Mistal era profondamente sconvolto. Se non fosse intervenuto suo padre, a quest'ora lui e Jafras sarebbero stati fatti in brandelli; non riusciva a spiegarsi lo spingersi a così tanta rabbia e violenza da Yothaz.
Ok, era un orco, generale dei RocciaMagma e degli pelleverde, non certo un agnellino, ma perchè arrivare a tanto? Non riusciva proprio a spiegarselo.<<Mistal, fratello mio! Come stai?>>
Trandim era entrata nella stanza dell'infermeria di corsa, in apprensione per le condizioni del fratello.
<<Bene, testona. Le tue lezioni sono più importanti di me, saresti dovuta restare dove ti trovavi>>
<<Ma, fratellone... Io sono preoccupata per te... Ho sentito che sei stato aggredito, e che papà ha messo fine alla faccenda.>>
Le immagini gli passarono davanti come una sequenza di fotogrammi. Le parole con Jafras, il volo sul banco, gli occhi sanguinari del Generale.
<<Alcuni testimoni hanno riferito che hai usato la magia, com'è possibile?>>
Ecco cosa gli sfuggiva! Quella daga, doveva essere incantata. E senza sapere come, aveva sfruttato la sua magia per difendersi. Ancora non ci credeva, lui che non ha alcun potere magico nelle sue vene. Guardò sul comodino, l'arma era lì, chiusa ancora nel fagotto che la custodiva nella tasca del suo amico. Iniziò a fissarla, iniziando a chiedersi se fosse davvero ciò che voleva regalargli.
<<Pensavo ti piacesse, ragazzo>> disse una voce dall'altro capo della stanza.
<<Jafras, non ti avevo visto!!>>
Il mercante era steso sul letto, sembrava stesse molto peggio di lui. Aveva sul viso una strana fasciatura, che non riusciva a qualificare. I suoi dubbi furono chiariti quando un'infermiera arrivò a cambiargliela.
<<Le tenga ben salde sul naso e sulla bocca, signor Jafras. Queste foglie sono necessarie alla sua guarigione; il potere del Terfan eroga in continuazione ossigeno puro, e dopo che lei ne è stato privato per qualche minuto ne ha davvero bisogno>>
Mistal cercò di riordinare le idee, c'erano ancora molte cose che non riusciva a spiegarsi. In qualche modo doveva sapere, la sua sete di verità doveva essere placata.
<<Dimmi la verità, amico. Questa lama è incantata?>>
<<Pensavo oramai te ne fossi accorto>> disse prima di emettere un leggero risolino.
<<Ma, io ho usato il suo potere. Questo è impossibile, a meno che il mio nome...>>
<<Non sia stato inscritto con le rune sull'arma dai stregoni FerroManto, esatto.>> oramai il suo volto era un sole raggiante.
<<Com'è possibile tutto questo? E poi, io non ho magia>>
<<Va bene, ti vedo molto curioso. Ti spiegherò tutto>> concluse, prima di prendere fiato e iniziare la sua storia...
..." Era una mattina molto fredda, me lo ricordo ancora come se fosse ieri. Non potevo far attendere la persona che mi aveva richiesto un oggetto di inestimabile valore, così decisi di mettermi in cammino verso Ironcity, dove secondo le leggende il sole non tramonta mai. Andai da Gremloun, l'allevatore di grifi, per affittare una di quelle splendide creature e percorrere la distanza tra Nalram e Stonliar in volo. Prima di partire, presi con me l'oggetto che avrei dovuto consegnare, e partii. Dopo 6 ore di volo giunsi finalmente ad Ironcity, la capitale. Fu la prima volta che I miei occhi si posarono su quella città, e ne rimasero beati. Non c'erano foreste come a Nalram, ne rocce e neve come a NeveBronzea, ma solo delicate praterie e Castelli degni dei nostri migliori architetti. L'atmosfera che si respirava lì mi manca anche adesso, non posso mentirti. Le persone sono cordiali e benevole, e ci si aiuta a vicenda, proprio come ogni popolo dovrebbe fare. Non mi ero mai sentito così, da quando ho messo piede a terra, è stato tutto un susseguirsi di complimenti, e di trattamenti riservati. Gli umani sanno davvero come essere educati e diplomatici, non c'è che dire. Quella sera alloggiai in una taverna, e dopo aver riempito lo stomaco, andai a fare un giro, perdendomi nella fittissima rete di strade di pietra. Alcuni minuti dopo, vidi per la prima volta una forgia in cui lavoravano umani, e rimasi estasiato dal loro modo di fare. Mentre noi utilizziamo sofisticati strumenti e sostanze per modellare e creare armi, loro usano nient'altro che il calore prodotto dalla fornace, e un grosso utensile per battere il metallo incandescente. Il lavoro, la fatica e il sudore sono pane quotidiano per loro, e li ammirai fin dal primo momento per questo. Accanto al fabbro, siedeva un signore piuttosto anziano con uno stranissimo copricapo di un colore azzurro e una lunga tunica della stessa tonalità. Non ci misi molto a capire quale mansione svolgeva in quel luogo; prese una spada tra le mani, e chiuse gli occhi. Iniziò a cantilenare una strana litania, e a gesticolare con le mani in modo assolutamente incomprensibile. Mentre pronunciava quelle parole, la lama della spada iniziò a riempirsi di piccole macchiette nere, che si ingrandivano man mano che il procedimento andava avanti. Come piccole goccie all'inizio, si ingrandirono a macchia d'olio, fino ad arrestare la loro espansione. Assunsero la forma di piccole lettere; rune, per la precisione. Non appena l'uomo smise di parlare, si accesero di una luce azzurrina, e brillarono nel buio ad intermittenza. All'inizio non lo vidi, ma c'era un uomo che aspettava con le braccia conserte, appoggiato con un fianco ad un paletto di legno. Prese in mano la spada, ed essa parve riconoscere il suo padrone, la persona per la quale era stata creata. Si inginocchiò dinnanzi all'uomo, ringraziandolo per la benedizione, poi si alzò e scomparve nella notte. Era senza alcun ombra di dubbio un incantatore, e aveva appena inciso la lama di quell'arma con il suo nome, infondendogli una magia molto potente. Gli chiesi se poteva fare un arma anche per me, ma lui non ne volle sapere nulla. Dopo molta insistenza da parte mia, mi poggiò una mano sul petto, all'altezza del cuore. Una luce bianca si allargò dal palmo della sua mano verso il mio braccio, prima di essere risucchiata all'interno del mio corpo. Il mago si allontanò, prese un'arma piuttosto inusuale, una daga. Si appoggiò alla sedia e iniziò il procedimento di incantamento. Non potevo crederci, lo stregone stava incantando un arma per me, anche se non sapeva ancora il mio nome. Quando fu finita, mi disse che aveva visto nel mio cuore, in cerca di una persona degna di possedere un arma incantata. Nessuno di mia conoscenza avrebbe potuto averla, tranne una persona. Un ragazzo dal cuore puro e candido come I suoi lunghi capelli, un ragazzo che non aveva potuto gioire della bellezza magica, ma che lo avrebbe fatto quando io gli avessi consegnato questa daga. Il ragazzo di cui parlava lo stregone sei tu: Mistal GreenRoot..."
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Storie di Nalram Vol. 1: L'ira dei Draconidi
FantasyMistal, erede al trono degli elfi, è un ragazzo particolare. E' nato senza magia nelle vene, ma con una grande anima. Il suo destino cambierà per sempre quando i suoi timori si rivelano verità. Una nuova guerra sta per iniziare, e il destino della s...