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«Raga, no. Non va bene, così non va bene, in cuffia continuo a non sentire un cazzo» borbotta Federico strappandosi gli auricolari dalle orecchie e tirando, dal nervoso, un calcio alle bottigliette d'acqua sistemate sotto la consolle, che volano fino al banco merchandising.

«Ti vuoi dare una calmata? Con questo atteggiamento peggiori solo le cose!» Tatiana alza fastidiosamente il tono della voce e il figlio si trattiene dal mandarla a quel paese.

«Io proporrei una pausa, che ne dite?» m'intrometto quando la situazione comincia a farsi insostenibile.

Mattia e Zak, preoccupati per il loro capobanda e condizionati dal suo malumore, annuiscono in segno d'approvazione ed io ne approfitto per portarlo con me in camerino.

Lo faccio accomodare, prendo una camomilla dal distributore e gliela offro, mi siedo al suo fianco, gli stringo una mano mentre con quella libera gli sposto il viso, invitandolo a guardarmi. Suda freddo e continua a tormentarsi le labbra con i denti, gli occhi arrossati sembrano voler cedere lasciando spazio ad un pianto liberatorio.

«Mi sento uno straccio» e lo sembra a tutti gli effetti.

Le liti sempre più frequenti con Lorenzo e Marco, Giulia che è tornata a vivere dai suoi, la vicenda del Just Cavalli, le denunce e l'ingiusto accanimento nei suoi confronti. Rabbia e dolore gli esplodono in petto, lo vedo sgretolarsi poco a poco mentre io resto inerme, quasi bloccata, e non capisco come poterlo aiutare.

«Passerà, vedrai. E ne uscirai più forte di prima» sono le uniche parole sensate che fuoriescono dalla mia bocca, inutile nei momenti in cui hai bisogno di lei per offrire un supporto morale.

«Sei tutto ciò che di bello mi rimane in questo inferno. Ti prego, non abbandonarmi anche tu» continua, la voce spezzata che gli muore in gola.

«La tua famiglia, i tuoi amici, il tuo team, i fan che ti attendono là fuori. Non sei solo, Fede, e non lo sarai mai. Io sono semplicemente una parte di un tutto, una goccia in un mare di gente che ti vuole bene. Ricordalo sempre» lo correggo.

Si aggrappa alla mia vita come ad una boa di salvataggio e, con un movimento deciso, mi solleva e mi fa sedere sulle sue ginocchia. Poggia la testa nell'incavo della mia spalla, di riflesso gli accarezzo i capelli e sotto il mio tocco affettuoso lui chiude gli occhi. Sento il suo respiro che si fa più leggero ed il battito del suo cuore, poco prima un cavallo imbizzarrito, rallentare fino a stabilizzarsi.

Un bimbo indifeso e spaventato che cerca conforto nell'abbraccio materno.

Rimaniamo in silenzio per un lasso di tempo che non saprei quantificare. Un silenzio purificatore, consolatorio, lenitivo. Un silenzio che accende però una luce sulla mia confusione.

L'unica cosa di cui sono certa è che il sentimento provato nei suoi confronti ha qualcosa di ineguagliabile, eppure mi risulta ancora difficile distinguerlo, dargli un nome.

«Andiamo?» Luca, dopo aver bussato e poi aperto la porta, richiama la nostra attenzione, la mia soprattutto, agitando un braccio ed esortandoci a ritornare sul palco.

«Grazie» sussurra alle mie spalle mentre camminiamo per i corridoi, così gli regalo ciò che forse di più prezioso ho da donargli: un sorriso.

-

La gente all'esterno scalpita, è ormai tardo pomeriggio e le prove sono terminate.

Rientriamo giusto in tempo per sentire le urla di coloro che corrono per accaparrarsi il posto in prima fila, hanno aperto i cancelli.

Mi lancio a peso morto sul morbido divanetto di stoffa bianco, estraggo il cellulare dalla tasca e apro WhatsApp. Il suo nome mi balza subito agli occhi, illuminandomi il viso.

No no, non è il riflesso dello schermo sulla pelle.

I tre messaggi di Fragola jr., i due di Andrea, quello di Pico e un'altra trentina arrivata nei gruppi in cui mi hanno inserito non esistono, non m'interessano, o almeno non al momento.

Apro la conversazione.

Gianluca (ultimo accesso oggi alle 18:59) - Ciao piccola mia, come stai? 16:37

*Mi ha chiamata piccola m i a, posso collassare?*

Gianluca (ultimo accesso oggi alle 18:59) - Perdonami se per due giorni non ti ho scritto ma, credimi, eravamo pieni di impegni. Il nostro tour procede alla grande, ci stanca e ci soddisfa al tempo stesso. Siamo felici, sono felice :) 16:37

Gianluca (ultimo accesso oggi alle 18:59) - Oggi è una giornata di pausa, così ne ho approfittato. C'è una cosa che vorrei dirti... 16:38

Gianluca (ultimo accesso oggi alle 18:59) - Mi manchi 16:41

*Ohw, Gian, mi manchi anche tu. Tantissimo. Così mi fai piangere però*

Gianluca (online) - Non vedo l'ora di rivederti, giuro <3 mentre aspetto (prima tue notizie e poi te direttamente :P), ti mando un bacio gigantesco :* 16:42

*Okay, è online, che faccio? Rispondo subito? Lo faccio aspettare?*

*Fatti sentire, muovi queste cazzo di dita, ORA!*

Carolina (online) - Gianluco mio, ciao! 19:13

Carolina (online) - (Nel caso in cui te lo stessi chiedendo, sì, Ignazio mi sta influenzando troppo HAHAHAH) 19:13

Carolina (online) - Qui nella uggiosa Milano va tutto bene, il Carroponte è bello carico per la prima tappa del tour estivo di Federico, noi un po' meno ma ce la faremo lo stesso ;) 19:15

Carolina (online) - Ho promesso che vi raggiungerò il prima possibile e così sarà! Aspettatemiiii 19:16

Carolina (online) - P.S. Mi manchi anche tu :* 19:17

«Caro, sono arrivati i truccatori e le parrucchiere» viene ad avvertirmi Vivian, così spengo la connessione internet e la seguo.

Il concerto inizia con relativa puntualità.

Al contrario di ciò che pensavo, Federico si diverte e fa divertire il pubblico, che lo supporta trasmettendogli un calore rigenerante.

«Non è stato un periodo bellissimo della mia vita, questo periodo, - interrompe la scaletta quasi sul finale - perché un conto è doversi difendere per cose che si fanno e che si dicono, un conto è doversi difendere per cose che si inventano di sana pianta, quindi ammetto di non averla vissuta benissimo. E vi devo ringraziare, sinceramente. Senza di voi sarei andato in depressione totale, quindi grazie davvero Milano, sono contentissimo»

Lo scrosciare degli applausi lo commuove, sembra sollevato. Sono loro la giusta cura.

«Ho bisogno di sapere una cosa da voi, Milano: vi porto a ballare?» e si riprende a far casino in grande stile.

Rientro a casa che è notte inoltrata, mi faccio una doccia e sprofondo sul letto, in attesa che il sonno venga a strapparmi dalle grinfie del caldo. Giornata alquanto faticosa.

Non te ne andare.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora