Step 3 (insonnia)

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La faceva arrabbiare così tanto rimanere sveglia nel letto per tutta la notte, senza riuscire a chiudere occhio neanche per un secondo.
Se ne stava distesa sul materasso - cambiando posizione ogni cinque secondi facendo cigolare le molle del letto - ora guardando il soffitto, ora osservando il muro, ora fissando il vuoto.
Il silenzio la circondava e ci si sentiva anche un po' male, in tutto quel buio e quella calma.
Sentiva al suo fianco il respiro pesante di sua sorella, dalla stanza affianco proveniva il russare insistente di suo padre, dalla camera di fronte i brontolii di sua sorella minore che parlava nel sonno. Si domandava come fosse possibile che loro riuscissero a dormire così tranquillamente e profondamente, per così tanto tempo, mentre a lei Morfeo concedeva solo una breve sosta di un paio d'ore tra le sue braccia.
Nonostante il caldo insistente e afoso, lei teneva il lenzuolo bianco a coprirle il corpo. Come una sorta di protezione dal mondo esterno. Come se quel leggero velo di stoffa potesse proteggerla da un'altra notte insonne.
Era in quelle ore buie e troppo silenziose, che i rumori fuori si sentivano più forti e vicini, e più di una volta si ritrovò a chiedersi se fosse entrato qualcuno in casa. Lei tratteneva il respiro, ma poi i rumori cessavano e lei tornava a respirare normalmente.
La sveglia sul comodino segnava ormai le tre e quaranta di notte, e lei iniziava già a contare le ore che mancavano a quando si sarebbe finalmente alzata da quel letto, sapendo però che sarebbe stato il momento in cui sarebbe riuscita ad addormentarsi e che quindi svegliarsi non le sarebbe più apparsa un'idea così allettante.
Poteva alzarsi, andare in cucina a bere, raggiungere la sala e sdraiarsi sul divano, se solo non avesse avuto così paura del buio e del fatto che qualcuno sarebbe potuto entrare in casa sua da un momento all'altro.
E allora le veniva in mente il fatto che quando avrebbe raggiunto la maggiore età e avesse finito la scuola, le sarebbe piaciuto andare a vivere da sola. Quasi scoppiava a ridere da sola nel silenzio della notte, immaginandosi in un appartamento vuoto e buio, con il lenzuolo fin sopra la testa, gli occhi sbarrati e i rumori che le arrivano alle orecchie.
Scoppiò a ridere davvero, provocando un brontolio da sua sorella - che dormiva nel letto accanto al suo - e un biasciato "sta' zitta".
Odiava seriamente quando le persone la zittivano in quel modo. Più le intimavano di fare silenzio in quella maniera burbera e maleducata, più a lei veniva da parlare.
E infatti sbuffò infastidita e "sto zitta solo se mi pare" disse. Non perché si sentisse poi così attaccata da doversi difendere - sapeva che sua sorella stava ancora nel mondo dei sogni - semplicemente non le andava che lei dormisse. Voleva qualcuno che stesse sveglio con lei.
Era egoista e lo sapeva, ma il sonno non arrivava e lei cominciava a disperarsi.
Lesse, un giorno, che la notte è per gli innamorati, li scrittori e le puttane. Lei non rientrava in nessuna delle tre suddette categorie, eppure la notte sembrava amarla più di quanto facesse il giorno.
In verità lei proprio lo odiava, il giorno, e lui sembrava odiare lei. Erano anni che non gliene andava bene una, e quando succedeva qualcosa di bello, il giorno successivo già era tutto passato in un battito di ciglia.
La notte no. La notte sembrava durare una vita e un po' di più, e se non fosse stata così sola, buia e triste, magari sarebbe anche potuta piacerle.
Anche da piccola faceva fatica ad addormentarsi, e in quel momento le venne in mente quando una notte suo padre le disse "Quando non riesci a prendere sonno, pensa a tutte le cose belle che hai fatto durante il giorno. Se non riesci ad addormentarti neanche così, allora pensa a tutte le cose belle che farai il giorno dopo".
A quel tempo funzionava, ma poi lei è cresciuta, le cose belle hanno smesso di accadere e non aveva più propositi per quando si sarebbe svegliata. Anzi, avesse potuto, avrebbe dormito per l'eternità.
Contare le pecore non aveva mai funzionato, quindi non ci provò neanche in quel momento.
Cominciava a sentire la testa pesante, il sonno invadergli il corpo, ma Morfeo ancora non si faceva vedere.
Allora si arrese, sbuffò e soffocò un urlo nel cuscino.
Avrebbe aspettato, prima o poi il giorno o il sonno sarebbero dovuti arrivare, no?

(parole: 743)

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