Corri.
Corri e non voltarti mai.
Corri o il lupo l'avrà vinta, e dopo tutta la fatica che avevo fatto per riuscire a recuperare il mantellino rosso come il sangue, proprio non mi andava di morire.
E oltre al lupo mi ritrovavo alle calcagna pure quella peste di bambina.
Al diavolo la strega! Al diavolo tutto!
Se solo mi fossi fatta gli affaracci miei, e avessi dato retta alla nonna, ora tutto questo non sarebbe successo. Caddi. Mi rialzai. Ignorai il dolore ai palmi delle mani e alle ginocchia.
Corri, corri.
Lo sentivo sempre più vicino.
Il limitare del bosco ancora non lo vedevo. Non ero certa che sarei riuscita a correre ancora per molto tempo. Uffa per così poco!
Per averle preso il mantellino mi aveva sguinzagliato contro un cavolo di lupo che, come se se ne fosse dimenticata, se l'era pappata senza troppi problemi.
Ma io ero io.
Se si cercava sul dizionario il termine sfiga, a caratteri cubitali si poteva trovare il mio nome, con tanto di dati anagrafici. Bello schifo eh?
Correvo. Non sentivo più le gambe.
L'aria mi frustava il viso facendomi lacrimare gli occhi, ma non ci badavo.
Volevo solo arrivare alla fine del bosco dove mi aspettava Lui. Lui arrivato così all'improvviso. Lui l'unica nota positiva di tutta questa storia.
I passi sempre più leggeri man mano che prendevano velocità, coprivano gli altri rumori, tutti tranne quelli del lupo. Lo sentivo più vicino, il suo respiro accelerato dalla corsa, le fauci che si aprivano e si chiudevano con scatti famelici.
Eccolo lì, lo vidi. Appoggiato ad un albero, le mani giunte dietro alla schiena, gli occhi chiusi e il viso proteso verso i tiepidi raggi del sole. Esulto. Ce l'avevo fatta.
Accelerai. Volevo che mi circondasse con le sue grandi braccia.
Lo chiamai. Urlai il suo nome ripetutamente.
Sul suo bel faccino spuntò un mezzo sorriso, quel sorrisetto che all'inizio mi faceva perdere le staffe, ma che ora, invece, mi faceva battere il cuore.
Aprì un occhio, ma lo richiuse.
Forse non aveva visto con chi stavo giocando ad acchiapparella nel bosco. Lo avrei ucciso dopo che il lupo avesse perso al nostro giochino mozzafiato.
Ecco, quasi arrivata, pochi metri ancora e sarei stata fuori.
Caddi.
Sbattei le ginocchia così violentemente a terra che mi si mozzò il respiro, e un grido di dolore mi rimase incastrato in gola.
Per un po' di secondi vidi tutto sfocato.
E poi lo sentii. Dietro di me, sbavava e ringhiava.
I suoi piccoli occhietti neri, neri come la pietra che Will portava al collo, luccicavano pieni di odio.
"Su cucciolino, non mi guardare così." Pensai .
Umorismo a parte, strinsi forte il mantellino, così forte da sbiancarmici le nocche.
Non aveva più senso nulla oramai: correre o portare a termine questa stupida impresa da pazzi.
Non sarei più tornata a casa, non avrei mai più rivisto Will. Pensai a lui, appoggiato su quell'albero laggiù ... forse ora mi aveva vista, ma non avevo più la forza di girarmi.
Una rabbia cieca si impossessò di me, e urlai. Ancora e ancora.
Urlai il suo nome. Credetti di sentirlo urlare il mio, ma ormai era tropo tardi.
Uno a zero per il lupo.
Chiusi gli occhi e sentii l'alito caldo e nauseabondo della bestia che mi solleticava la fronte.
Poi più niente.
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Helender_ Un mondo dentro un libro
AdventureMagia e irreale sono per Vittoria cose superflue, che distolgono l'attenzione dalla vita vera: piatta e banale. Ma ben presto sarà costretta a ricredersi, quando, curiosando a casa della misteriosa nonna, la ragazza si imbatterà in qualcosa di molto...