ombra , riformatasi su una sedia poco distante dal letto, facendomi prendere un colpo.
«Mi hai fatto prendere un colpo!»
«Scusa. Ora ricordi, quindi?» mi disse l'ombra sbrigativa.
«P-Più o meno... perché ci tieni così insistentemente?» chiesi io torva e curiosa.
«"Più o meno" quant'è su una scala da uno a dieci? E comunque, affari miei. Te l'ho detto, hai fatto una cosa che non dovevi fare ed ora sto tentando di porvi rimedio»
«Umh... cinque, presumo?»
«Cinque, eh?» disse con tono divertito «Bene. Vedrò di trasformare questo cinque in un numero più alto o più basso» concluse con una risatina, sparendo.
Io, nel mentre, mi interrogavo ancora su chi o cosa fosse quell'ombra, ma caddi solo in un sonno profondo, mentre i miei genitori aprivano la porta della stanza.
«Fa' piano, sta dormendo» sentii dire da mia madre, prima d'incominciare a sognare.

La Discordia della MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora