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Seguii, per la seconda volta oggi, Annabeth attraverso un viale alberato. Lei camminava silenziosa davanti a me e io, proprio davanti a lei, dovetti trattenermi per non correre. Ero famosa per il mio 'passo veloce' come lo chiamavano i miei amici. Capitava a volte che io, mia madre e Lottie andassimo a fare shopping insieme, e io, come se lo spirito del più grande corridore del mondo si fosse impossessato di me, iniziavo puntualmente ad alzare il passo ritrovandomi così molto più avanti di loro. Ma non ci potevo fare nulla, per me camminare era complicato. Quindi ora stavo cercando di camminare senza superarla, mentre lei continuava a mantenere un silenzio di tomba. Provai a dare vita a un discorso. -Che generi di libri ti piacciono? -. Assolutamente banale. Ma dovevo pur chiederle qualcosa. Lei mi si affiancò con un mezzo sorriso. - Mi piacciono parecchi generi. Quelli che leggo più spesso però sono quelli che parlano di architettura-. Il sorriso mi sparì dalle labbra così come era arrivato. -Architettura? Sei seria? -. Lei fece una faccia strana che proprio non so descrivere. -Sono seria -. Sbuffò allontanandosi un ciuffo di capelli dalla fronte -. Tutti fanno la tua stessa espressione -. Disse come fosse abituata, nel frattempo eravamo arrivate nella piazza delle capanne. Ancora una volta rimasi a bocca aperta, curiosa di sapere quale sarebbe stata la mia. Annabeth era tornata nel suo silenzio. -Beh, certamente è un po' strano -. Cercai rimediare. -Ma direi che leggere libri di architettura accultura molto. Una volta provai a leggerne uno sui monumenti famosi di Roma e... diciamo che non era proprio il mio genere. Ma se a te piacciono chi sono io per criticare? -Feci spallucce, in fondo era così. I gusti erano gusti. Il mio sembrava un discorsetto di quelli che si fanno per consolare gli amici, con la sola differenza che io non lo stavo facendo a nessun amico, solo a una ragazza quasi sconosciuta un po' demoralizzata. Annabeth mi stava guardando. E sorrideva. Buon segno. -Tu...- Disse piano indicandomi. -potresti diventare mia amica -. Disse calcolatrice, poi mi abbracciò. Presa alla sprovvista sibilai un -Eh? - Obliquo. Si staccò subito dall'abbraccio guardandomi incredula. -Nessuno -. Disse - E dico nessuno in questo campo ha mai condiviso il mio amore per i libri e nessuno mi ha mai detto quello che mi hai appena detto tu -. Sorrise, un sorriso per la prima volta sincero. Notai che aveva gli occhi grigio tempesta. Con i suoi capelli dorati, creavano un effetto elegante alla sua persona. Forse fu in quel momento che cambiai carattere nei confronti di Annabeth, la vidi come una ragazza normale che aveva solo bisogno di conoscere meglio le persone. Lei mi prese per mano, conducendomi verso una capanna pitturata di giallo chiaro con sopra la statua di un gufo grigio. Sopra la testa del gufo vi erano scritte delle lettere. Provai a capirne il significato ma non ci riuscii perchè le lettere continuavano a muoversi. Colpa della dislessia, mi aveva sempre dato problemi. Dopo qualche secondo però le lettere smisero di girare in tondo e si posizionarono in ordine. Ora riuscivo a leggere bene la parola, era in greco. Non capisco ancora ora come riuscii a tradurre il tutto, ma mia apparve la parola 'Atena', la dea della guerra, ricordai, e dell'intelligenza.

-So quello che stai pensando -Indicò la scritta sopra il gufo - Ti stai chiedendo come hai fatto a tradurre il Greco, e come mai le lettere hanno iniziato a roteare...- Sorrise sghemba.

-Sei un indovina? -. O peggio ancora, poteva leggermi nella mente come Nico? A questo punto avrei dovuto sapere anch'io cosa pensava, quindi esclusi quell'ipotesi a priori.

Lei rise piano. -No no. Me lo chiesi anch'io la prima volta-.

-Mi stavo già preoccupando -. Risposi imbarazzata. - Comunque si, me lo sono chiesta-.

-Tu sei dislessica, come me, come Percy, come tutti noi di questo campo. La nostra lingua è impostata sul greco antico, per questo le lettere cambiano ogni volta di posto. Sei riuscita a leggere il nome di Atena, un normale essere umano non ci sarebbe riuscito. -Si zittì, aspettando la mia reazione. Io ero una cosa tipo 'ma che figata, sono un essere speciale!'.

Una nuova semideaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora