3. Smeraldo e Ametista sono pietre preziose

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 Diamine se avevo dormito male.
«Eris, tesoro!! È ora di alzarsi o farai tardi!» disse la voce di mia madre buttandomi giù dal letto.
Mi stropicciai la faccia con una mano e mi stiracchiai le braccia.
Andai in bagno, bussando per sapere se dentro c'era qualcuno; mi lavai faccia e denti, e mi sistemai i capelli.
«Oh... divinità!» dissi, osservandomi allo specchio.
Avevo una cera schifosa!
Due leggere occhiaie si erano comodamente prese una vacanza sotto gli occhi e non sarebbe stato preoccupante se solo non avessi avuto una pelle chiara.
Sembravo un fantasma che aveva preso due pugni negli occhi.
Corsi in camera a vestirmi prendendo la prima roba che avessi sottomano: jeans e una maglia che mi aveva fatto mia madre per il mio compleanno.
Alla velocità della luce tornai in bagno e mi misi un po' di trucco, quel tanto che bastava, più che altro, a mascherare un po' quei due cazzotti formato occhiaie.
Volai al piano terra e mi diressi in cucina.
Là, trovai mamma ai fornelli e papà che leggeva beatamente il giornale a tavola.
«A TAVOL-Ah, sei qui cara» mi disse mamma con un sorriso.
Papà mise via il giornale, mentre la mamma metteva al centro della tavola un fumante piatto di pancakes.
«Bisogna incominciare bene la mattina, no?» mi disse lei allargando il sorriso.
«Infondo,» finii mio padre «è il tuo primo giorno di scuola. Ma solo per la seconda volta» disse, scatenando delle grasse risate sia a me che a mamma.
Mangiammo con calma, e le sette e mezzo arrivarono presto.
«È ora di andare» mi disse papà.
«Sì» gli risposi, prendendo la mia cartella a tracolla e incamminandomi fuori.
«E non farti investire!!!» urlò mia mamma dalla cucina.
«Perché è divertente farsi investire, no?» dissi bofonchiando, mentre mi chiudevo la porta alle spalle e mi incamminavo per scuola.
Da casa mia alla GreeMyth High School c'erano giusto dieci minuti di camminata.
Sentii che avevo sobbalzato e smisi di respirare quando passai di fianco alle strisce pedonali dove, poco tempo prima, ero stata investita.
"Almeno, non ci sono vecchiette nei dintorni" mi dissi con un mezzo sorriso per calmarmi.
Passai le strisce ed in men che non si dica ero arrivata a scuola.
Un senso di mancanza, arrivata ai cancelli imponenti dell'entrata, si riempì.
«Ecco qua la nostra salvatrice provetta!» sentii dire da una voce famigliare.
«Matt! Ho saputo che sei venuto a farmi visita. Grazie» gli dissi educata, mentre tentavo il più possibile di mantenermi alla larga da un metro e ottanta di gelosia.
«No devi ringraziarmi, piccola» disse lui avvicinandosi.
«Non sono piccola. Sono un metro e sessantacinque!» dissi io, scatenando una sua risata.
Nel mentre, una mia vecchia conoscenza si avvicinò.
«EEEEERIIIIIIIIISSSSsss!!!» disse Mary con l'eco, fiondandosi su di me.
«Erismiseimancatatantissimo!!!!» aggiunse con voce piagnucolante.
«Mary, se continui così, però, io non capisco un tubo...» dissi sorridendole.
Mary era un'estroversa ragazza di diciotto anni, mia compagna di banco ed un biondo metro e cinquanta di dolcezza.
I suoi grandi occhioni blu mi scrutarono attentamente.
«Mi sei mancata»
«Anche tu»
«Io ti sono venuta a trovare, tu no»
«Ero ricoverata, Mary!»
«Lo so» disse lei con un sorriso, trascinandomi via da Matt.
«Devo raccontarti un saaaaaaacco di cose! Ma prima!!!» disse guardandomi con occhi scaltri «Devo farti conoscere il nostro nuovo acquisto...»
«Nuovo... acquisto?» balbettai pensierosa.
Mi prese una mano e mi trascinò in un luogo recondito e sperduto della scuola: in mensa.

All'entrata, tutti gli occhi si puntarono sulla sottoscritta ed un silenzio tombale invase la sala.
"Ed ella esplorò mari e confini, cieli e spazi ma non trovò silenzio alcuno.
Solo l'impresa di colei che era la prescelta riuscì a tacere il confuso brusio di coloro che non credettero..."
pensai.
A volte ero proprio brava a farmi i miei filmini mentali.
Mary mi trascinò ad un tavolo dove alcuni ragazzi e, strano a dirsi, un mucchio di ragazze avevano ripreso a parlare animatamente.
Ben presto, quando "il nuovo acquisto" si voltò a fissarmi, capii il perché di tutte quelle ragazze.
Due occhi verdi mi stavano fissando curiosi di sapere chi ero.
No, non erano semplicemente verdi. Erano smeraldo.
Mi tornarono in mente gli occhi del ragazzo mascherato, quello del sogno... avevano la stessa luce ed intensità.
«Eris, lui è...» incominciò Mary, ma non l'ascoltai nemmeno un secondo.
Quegli occhi continuavano a fissarmi, a incatenarmi a loro, e non riuscivo a distogliere lo sguardo.
Erano profondi, chiari, misteriosi... e riuscivano a guardarti dentro.
«...classe» concluse Mary, senza notare che non l'avevo nemmeno seguita per uno straccio di secondo.
Lui mi tese una mano.
«Nonostante Mary abbia già fatto la mia presentazione, mi sento in dovere di ribadirla» disse con un sorriso.
Sapeva.
Sapeva, aveva visto che non avevo degnato Mary di un ascolto.
«Mi chiamo Thy. Soahc Thy. Con l'h»
Dovevo appuntarmi il suo nome da qualche parte.
Allungai la mano verso la sua e la strinsi.
«Eris. Eris Williams. È un piacere fare la tua conoscenza»
Per un solo secondo, una luce di sorpresa gli illuminò gli occhi al suono del mio nome.
«Il piacere è tutto mio... Eris» disse, facendomi sciogliere come gelato.
Per gli dei romani, greci, normanni, gallici e tutti gli altri!
Aveva la voce più calda e sensuale che avessi potuto udire in diciotto anni della mia vita!
Mi misi a sedere e cominciai a chiacchierare con i miei compagni di classe: scoprii così che Thy era arrivato da poco, e che si era sempre trasferito di città in città sin da quando era piccolo.
Il più delle volte, rimanevo in silenzio a meno che non fossi interpellata.
Non ero mai stata così silenziosa.
Generalmente avevo sempre qualche mia opinione da esprimere o qualcosa da controbattere, ma questa volta... questa volta no.
Questa volta, la voce di Thy era tutto quello che mi importava.
Se avessi dovuto paragonare le sue caratteristiche a delle cose, avrei sicuramente detto che era affascinante come un Adone (anche se poi non lo avevo mai visto), la sua voce era ammaliante come quella di una sirena (anche se, in realtà, non le avevo mai sentite) e i suoi occhi erano... erano... spettacolari.
Insomma, un gran pezzo di ragazzo su cui era legale sbavare.
«Hei, ma... perché siamo in mensa?» sbottai, realizzando che era quasi un'ora che eravamo lì dentro e che le lezioni doveva essere già iniziate da un po'.
«Diamine, me ne sono dimenticata!» sbottò Mary «Oggi si parte tardi» disse, con un sorriso a trentaquattro denti stampato in faccia.
«Ooooh» risposi io di rimando come un bimba estasiata.
Thy rise.
...Potevo sentirlo chiaramente.
Qualcosa, dentro di me, stava urlando uno spaventato "AI RIPARI!!! LA STIAMO PERDENDOOOO!!!".
Che poi, avevo solo perso qualche battito nel sentire la sua melodiosa risata.
Che vuoi che sia?

La Discordia della MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora