Lost

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I caldi giorni di agosto passavano e i due ormai erano diventati coinquilini ma, anche se uno provava qualcosa per l'altra e viceversa, entrambi non avevano il coraggio di dirlo ad alta voce e si consideravano soltanto come due amici. Quel 'Ti amo' sussurrato da Steve la prima notte che Peggy aveva dormito là sembrava essere svanito nel nulla.
Una delle ultime sere di quel mese afoso la ragazza aveva cucinato la cena, avevano mangiato e in quel momento lei stava parlando assieme a Steve comodamente seduta sul divano, e lui era vicino a lei.
"Ma come mai c'è stata questa specie di guerra civile tra supereroi?" chiese Peggy guardandolo e sistemandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
Al ragazzo venne da sospirare e si passò una mano tra i capelli ancora umidi dalla doccia fredda che aveva fatto prima della cena.
"Beh..." cominciò Steve, "A causa di un gruppo di supereroi un quartiere è esploso e sono morte moltissime persone, tra cui anche dei bambini." sospirò, e guardò Peggy che aveva inclinato un po' la testa verso destra. "Così proposero, per rendere più sicura la gente, di registrare, addestrare e far diventare dei funzionari dello Stato tutti i supereoi americani più o meno conosciuti. E si formarono due fazioni: quella con a capo Stark, che accettava le condizioni e i termini che avevano stabilito, sottomettendosi completamente al Governo. E quella con a capo me, che era contro la registrazione dei supereroi."
"Perchè?" chiese Peggy raddrizzando la testa e guardandolo dritto negli occhi. "Perchè stavi contro il Governo Americano?"
Lui la scrutò un attimo, sospirò e poi rispose con tutta la calma che possedeva:
"Perchè non credevo fosse giusto cosa stava facendo."
"Giusto o meno, Steve, tu sei Captain America. Sei nato per combattere per gli Stati Uniti, non contro essi." replicò lei alzando un sopracciglio.
"Mi spiace, Peg, ma non voglio più parlarne."
"Beh, invece dovresti!" protestò lei con il suo modo autoritario che non ammetteva repliche.
"Vuoi sapere perchè l'ho fatto?!" esclamò a quel punto Steve senza più riuscire a controllarsi. Quello scatto di rabbia era stato più forte di lui, e non si era mai nemmeno lontanamente arrabbiato con Peggy. "Perchè togliendosi le maschere, magari, avrebbero potuto mettere in pericolo le loro famiglie e le loro vite anche senza una maschera, che dici?!"
La ragazza lo fissò stupita per un attimo, poi tornò in sè e abbassò lo sguardo. Non aveva senso arrabbiarsi con lui, testardo com'era, e di certo Peggy non voleva che tra tutte le persone che lui conosceva si arrabbiasse proprio con lei. Sospirò leggermente.
"Okay" mormorò piano ma in modo deciso, "va bene."
Steve sembrò uscire da uno stato di tranche, e mentre la ragazza si alzava in piedi lui scattò e si avvicinò prendendola dolcemente per le braccia.
"Peggy, io non..." cercò di dire lui, ma la ragazza mise il suo indice sulla bocca del suo coinquilino, che comelei si aspettava rimase zitto a fissarla, dritto negli occhi. Stava cercando di reprimere la rabbia che le cresceva dentro. Come aveva potuto urlarle contro? Lei, che lo aveva addestrato. Lei, che non l'aveva mai lasciato, almeno fino a quando non era salito su quell'aereo che lo aveva portato a diventare un ghiacciolo per settant'anni; ma comunque era tornata, se non per lui per uno strano esperimento che aveva messo in atto il suo amico Howard Stark, ma comunque a causa sua: trovare Steve vivo e vegeto era stata una piacevole sorpresa. Lei, che ogni giorno che passava riusciva solo a pensare a quanto lo amasse. Steve sapeva di essere andato dalla parte del torto, eppure non lo avrebbe mai ammesso nemmeno a sè stesso. O almeno, così la pensava Peggy.
"È tutto okay." replicò la ragazza. guardandolo negli occhi, cercando di mantenere un tono più autoritario possibile. Detestava avere questo comportamento, ma una vocina nella sua testa le diceva che stava facendo la cosa giusta. Steve doveva rendersi conto che ciò che aveva fatto era sbagliato. Lei aveva ragione, lui torto.
Perciò tolse il dito dalle labbra del suo coinquilino e lo guardò attentamente: aveva i lineamenti del viso perfetti, e ci si poteva perdere dentro quegli occhi di un color fiordaliso, e i capelli biondi ancora acconciati nello stile degli anni Quaranta. Peggy avrebbe voluto toccare il suo viso, lo bramava con tutta se stessa. Represse il desiderio di baciarlo e stringerlo a sè dopo tanto tempo, e si voltò a fatica, camminando lentamente verso la camera che in quelle settimane era stata sua.
Sulla soglia della porta decise di voltarsi, e notò con poca sorpresa che Steve era rimasto là a fissarla leggermente sbigottito.
"Buonanotte, Steve" disse lei guardandolo ancora per un po', poi sentendo mormorare un Buonanotte, Peg si voltò e chiuse la porta.
Non poteva essere. Steve l'aveva lasciata andarsene così. Quando le aveva toccato le labbra era rimasto impietrito. Dopo una frazione di secondo però, quello shock si era trasformato in un desiderio per lui irraggiungibile, ovvero quello di stringerla a sè e baciarla. Ci mise tutta la sua forza di volontà per rimanere fermo a guardarla. Dopotutto, era dell'idea di Tony. Sarebbe stato come arrendersi, e di certo Captain America non poteva, anzi non doveva assolutamente farlo.
Appena Peggy chiuse la porta il ragazzo si accasciò sul divano sfinito, pensando che probabilmente non avrebbe dovuto alzare la voce con la sua coinquilina.
Perciò chiuse gli occhi e finalmente dopo tanto tempo si lasciò cadere in un profondo sonno senza sogni o incubi.

Welcome back to the future, darlingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora