(Gianluca's pov)
Buio, buio pesto. Poi uno spiraglio di luce fioca che si dipana piano, fino ad illuminare tutto l'ambiente.
Sono steso al suolo e ho dolori ovunque. La mia fronte è bagnata. Perdo sangue, me ne accorgo dagli schizzi che hanno sporcato le maniche della camicia.
Provo a rimettermi in piedi ma i primi tre tentativi falliscono, così mi muovo a tentoni nella speranza di recuperare la vista appannata.
La stanza ha le pareti nere come la pece ed è così piccola che ho l'impressione di soffocare. Sono circondato da una decina di specchi, disposti intorno a me a distanza regolare l'uno dall'altro. In quello che mi sta di fronte, oltre alla mia immagine, vedo riflessa la sua.
È bella da impazzire, sembra irreale, non capisco perché si ostinino a dire che la perfezione non esiste. Indossa un abito bianco e luminoso: è un angelo, il mio angelo, e sento che è qui per salvarmi.
La chiamo, mi giro, tendo la mano verso di lei ma non la vedo muoversi, nessun cenno di risposta. Mi fissa impietrita per qualche istante e dopo si dilegua.
Urlo il suo nome con tutto il fiato che mi rimane nei polmoni però il mio corpo non riesce a sostenere un simile sforzo. Stremato, mi accascio a terra ancora una volta e mi lascio andare, chiudendo gli occhi.
-
«Gianluca, oh! Chistu pari mortu... GIANLUCAAAA!»
La voce di Ignazio mi fa trasalire. Quando mi sveglio, sono madido di sudore e ho in bocca il deserto del Sahara. Mi metto a sedere sul letto e noto che i miei compari mi stanno fissando, i loro occhi sono sgranati.
«Eh? Sì, che... cosa è successo?» farfuglio.
«Sei tu che lo devi dire a noi, ci hai fatto prendere un colpo!»
«Era un incubo? Tieni, t'ho portato un po' d'acqua» Piero me ne passa un bicchiere pieno fino all'orlo, è ghiacciata ma la bevo tutta d'un fiato, manco fosse il nettare degli déi.
«Non lo so, non ci ho capito molto, so solo che ho bisogno di una doccia»
«Sì ma sbrigati, che si sta facendo tardi»
«Tardi? Tardi per cosa? Non mi pare avessimo degli impegni, stamani»
«Minchia, questo niente si ricorda! Scendo a far colazione che è meglio, vi aspetto di sotto. Avvisatemi quando avete finito» e Barone esce dalla stanza chiudendo la porta rumorosamente.
«Mi sono perso qualcosa?» chiedo ad Ignazio mentre mi guardo allo specchio. Uno zombie.
«Ieri sera avevi detto che volevi andare a trovare Carolina in studio prima di ripartire, o ce lo siamo inventati noi?» Queste parole catturano subito tutta la mia attenzione.
«No no, continua! Allora?»
«E allora mi devi ringraziare perché hai un amico meraviglioso!» sorride compiaciuto senza però aggiungere altro.
«Non tenermi sulle spine, che hai combinato?!»
«Hai presente la sciarpa che indossava Lorenzo? L'ho presa e l'ho nascosta nella borsa di Barbara. Complice è stato il loro andar via di fretta dalla festa perché s'era fatto tardi... Insomma, Fragola aveva dimenticato di averla portata con se, ritirando dal guardaroba solo la giacca. Poco fa gli ho telefonato dicendogli di averla ritrovata per purissimo caso, e lui...» Non gli lascio neanche il tempo di completare la frase che gli salto addosso, dall'euforia quasi inciampiamo.
«Sei il migliore!»
«Lo so, lo so, adesso però sistemati o rischiamo di non farcela»
Durante il viaggio in taxi, rifletto su ciò che ho sognato stanotte e decido di non darci troppo peso, sicuramente è il mio subconscio che cerca a modo suo di tutelarmi da quella che potrebbe essere un'impresa pericolosa. Il cuore però ha già deciso ed io ho sempre dato a lui la priorità. A proposito, in questo momento sta battendo all'impazzata e lo sento salire e scendere nella trachea.
«Mbare, buongiorno! Ti lasciamo questa e ce ne andiamo, non vogliamo disturbare»
«No ma quale disturbo! Venite, che vi presento due amici» e la intravedo seduta dietro i Two Fingerz.
Concentratissima, con le cuffie alle orecchie, sta scrivendo qualcosa su un foglio bianco e credo non si sia accorta del nostro arrivo. La guardo una volta. Poi ancora. E ancora. E ancora. Ha i capelli raccolti, un po' umidi sulla fronte. Non c'è stato niente tra noi. Niente baci, niente sesso, niente di niente. Però mi sento pieno. Mi sento pieno di lei.
Finalmente si gira e ci regala un sorriso che fa invidia al sole.
«Vi fermate un po' con noi o dovete andar via subito?» ci chiede dopo averci salutati con un caldo abbraccio, poi ci invita ad accomodarci e sparisce dietro un vetro avvicinandosi ai microfoni, pronta ad incidere il suo ritornello.
Adoro la storia che narra questa canzone: nella città dei crush test vive un manichino indistruttibile, che riesce ad uscire indenne da ogni incidente contro il muro. L'amore verso la ragazza (umana) che lavora dietro la cabina di pilotaggio è più forte della morte stessa.
La sento già un po' mia, anche se non lo è materialmente.
"Nessuno al mondo può, ma io ti difenderò. Nessuno al mondo può insegnarci a sorridere."
Sapevamo già quanto potesse essere bella la sua voce, ma dal vivo e senza base musicale in sottofondo si moltiplica all'ennesima potenza. Tocca le corde più profonde dell'anima ed io mi ritrovo a mordermi il labbro con gli occhi lucidi, cercando di trattenere le emozioni che è riuscita a scatenare.
"E tutto il tempo che ho non è importante per me. Se sono vivo è perché tu sei un impatto più forte di un crush test."
Nonostante abbiamo avuto la fortuna di pranzare assieme, le ore volano troppo, troppo in fretta e per noi è arrivato il momento di rimetterci in viaggio.
«Lorenzo mi ha detto di essere stato anche lui convocato nella Nazionale Cantanti. Ci vediamo a Torino il 2 giugno?»
«Non confermo la mia presenza al 100%, ma mi ci metto d'impegno e cercherò di non mancare» così comincio il conto alla rovescia.
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Non te ne andare.
FanfictionI ragazzi de Il Volo (Gianluca Ginoble in particolare), Lorenzo Fragola, Federico Leonardo Lucia (Fedez) e una popstar inventata (Carolina Giambelli il suo nome di battesimo), alla quale verrà attribuito un repertorio misto di canzoni italiane e non...