Inutile dire che il pomeriggio di quel 18 Dicembre, a casa Castillo, regnò il silenzio. Olga era tornata in cucina a dare una sistemata, Roberto faceva compagnia a German, nel suo studio, mentre Clara ed Alejandro erano tornati a casa. Leon e Violetta erano saliti in camera di quest'ultima, la quale si alternava tra il piangere a dirotto e il riprendersi ma essendo assente con la mente. Nessuno dei due parlava, non avevano né il coraggio, né la voglia, né la forza. Erano rimasti sdraiati sul letto per tutto il pomeriggio. Lui la teneva stretta a sé, circondandola con le sue braccia. Quel momento era decisivo, se l'avrebbe lasciata sola anche solo per qualche ora, sarebbe crollata, non ce l'avrebbe fatta a sopportare un peso ed una responsabilità così grande. Era troppo per lei. Violetta era tanto, troppo fragile per rimanere sola in quel momento. Aveva bisogno di tutto l'appoggio dei suoi amici, ma soprattutto di Leon. Se l'avrebbe lasciata sola, sarebbe caduta in depressione. Maria era morta, e nessuno poteva più farci nulla. Li aveva lasciati, per sempre. Violetta non aveva più una madre. German non aveva più una moglie. Clara non aveva più una migliore amica. Nessuno l'aveva più. Era andata via, e non sarebbe mai più tornata. L'unico pensiero che Violetta riusciva a fare, era che in quel momento, sua madre stava bene, non soffriva più. Aveva bisogno di Leon, e sapeva che lui ci sarebbe sempre stato... in quel momento era lì, con lei, la teneva stretta... non poteva chiedere un sostegno migliore. "Come ti senti?" domandò Leon, che anche lui -di nascosto- aveva pianto. Non voleva farsi vedere debole dalla sua Bimba, doveva essere forte per lei. Anche a lui, dispiaceva un sacco, Maria era una delle persone più buone e gentili che potessero mai esistere. Aveva gli occhi gonfi e rossi, ma mai come quelli di Violetta. "Normale" rispose lei con voce flebile, con voce spezzata. Aveva smesso di piangere da un po', Leon aveva anche provato a convincerla ad addormentarsi per qualche ora, ma ovviamente lei aveva rifiutato. Se avesse dormito, era sicura che le sarebbe apparsa sua madre, molto probabilmente in uno dei suoi soliti incubi. Forse investita da una macchina, o caduta da una scogliera, o ancora, uccisa. Le avrebbe fatto male, ancora più male di quanto non stesse già provando. "Sei sicura di non voler dormire un po'? Ti farebbe bene". Violetta scosse leggermente la testa, poggiata sul petto di Leon. "Ho paura". "Dovrai farlo, prima o poi". "Posso dormire da te, stanotte?" domandò improvvisamente la ragazza alzando leggermente la testa ed incrociando gli smeraldi di Leon. "Certo". "Grazie" rispose sorridendogli leggermente "Lo sai che per te ci sono, e ci sarò sempre". "Sì, lo so". "Ti posso fare una domanda?". "Sì". "Ti immagini mai come sarà la nostra vita, quando saremo grandi?". Violetta alzò gli occhi per incontrare nuovamente quelli del ragazzo, poi si sistemò meglio fra le sue braccia e infine si mise seduta per guardarlo meglio. "Certo, ogni volta che guardo i tuoi occhi. Sai, è la cosa che mi piace di più. So che un giorno andremo a vivere insieme e non mi importa se la casa sarà piccola, il nostro amore è già grande. La mattina ti guarderò dormire, finché non ti sveglierai. Poi andremo a preparare colazione insieme e i nostri baci sapranno di caffè, croissant, e amore. In settimana avremo i nostri impegni, tra il lavoro e l'università ma il weekend lo dedicheremo a noi. Magari passeremo un weekend fuori città per staccare, oppure andremo all'Ikea e prenderemo qualcosa da aggiungere a casa nostra. Tornati a casa tu metterai insieme i pezzi, come sai sempre sistemare le cose e io ti aiuterò nel mio piccolo. In casa nostra ci sarà tanta musica, tanti libri e luce. Cucineremo insieme e tu ruberai del cibo dal mio piatto, o finirai la mia parte dato che non ti sazi mai!" dice facendo poi una piccola risata. Guardava il sorrido di Leon, e intanto pensava che non poteva esistere niente di più bello. "Passeremo le domeniche pomeriggio ad organizzare i nostri viaggi, ma dopo poco finiremo abbracciati sul divano, perché comunque il posto più bello di tutti rimangono le tue braccia. Comprerò i dolci solo perché so che ti piacciono e tu mi lascerai scegliere cosa guardare alla televisione perché a me piace scegliere. E anche se alla fine non guarderemo il programma scelto da me, io non ti ringrazierò mai abbastanza di avere scelto me tra tutte le altre" disse infine rimanendolo a guardare negli occhi. Nocciola e verde. Verde e nocciola. "Lo sai che non ho mai sentito una dichiarazione d'amore così bella?". "Ma questa non era una dichiarazione d'amore... era la risposta alla tua domanda". Leon la strinse nuovamente fra le sue braccia, e infine l diede un lungo bacio passionale. "Ti amo" sussurrò sulle sue labbra morbide e carnose "Anch'io". "Dobbiamo scendere a dirlo a tuo padre". "D'accordo". Insieme si alzarono lentamente dal letto, lui la teneva sempre stretta a sé, e quando passarono davanti alla porta della stanza di Maria, a Violetta si contorse lo stomaco. Affondò il viso nel petto di Leon, ma riuscì lo stesso a scendere le scale. Una volta giunti davanti allo studio di German, la ragazza bussò e si sentì un flebile: "Avanti". Si trovarono davanti i due occhioni di German: rossi e gonfi; mentre Roberto davanti a lui, si soffiava il naso in un fazzoletto di stoffa. "Papà... questa notte posso andare a dormire da Leon? Non me la sento di rimanere qui" chiese Violetta tranquilla, con un'espressione assente, e altrettanto era German... assente. Tutti assenti, espressioni tristi e vuote. "Va bene, Tesoro. Ricordati di prendere tutto". "Certo, grazie, papà". "Leon, posso parlarti due minuti? Vilu tu intanto sali a preparare le cose". L'uomo lanciò un'occhiata d'intesa a Roberto, il quale capì al volo, alzandosi dalla sedia ed uscendo dallo studio, per lasciarli soli. "Siediti". "C'è qualche problema?" domandò il ragazzo facendo ciò che gli era stato detto, ed incrociando le braccia al petto. "Bhè, non più di quello che stiamo vivendo" rispose facendo una breve pausa "Ti volevo solo chiedere di prenderti cura di mia figlia. E' la cosa più preziosa ed importante che possiedo, la mia ancora di salvezza. Non voglio vederla depressa, ti chiedo di farla sorridere... sempre". Leon serrò le labbra fra loro, per poi distogliere lo sguardo e ancora portarlo negli occhi del migliore amico di suo padre. "German... questo l'ho fatto e lo continuerò a fare sempre. Anche per me, Violetta è la persona più importante e speciale della mia vita. Neanche io voglio vederla in questo stato, mi si spezza il cuore tutte le volte che piange fra le mie braccia. In ogni momento cerco di confortarla, di farla sorridere o almeno di proteggerla. Forse ti sembrerà strano quello che ti sto per dire, ma... credo proprio che sia l'amore della mia vita", fece una piccola risatina spostando lo sguardo e guardando nel vuoto "So che niente può essere certo e definitivo alla nostra età, ma non so... è una mia sensazione". Sulle labbra di German era stampato un piccolo sorriso, gli occhi brillavano. "So che il vostro è un amore vero, lo è sempre stato. Ti ringrazio, Leon. Grazie davvero". "Non devi ringraziarmi, io lo faccio perché la amo". "Lo so". Intanto Violetta al piano di sopra stava finendo di sistemare il pigiama nello zaino blu. Si voltò verso la scrivania e scorse il suo diario sotto qualche libro e quaderno. Era da un po' che non ci scriveva, così lo afferrò e si gettò sul letto con la penna in mano.
Mamma è morta. E' andata via per sempre. Ci ha lasciati... tutti. Il dottore ieri ha detto che non avrebbe superato la notte, invece è accaduto questa mattina, mentre ero a scuola. Al rientro a casa ho trovato papà, Olga, Roberto, Clara e Alejandro che stavano piangendo sul divano. Non mi è stato difficile capire cos'era successo. Leon è rimasto con me, ora sto andando a casa sua, passo la notte con lui. Ne ho bisogno più che mai. Oggi mi ha chiesto se ogni tanto mi immagino la nostra vita insieme, e gli ho risposto con delle frasi che non so neanche io dove le ho trovate: So che un giorno andremo a vivere insieme e non mi importa se la casa sarà piccola, il nostro amore è già grande. La mattina ti guarderò dormire, finché non ti sveglierai. Poi andremo a preparare colazione insieme e i nostri baci sapranno di caffè, croissant, e amore. In settimana avremo i nostri impegni, tra il lavoro e l'università ma il weekend lo dedicheremo a noi. Magari passeremo un weekend fuori città per staccare, oppure andremo all'Ikea e prenderemo qualcosa da aggiungere a casa nostra. Tornati a casa tu metterai insieme i pezzi, come sai sempre sistemare le cose e io ti aiuterò nel mio piccolo. In casa nostra ci sarà tanta musica, tanti libri e luce. Cucineremo insieme e tu ruberai del cibo dal mio piatto, o finirai la mia parte dato che non ti sazi mai! Passeremo le domeniche pomeriggio ad organizzare i nostri viaggi, ma dopo poco finiremo abbracciati sul divano, perché comunque il posto più bello di tutti rimangono le tue braccia. Comprerò i dolci solo perché so che ti piacciono e tu mi lascerai scegliere cosa guardare alla televisione perché a me piace scegliere. E anche se alla fine non guarderemo il programma scelto da me, io non ti ringrazierò mai abbastanza di avere scelto me tra tutte le altre. Non so, forse sembrerà stupida e sciocca la cosa che sto per dire, ma credo proprio che Leon sia l'amore della mia vita. So che niente può essere certo e definitivo alla nostra età... ma non so, me lo sento. Ora devo andare, è tardi e dobbiamo ancora andare a casa sua.
Richiuse il diario, le lacrime che le rigavano il viso, e lo infilò nello zaino, per poi chiudere la cerniera e scendere al piano di sotto. Improvvisamente la porta dello studio di German si aprì, e ne sbucò una Violetta con uno zaino blu sulle spalle "Io sono pronta" informò, sempre inespressiva. German si alzò dalla sedia, e Leon lo imitò. Si parò davanti a sua figlia e l'abbracciò più forte che poteva. "Sta' attenta, e soprattutto non allontanarti mai da Leon". Violetta si accigliò sciogliendo l'abbraccio "Papà, non sto mica andando in guerra". Da parte di tutta partì una piccola risata, German lasciò un bacio sulla fronte di sua figlia, per poi abbracciare anche Leon. Si sentì il campanello suonare "Vado io" disse l'uomo facendosi strada fra i due "Devono essere i ragazzi... li ho informati io" disse il messicano guardando la sua fidanzata, la quale annuì tristemente. German aprì la porta, e da un'espressione triste si trasformò in stupita e felice. "Vilu, credo sia per te!" esclamò restando a fissare il ragazzo alto e robusto in piedi fuori dalla porta. Violetta lentamente camminò verso la porta "Sì, sono i ragazzi, ve... Oh, Santo cielo!" gridò portandosi le mani davanti alla bocca per coprire il sorriso che andava da orecchio ad orecchio, come se in quel momento dovesse nascondere di essere felice. Intanto Leon, rimasto sulla soglia dello studio, non capiva cosa c'era da sorprendersi così tanto... erano solo i loro amici. Quando Violetta si gettò al collo di Alex, lui la strinse forte. "Non ci posso credere!" esclamò una volta sciolto l'abbraccio. Leon, sempre più confuso, raggiunse i due sulla porta e quando vide la causa di tanto stupore, non ne fu molto sorpreso... anche se avrebbe dovuto. "Cosa ci fai qui?" domandò German con un sorriso a trentadue denti, guardando i due ragazzi che scioglievano l'abbraccio. "Mi sono trasferito a Buenos Aires!" esclamò il francese "Proprio oggi!". "Entra, Alex... così parliamo meglio" lo invito l'uomo. Il ragazzo francese, insieme a Violetta, Leon e German, si accomodò sul divano in pelle bianca. La ragazza si voltò a sinistra, ed incrociò lo sguardo di fuoco del suo fidanzato, poi si rese conto di non averlo ancora presentato. "Oh, Alex! Lui è Leon" disse rivolgendosi al suo amico, e presentando il suo ragazzo. "Finalmente ti conosco! Violetta mi ha parlato molto di te" rispose Alex porgendo la mano al messicano "Mi spiace non poter dire lo stesso di te" ribatté Leon stringendola con forza. In quel momento, Violetta si rese conto di aver commesso un enorme sbaglio... forse doveva parlare un po' di più di Alex. Ma Leon lo sapeva, sapeva che il suo unico amore era sempre stato e sempre sarà solo lui; nessun altro riuscirebbe ad occupare quel posto nel suo cuore... e Violetta sapeva che anche per lui era lo stesso. "Allora... raccontaci. Quando? Perché? Dove? Come? Perché non ci hai informati?" domandò German entusiasta del nuovo arrivato. Voleva un gran bene a quel ragazzo, era stato lui l'unico amico di Violetta, quando erano appena arrivati in Spagna, e doveva ringraziarlo. Alex era stato un po' come una salvezza per sua figlia, ed era felice ch quei due fossero amici. Ma German sapeva che Alex non sarebbe mai potuto essere come Leon. Leon era... era... Leon. Nessuno sarebbe riuscito a dividere Violetta e Leon. Erano destinati a stare insieme, ancora prima di nascere. "Papà! Fallo respirare". "Tranquilla, Vilu. Ehm... bhè sono arrivato questa mattina. Mi sono trasferito qui per il lavoro di mia madre. E' stata spostata in questa città, e adesso lavora all'ospedale San José, in centro" spiegò Alex guardando i presenti. "Ma è dove è ricoverata Angie!" esclamò Violetta guardando suo padre e ricevendo un'approvazione. "Davvero? Allora vi posso aiutare per qualsiasi cosa. Contate pure su di me, non ci sono problemi, davvero". "Grazie, Alex. Dove abiti?". "Non molto lontano da qui... la via si chiama Mauricio Ponce, e il numero è il 34". "No, infatti è a cinque minuti a piedi". Improvvisamente Violetta fu assalita da un dubbio "Ma... come hai fatto a sapere dove abito, io?". Al francese scappò una piccola risata, poi prese il cellulare e lo mostrò alla sua amica. "Non ti ricordi? Quando sei arrivata hai fatto una foto alla casa, e si vedeva anche l'indirizzo". Partì una risata fragorosa da parte di tutti... eccetto uno. A Leon non andava proprio giù quel ragazzo. Poteva sopportarlo a chilometri di distanza da Violetta, ma ora che vivevano a due passi l'uno dall'altra... non lo poteva accettare. Violetta era la sua bambina, e guai a chi l'avrebbe toccata. Soprattutto se era innamorato di lei! "Bimba, si è fatto un po' tardi. Non credi sia ora di andare?" chiese il messicano alzandosi dal divano e porgendole la mano "Sì, hai ragione. Meglio andare" rispose, poi si voltò verso il suo amico e gli rivolse un sorriso "Ci vediamo domani?". "Oh, certamente! Da domani sarò in classe con voi!" esclamò sorridente. Ecco. Il cuore di Leon si bloccò, mentre nelle vene gli scorreva veleno su veleno. Ora anche in classe! No, no, no. "Che bello! Allora ci sentiamo domani mattina! Ti passiamo a prendere noi, così andiamo insieme. Va bene, Amore?" domandò la ragazza rivolgendosi al suo fidanzato, il quale accennò un finto sorriso "Certo! Non vedo l'ora". "A domani, allora". "Certo, a domani". E insieme uscirono, chi felice, chi triste, e chi in preda alla gelosia.
Si erano riuniti tutti a casa di Maxi, in quel momento si trovavano nel grande seminterrato. Leon aveva chiamato Diego, e l'aveva informato dell'accaduto, così lo spagnolo corse subito dai suoi amici e si misero d'accordo per vedersi. Nessuno sarebbe riuscito ad affrontare quel periodo da solo, sarebbero stati l'uno accanto all'altro... ma soprattutto a Violetta. Non riuscivano neanche ad immaginare come fosse perdere una madre, una figura di riferimento. Sapevano che ci sarebbe stato Leon, ma anche lui sarebbe crollato prima o poi. "Non voglio immaginare come si sente Vilu, in questo momento" disse Ludmilla accoccolandosi tra le braccia del suo ragazzo. Erano seduti tutti in cerchio; chi su delle sedie, chi su delle giganti poltrone morbide, e chi su dei divanetti. "Leon mi ha detto che andavano a dormire da lui" informò Diego, guardando i suoi amici con gli occhi lucidi. C'era chi piangeva, chi singhiozzava e chi cercava di resistere. Maria era importante per tutti loro, ed ora che l'avevano persa, non sarebbe più stato lo stesso. "Riuscite a credere che Gery ha avuto la faccia tosta di insulare Violetta, davanti a me?" disse Francesca nervosa. All'uscita dalla scuola, si era allontanata con Gery per chiederle degli spartiti per il lavoro di Pablo, mentre lei già stava insultando Violetta. "Cosa ti ha detto?" domandò Camilla tranquilla, asciugandosi le lacrime, per poi poggiare la testa sulla spalla di Brodway. "Che pensa solo a sé stessa, che è arrogante, presuntuosa e che approfitta di Maria solo per stare con Leon". "Lo sai che Gery è sempre stata innamorata di Leon, Amore" rispose Diego guardandola negli occhi. "HO CAPITO! MA FINO A DIRE CHE SI APPROFITTA DI MARIA, SOLO PER STARE CON LUI, MI SEMBRA TROPPO!". "Ha ragione, Fran. Certo, è gelosa, ma ha oltrepassato il limite" intervenne Maxi, che stava giocando con i capelli di Nata. "Non lo trovo giusto. Mi è sempre stata simpatica, ma dopo questo..." disse Ludmilla. "Diego, perché non provi a risentire Leon?". "Sì, hai ragione, Fede". Lo spagnolo afferrò il cellulare dalla tasca, e compose il numero del suo migliore amico, dopo quattro squilli rispose. "Leon... tutto bene?" domandò, per poi mettere il vivavoce. "Sì, siamo arrivati da poco. Vilu sta sistemando le sue cose". "Come sta?". "Oh, bhè... domanda di riserva?". Diego guardò Federico, e capendosi subito lo spagnolo rispose "Vuoi che veniamo da te?". "No, grazie, Diego. Non si respira un'aria molto serena. C'è tanta tensione, molte lacrime, e da qualche minuto anche molta, molta gelosia". I ragazzi si accigliarono, guardandosi uno ad uno. "Cosa intendi?". "Ti ricordi Alex? L'amico di Violetta? Quello di Madrid?". Diego fece un verso d'approvazione, curioso di ascoltare la risposta dell'amico "Bhè, da domani sarà in classe con noi". "CHE!" gridarono tutti in coro. "Per caso hai messo il vivavoce?" domandò ironico "Comunque, sì. E' arrivato questa mattina, ed è passato a 'salutare' Vilu". Il ragazzo dall'altro capo del telefono cercò di soffocare una risata, era la prima volta che sorrideva dalla brutta notizia. "Ti immagino". "Fammi il piacere, eh!". "Va bene, dai. Se hai bisogno chiamami..." poi alzò lo sguardo su tutto il gruppo "...chiamaci". Leon dall'altra parte sorrise "Certo. Grazie, ragazzi. A domani". "Ciao, Leon! Salutaci Vilu". "Va bene, ciao". Lo spagnolo chiuse la chiamata e bloccò il telefono, infilandolo nuovamente nella tasca dei pantaloni. Nessuno parlò per almeno cinque minuti, solo sguardi... e pianti. Intanto ricordavano con piacere, ma anche con molto dolore, le avventure passate con Maria. "Ricordate quando un'estate siamo andati al mare, tutti insieme, e Maria ha organizzato un mini-concerto sulla spiaggia?" domandò Ludmilla sorridendo, con gli occhi lucidi. Sulla bocca di tutti si stampò un sorriso, mentre gli occhi erano immersi nel vuoto, ricordando scene di quel giorno. "E' stato davvero uno dei giorni più belli della nostra infanzia!" esclamò Brodway, ricevendo un'approvazione da parte del gruppo. "Ricordate invece quando ci ha accompagnato al concerto di Abraham Mateo! Un sogno che si avvera!" disse Francesca. "Sì, era venuta anche mia madre e quella di Camilla" ricordò Maxi. "Me lo ricordo benissimo. E' stato anche quando Fede si stava per strozzare con i pop-corn" scherzò Ludmilla, ricevendo un'occhiataccia dal suo fidanzato. "Che poi, solo tu ti puoi portare i pop-corn ad un concerto!" esclamò Nata, facendo ridere tutti. Ecco la prima, vera risata. "Ancora oggi, se li porta, eh. Non ha mica smesso" rispose la bionda. "Scusatemi, ma se io ho fame come faccio?". "Esistono i panini, amico!" rispose schietto Andres, che fino a quel momento non aveva aperto bocca... e per la prima volta nella sua vita, era stato appoggiato da tutto il gruppo. "Andres caro, è la prima volta che dici qualcosa di giusto e sensato" intervenne Camilla poggiandogli una mano sulla spalla. "Come fai a cantare, se mangi i pop-corn?" chiese Bel, rimasta in silenzio anche lei. "E' proprio per questo, che si stava strozzando a quel concerto. Aveva infilato i pop-corn in bocca, poi era partita la sua canzone preferita ed aveva iniziato a cantare come un matto... qualche secondo dopo era rimasto senza respiro". "Può capitare" si difese l'italiano alzando le mani. "Io credo di no, Amore" lo prese in giro Ludmilla, lasciandogli poi un bacio sulle labbra. Erano innamorati come il primo giorno. "Ragazzi... a me manca moltissimo" intervenne improvvisamente Francesca asciugandosi una lacrime con il dorso della mano. Diego l'abbraccio forte, circondandola con le sue braccia. L'italiana cercò di resistere, di non scoppiare a piangere davanti ai suoi amici... ma non ci riuscì; tutti l'avrebbero capita; i migliori amici esistono per questo. Camilla la seguì, portando le ginocchia al petto ed infossandoci il viso, ormai rigato dalle lacrime. Poi toccò a Nata, che fu seguita da Ludmilla... e così via, per far piangere perfino Isabel, che non la conosceva come loro. Mancava a tutti... e non sarebbe più stata la stessa cosa, senza di lei.
"No, grazie, Clara. Non ho più fame" disse Violetta cercando di sorridere alla donna, che le aveva offerto un altro po' di purè. "Vilu, non hai mangiato praticamente nulla" intervenne Alejandro poggiando una mano sulla spalla della ragazza. "Lo so... ma, ho lo stomaco chiuso". "Anche noi, tesoro, ma devi mangiare qualcosa". Clara guardò suo figlio, che scosse leggermente la testa, così portò via la pentola con dentro il cibo. Leon prese la mano della sua ragazza, e la strinse forte nella sua, come per infonderle coraggio, come per farsi sentire vicino. Violetta gli sorrise, gli occhi lucidi e la testa che le scoppiava. Sua madre era morta, e nessuno poteva più fare niente... né lei, né suo padre, né Leon, né i dottori... nessuno. Ormai se ne era andata, e lo doveva accettare. "Vuoi andare a dormire?". La ragazza annuì, per poi alzarsi e dare la buonanotte a Clara e Alejandro, e ringraziarli per l'ennesima volta. I ragazzi salirono in camera, e si sdraiarono sul letto; Leon la circondò con le sue braccia e la fece accoccolare al suo petto. Voleva tranquillizzarla e farla dormire, aveva bisogno di dormire. "Ho bisogno di te" sussurrò Violetta, bagnando la camicia di Leon. Il ragazzo rise leggermente, poggiò due dita sotto al mento della mora e i loro occhi si incontrarono. Verde e nocciola. Nocciola e verde. "Ma lo sai che io ci sono". "Sì" rispose facendo una pausa "Ma intendevo un'altra cosa" rispose, sempre senza mostrare emozioni. Il messicano si accigliò, non capiva. "Quale?" domandò confuso. Violetta si sentì in imbarazzo, sorrise leggermente serrando le labbra fra loro. Poi poggiò una mano sulla guancia di Leon e cominciò a baciarlo... sempre più appassionatamente. Gli morse il labbro inferiore, mentre le loro lingue danzavano. Divaricò di poco le gambe e lo fece passare sopra di lei, mentre Leon si teneva in equilibrio con le braccia. Ora gli era chiaro cosa intendeva. Si staccò dalle labbra morbide, soffici e bellissime della sua fidanzata, con molto disapprovo "No, aspetta... non possiamo". "Leon, per favore" sussurrò supplicando Violetta, riprendendo a baciarlo... ma lui era ancora contrario. "Bimba, ti prego. Non... non è il momento". La ragazza si morse il labbro "Leon... per favore, in questo momento -più che mai- ho bisogno di te, ho bisogno di sentirti vicino... e questo è l'unico modo" rispose accarezzando la sua guancia "Ti prego" sussurrò ancora, riprendendo a baciarlo. "Ma non abbiamo i...". "Non fa niente" disse Violetta non lasciando che finisse la frase. Si staccarono per un momento, e ancora una volta nocciola e verde. "Sei sicura?". La ragazza fece un respiro profondo per poi annuire. "D'accordo". Leon infilò una mano sotto alla felpa della mora, e lentamente fece scivolare anche l'altra afferrandone i lembi. Gliela sfilò con grazia, per poi lanciarla dietro le proprie spalle. Fissò per un secondo, la sua ragazza stesa sul suo letto... seminuda. Neanche il più bel panorama del mondo poteva battere Violetta in quel momento. Intanto i minuti passavano, e mentre i loro corpi si intrecciavano, e le loro lingue danzavano... Violetta era la ragazza più felice del mondo. Stava facendo l'amore con il ragazzo che amava, e in quel momento si sentiva più bene che mai... anche se sua madre era morta. Leon aveva il potere di farla stare bene, ed era sicura che non sarebbe mai cambiato.ANGOLO ME:
BUOOOOONGIOOOORNO!! HO AGGIORNATO OGGI PERCHÉ È IL MIO COMPLEANNO , ED ANCHE QUELLO DI UNA RAAGZZA DELLA QUALE NON RICORDO IL NOME ,SCUSA. COMUNQUE... che ne pensate? Fatemi sapere!!
STAI LEGGENDO
Salvami,Amore mio.
FanfictionDal testo: || Violetta aprì la porta della sua stanza, seguita da Leon. Era da tanto che non trascorrevano del tempo insieme, e non vedeva l’ora di raccontargli tutto. La mora si sedette sul letto, mentre il ragazzo chiuse la porta, dietro di sè, pe...