Un altro noioso giorno si prospettava davanti i miei occhi.
Quella mattina - avevo incominciato ad usare gli eufemismi umani, dal gran che stavo in mezzo a loro - non c'era un granché da fare.
Per me non c'era mai nulla da fare.
Né questa mattina, né le prossime. Così come quelle passate.
Nessuno voleva che io avessi qualcosa da fare.
Un leggero ticchettio di sandali mi destò dalla mia noia.
«Mia Dea, Lui desidera vedervi»
«Desidera, eh? Magari potrei non presentarmi. Scelta saggia, non credi, Megera?» risposi alla voce femminile.
Ero comodamente seduta sul mio triclinium nero e argento costruito appositamente per me, mentre mangiavo distrattamente alcuni chicchi d'uva.
Non avevo bisogno di voltarmi. A questo mondo c'erano solo due - anzi, no, quattro - persone a me estranee che avevano l'ardito coraggio di parlarmi senza temermi.
Megera era una di queste.
«In realtà, mia Dea, credo non sarebbe saggio farlo arrabbiare. Sembra una cosa veramente seria»
«Tu dici? Eppure la tua aura funziona ottimamente su di lui, perché non la mia?»
«Credo che il seme del vostro potere sia già radicato a fondo nella sua consorte, mia Dea» rispose Megera con un tono leggermente divertito.
Mi voltai a sorriderle.
«Oh, ma io voglio lui. Di quella povera disgraziata e insignificante donna che è la sua consorte non mi importa proprio nulla. Anche se -questo devo ammetterlo- le sono... grata, credo»
«La mia Dea conosce il concetto di gratitudine?» mi chiese lei, con un piccolo sorriso sfidante.
«Volete o nolente ho una sorella benevola, cosa possiamo farci? Bisogna conoscere il proprio nemico, no?» le risposi, con un sorriso tagliente.
Il sorriso di Megera si aprì ancora di più.
«Quindi devo comunicargli che non andrete, mia Dea?»
«No. Andrò» le risposi con una sbuffo, alzandomi «voglio proprio sentire di cosa mi accusano, ora. Lui fa meno di quanto dovrebbe e poi io vengo incolpata di fare solo ciò per cui sono nata. Prima o poi avrà la mia vendetta...»
Gli occhi verdi di Megera, contornati da folte ciocche rosse, si illuminarono come mai prima d'ora.
«Volete forse che...»
«No» la interruppi «Non c'è bisogno di disturbarla. Alle mie faccende penso personalmente»
Mi avviai verso l'uscita.
La mia dimora era l'unica contornata da nubi nere, costante presenza che qui giaceva qualcosa di oscuro.
Oh, che la pensassero come volevano, io il mio lavoro lo facevo e anche bene.
Un paio di dicerie non mi facevano né caldo né freddo, anzi, le ignoravo proprio.
Io ero più grande e saggia di quegli stolti che si facevano creare palazzi immensi con tante di quelle sculture che non si capiva mai con chi si stava parlando.
Non ero orgogliosa, no, avevo passato parte della mia infanzia con Aidos e lei mi aveva insegnato cosa fossero l'umiltà e la modestia.
Caso vuole, però, che Aidos fosse la sorellastra di Nemesi - che era la migliore amica di Styx - e quindi, fortuna volendo, conobbi anche la vendetta e l'odio.
Non c'è che dire, noi quattro eravamo una grande accoppiata.
Con felici e spensierati pensieri della mia quasi infanzia, mi diressi verso la pomposa, immensa, sfarzosamente inutile sua dimora.
Oh, per me!
Non esisteva nulla di più inutile nell'universo di quell'uomo.
Non faceva un nulla tutto il giorno e poi voleva che persino i più anziani di lui lo trattassero come se lui li avesse liberati dalla schiavitù eterna!
Io, IO, lo avevo salvato dal suo destino!
IO ero andata contro l'uomo più temibile che potessi mai vedere, contro la mia famiglia!
IO avevo permesso a lui e ai suoi dannati fratelli di poter respirare ancora!
Qualche segno di gratitudine? No.
Qualche segno di rispetto? No.
Odio? Sì.
Paura? Sì.
Terrore che potessi portargli via tutto quello che IO gli avevo concesso? Sì. E tanto.
E lo avrei fatto.
Prima o poi, lo avrei spogliato di tutto quello che gli avevo fatto dono; infondo, mi temeva già.
Ci saremmo evitati un sacco di cose, se solo quella sgualdrina non avesse fornicato tutto il tempo con quell'idiota ignorante, e a quest'ora, ognuno avrebbe avuto ciò che si meritava: io un po' di pace e il mondo dei deficienti in meno!
Ma no.
NO!
La storia era dannatamente andata diversamente!
Mentre salivo gli ultimi gradini, vidi un'ombra nera nascosta contro una colonna.
«Fatti vedere. Non sono in vena di nascondigli, quest'oggi» dissi in tono piuttosto cattivo.
Pensare a lui mi metteva sempre di male - no, pessimo - umore.
«Sono... sono... solo io» disse una voce maschile sottovoce.
La mia rabbia si calmò un poco, mentre vedevo la figura avvolta da neri panni che si mostrava alla luce del sole.
«Anche tu sei stato convocato?» chiesi, leggermente curiosa.
«Sì. In... In realtà, tutti sono stati convocati...»
Questo mi mise sull'attenti.
Di solito venivo ripresa a parte e mandata a casa con frasi del tipo "questo non lo dovevi fare, ora vattene via!" o "se lo rifai di nuovo troverò un modo per rendere il tuo soggiorno impossibile, ora sparisci dalla mia vista!" e altre frasi molto dolci, ma ero da sola. Solo io e lui.
Cosa mai poteva essere successo di così grave?
Il mio passo aumentò mentre ci dirigevamo silenziosamente alla sala delle udienze.
Il mio compagno di camminata aveva detto che io ero il centro della questione e, a giudicare dalla sua faccia, non era una questione divertente.
Come aprii l'immensa porta in marmo e oro, i suoi occhi azzurri come il cielo e più freddi del ghiaccio si puntarono su di me.
«La farò breve. Molto breve. Ti ho convocata qui perché sei il centro del dibattito odierno. Ne abbiamo già parlato in tua assenza e vogliamo solo che tu veda i sì e i no della cosa»
«Posso chiedere, mia Divinità, di cosa sarei mai il ful-»
«Chi a favore?» mi interruppe lui senza badare minimamente a quello che stavo per dire.
Fra le sedute, solo poche mano non si alzarono.
Cinque, per l'esattezza.
«Nonostante la domanda sia inutile, chi contro?»
Di quelle cinque mani se ne alzarono solo quattro e vidi l'inutile speranza nei loro volti.
Loro sapevano, io no.
Ma lo avrei scoperto presto.
«Con il potere conferitomi da me stesso, io, l'onnipotente, esilio te - il cui nome non dovrà mai più essere pronunciato in questo luogo - a vagare per il resto della tua esistenza fra i mortali umani, in quanto pericolo per noi stessi e i nostri poteri. Questo è tutto»
In quel momento, l'ira mi investì come una potente folata di vento.
«Con il potere conferitoti da te stesso? Quale stolto conferirebbe mai un potere a te, tu che non conosci nemmeno il peso del tuo compito e che mai, MAI, porti a termine un compito a te dato?! Chi, CHI, devi proteggere? CHI devi difendere? Io sarei una minaccia? Un pericolo? Guardami bene negli occhi, stupido stolto! Io esistevo da prima che tuo padre facesse i suoi primi pianti e TU osi venire a dare ordini a ME?
Nessuno riuscirà a salvarti dalla mia collera, e a nulla servirà pregare Nemesi per difenderti dalla mia vendetta.
Nemmeno quella sgualdrina di Styx, colei che inganna il vero per farti giurare il falso, riuscirà a salvarti dal mio odio»
Prima di sparire in una nuvola di fumo nera, feci in tempo a vedere tre cose.
La prima, fu la gratificante espressione di terrore misto a sorpresa sul suo volto accompagnata dall'espressione stupita e infuriata della sua consorte; la seconda, fu l'espressione sbalordita e ferita sul volto di Styx, e la terza... la terza fu l'unica espressione che riuscì a ferirmi.
Quel volto pieno di dolore e impotenza e quello sguardo supplichevole di perdono furono l'unico rimpianto che mi sarei portata sul cuore per tutta l'eternità.
Ma ciò ostacolava i miei piani di vendetta.
Anche comportandomi bene, non sarei mai più potuta tornare a casa.
Così, quando mi ritrovai il quel sudicio pagliaio gestito da mortali, presi la decisione più liberatoria e al contempo dolorosa che avessi mai fatto.
Con sforzo e fatica, alcuni attimi dopo, il mio compito era terminato.
Avvolsi quella piccola creatura - così uguale a me da poter essere la mia gemella - in alcuni dei miei drappi neri e, con ormai nulla da perdere, mi voltai verso la strada per la mia vendetta.
Sull'uscio del pagliaio, però, mi voltai di nuovo a fissare quella piccola cosa che avevo creato, l'unica creatura che era nata senza un reale scopo.
«Tu. Tu sei tutto quello che mia madre mi ha dato per poter rimanere me stessa, per evitare che i miei poteri prendessero il controllo su di me.
Tu sei parte di me, piccola creatura. Tu sei me. Sei solo quella faccia che mi impedisce di distruggere quell'inutilità che si erge a onnipotente.
Sei solo quella piccola parte di me che solo una persona ha avuto l'onore di vedere, e che nessun altro dovrà mai conoscere.
Tu sei tutto ciò che mia madre mi ha dato di buono e mi sembra ingiusto, nei suoi confronti, porre fine alla tua esistenza.
Mi hai aiutato in più di un'occasione e in più di un'occasione mi hai fatto scoprire cose che credevo a me proibite. Nessuno più di me ti sarà riconoscente, piccola creatura.
Quindi va' e vivi la tua vita. Io ho una vendetta da compiere»
Diedi la spalle alla creatura e mi diressi verso una destinazione ignota mentre, lentamente, sentivo l'oscurità dei miei poteri prendere il sopravvento e porre fine agli ultimi barlumi di lucidità in me presenti.
"Alla fine, il momento è arrivato. Madre! Ho sempre fatto appello a te per ogni mia difficoltà ed ho sempre disprezzato ciò che alcuni membri della nostra famiglia hanno fatto. Ma tu sai il perché.
Questa volta... Questa volta sarà l'ultima volta in cui mi inginocchierò e chiederò il tuo aiuto. Non ne sono più degna, ormai.
Ma per l'ultima volta, solo per quest'ultima volta, abbracciami di nuovo e scaldami col tuo tepore.
Portami consiglio come hai sempre fatto, Madre"
Rivolsi al cielo notturno tutta la dedizione e la fede di cui i miei poteri non mi avevano ancora privata, conscia che la mia tacita supplica sarebbe giunta come sempre alle orecchie di mia madre.
Ed ella ascoltò.
Mentre cadevo a terra, colta dalla disperazione e dalla sensazione d'intorpidimento che avvolgevano me ed il mio corpo sempre di più, mia madre accolse la mia supplica, e mentre chiudevo gli occhi ella mi portò consiglio.
Avrei potuto affrontare qualunque cosa se solo avessi avuto mia madre dalla mia parte.
Il suo supporto era la cosa più importante per me, e benché sapessi che non potesse muovere un dito, ella era completamente dalla mia parte.
Anche lei aveva capito che era ingiusto ciò che mi avevano fatto, e potei sentire la sua collera in me.
Mia madre mi aveva portato consiglio, e quella mattina mi svegliai come una persona completamente nuova.
La mia vendetta aveva inizio.
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La Discordia della Morte
ParanormalQuando Eris Williams compie l'atto più umano che una persona possa compiere, salvare una vita, non si rende conto di essersi cacciata in una situazione molto, molto più grossa di lei. C'è un invisibile legge che gira intorno alla vita, e Eris ha app...