Capitolo V Verso il purgatoio

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Il mattino dopo, Heléna si risvegliò sul divano, con la testa appoggiata su un braccio. Non il suo. Girò lentamente la testa e si ritrovò davanti Lucifero, che dormiva ancora. Corrugò la fronte e si alzò lentamente, cercando di non svegliarlo. Era vestita ancora come la sera prima, solo che si era tolta gli stivali. Sbadigliò e si sorprese di non trovare Tisha o qualcuno dei piccoli servi di Lucifero. Andò a cambiarsi, mettendosi qualcosa di più comodo: un paio di jeans e una felpa. Quando riscese nel salotto non trovò il ragazzo sdraiato sul divano, lo vide nel porticato, mentre parlava con Demetra e buttava una sigaretta ancora tutta intera. Uscì anche lei. -Hai rotto-, sbuffò Lucifero. La mora mise le mani sui fianchi e gli lanciò un'occhiataccia, poi si accorse di Heléna e sorrise, mentre il ragazzo non la degnò neppure di uno sguardo. -Buongiorno-, disse Demetra e fece segno all'altra che il boss era nervoso quella mattina.

-Buongiorno eh-, lo salutò Heléna squadrandolo. Era davvero strano a volte. Lui la guardò con la coda dell'occhio e sorrise girando un po' la testa verso di lei.

-Dormito bene?-.

-Ho il torcicollo. Come cuscino ho usato il tuo braccio no?-.

-Tutti muscoli, sentito?-.

-Ma ti prego!-, lo schernì Demetra con una smorfia. -Vogliamo andare?-.

-E andiamo-.

Si incamminarono poi Lucifero si fermò di colpo. -Perché andiamo a piedi se ho una macchina?-.

-Ascolta boss, quando arriveremo al portale per il Purgatorio e lo varcherai stai certo che ti troverai su una strada dove ci passa a malapena un uomo, non conviene portarsi dietro una macchina. E poi la strada non è lunga-, sbuffò Demetra, scocciata. -Cara Heléna, ti faranno santa-.

La bionda sorrise divertita e lanciò un'occhiata a Lucifero che era afflitto perché, primo, non voleva andare a piedi e secondo perché non poteva sfoggiare la sua splendida macchina sportiva. In fondo lui era il Diavolo, doveva annunciare il suo arrivo nelle strade dell'inferno con un rombo di tuono, che in questo caso sarebbe il motore dell'auto.

-Ti prego, Demetra-, si lagnò.

-Smettila di fare il bambino viziato. Fai il ragazzo maturo eh. Che dimostra tutti gli anni che ha-.

-Ahaha-, rise con sarcasmo lui. -Non puoi immaginare cosa ho passato in questi anni-.

-Dalle voci che girano direi che te la sei spassata: tante donne, tanti guai, bla bla. Come testimone c'è Doroty eh, quindi occhio-.

-Doroty la barista?-, chiese Heléna senza capire. Demetra sapeva un sacco di cose su Lucifero, si conoscevano da un sacco di anni, dopotutto.

-Proprio lei. Boss, puoi andare un attimo più avanti?-.

-Demetra-, la ammonì lui con uno sguardo minaccioso, che non fece alcun effetto sulla donna che disse all'orecchio di Heléna:- Doroty è andata dietro a Lucifero per un sacco di tempo. Sono stati insieme, lei è la sua ex storica!-.

-Wow-, commentò la bionda sbattendo le ciglia ripetutamente, come se non avesse capito.

-E ti dirò di più. Doroty, oltre a te, è l'unica umana ancora in vita qui nell'inferno. Non a caso, era una sgualdrina-. Heléna divenne rossa ma non disse niente e si limitò a fissare Lucifero che camminava davanti a loro. I capelli neri spettinati, le spalle larghe, la vita stretta, i muscoli delle braccia esposti solo per metà e quella sua camminata da gran figo. Non c'era da stupirsi se la stragrande maggioranza delle donne sul pianeta gli andassero dietro.

Si girò un po' per guardarle con la coda dell'occhio e lanciò loro un'occhiata. Heléna si sentì perforata da quello sguardo, come se la stesse trapassando da parte a parte. -Allora? Che avete deciso?-, disse mettendo le mani in tasca. Le due lo raggiunsero e si incamminarono senza fiatare, ognuno immerso nei suoi pensieri.

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