CHE STORIA E' QUESTA?

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FU sconcertante il fatto che rimasi delusa nel vedere Agata salire su un vecchio maggiolino, che di sicuro aveva visto giorni migliori, per andarsene giù in paese. Mi aspettavo che come minimo avesse sellato Fiocco di Neve e una volta in groppa urlasse alla cowboy: «Oggi il mercato ... domani il mondo mia cara capretta».

Okay era ridicolo, ma non si sapeva mai come prenderla quella donna. Quando credevo di averla inquadrata, Baam! Cambiava completamente: per intendersi, cambiava comportamento come ci si cambiava le mutande.

Aspettai di non sentire più il rumore del suo catorcetto a quattro ruote, per fiondarmi subito davanti alla porta delle rose.

Anche se sapevo di non avere tutto il giorno, rimasi di nuovo ammaliata da quei ghirigori tutti intrecciati tra loro in uno strano motivo floreale, dove, facendo un po' di attenzione, si poteva notare distintamente altri segni provenienti dalle fiabe: scarpette, mele, rose ecc.

Una cosa che mi colpì, a cui prima non avevo fatto caso, era il nastrino nero intrecciato attorno alle rose-pomello. Era lucido, così lucido che all'inizio pensai che fosse carta lucida, ma con un po' di attenzione mi convinsi che doveva essere di un qualche tipo di tessuto strano; sarà che io di tessuti non ci capivo niente, e l'unico che sapevo riconoscere era il velluto, solo perché mi divertivo a passarci sopra la mano, ma questa di stoffa era strana.

A parte stoffa strana o meno, il nastro era bordato d'oro, e d'oro erano pure i segni che correvano al centro. Mi avvicinai e allungai la mano per sfiorare il nastrino, ma mi ritrassi in fretta perché una strana sensazione, come di qualcuno che ti guarda alle spalle, mi fece voltare e alzare le mani in segno di resa.

La prima idea che mi si affacciò nella mente, fu che dietro di me ci fosse Agata, che sbatteva un piede a terra, le mani incrociate all'altezza del petto, e che intorno a lei due minions impazziti cominciassero a gridare «banana, Banana, BANANAAAA!!!!»

Soffocai una risata scuotendo la testa (dovevo smetterla di guardare Cattivissimo Me per un po' di tempo, perché questo era il risultato), se Agata fosse tornata, di sicuro l'avrei sentita arrivare dato che quel maggiolino faceva un rumore infernale.

Tornai a guardare il nastro, anche se la strana sensazione non mi lasciò un secondo. Mi accorsi che quelli che prima avevo scambiato per strani segni erano lettere, belle lettere ... in latino. Okay, adesso, io facevo latino da più di tre anni, e se non mi avevano mai rimandata in quella materia, era perché Lanzetti, il mio professore, non aveva mai avuto intenzione di vedermi più di quello che la legge lo stabilisse.

Strizzai gli occhi e mi accucciai all'altezza del nastro, giusto per vedere se un miracolo aveva fatto si che dopo tutte le sfuriate del mio prof. io avessi finalmente compreso un po' di quella lingua. Come non detto. Arrivai a capire un et e riconobbi la presenza di alcuni verbi ... fine.

Non è che mi interessasse più ti tanto la cosa, non era scoprire cosa c'era scritto su quel nastro nero quello che mi incuriosiva, ma era ciò che c'era dietro la porta la mia vera meta.

Guardai bene come era messo, un po' strano come nodo dovevo ammettere, ma credevo che sarei riuscita senza problemi a rifarlo una volta data la mia sbirciatina.

Afferrai un lembo, e prima che potessi anche solo muovere un muscolo, la porta iniziò ad aprirsi, e uno strano calore improvviso mi pizzicò i polpastrelli del pollice e dell'indice. Mollai la presa e, non appena lo lasciai, il nastro si ridusse in polvere, dopo una piccola fiaccolata. Guardai stranita la cenere danzare fin sul pavimento adagiandosi mollemente sul tappeto ai miei piedi.

La prima cosa che pensai fu: «Allora era seriamente carta».

Non riuscivo a fare niente, mi accorsi che trattenevo il fiato solo quando sentii i polmoni protestare contro la gabbia toracica in cerca di aria.

Cosa diavolo era successo? Il nastro non aveva preso fuoco di sua spontanea volontà vero? E la porta non si era aperta da sola veroo?

Osservavo il mucchietto di cenere, che a sua volta mi guardava beffardo come se fosse un cadavere, un cadavere a cui avevo contribuito alla sua morte. Lo sfiorai, anche se avevo paura che avrebbe di nuovo preso fuoco, ma poi la mia attenzione fu catturata da qualcosa che sbrilluccicava all'interno della stanza.

Volevo capire cosa mi nascondessero tutti. Non ero mai stata una di quelle ragazze che pretendevano e basta, e avevano la parola "voglio" sempre in bocca, ma ora come ora non c'entrava niente il fatto che lo fossi o meno. Avevo capito fin da subito che dietro quella porta, c'era il motivo per cui mia madre se ne era andata, e adesso come adesso non mi importava delle conseguenze, dei probabili rimproveri di Agata, volevo solo sapere.

Mi feci coraggio, inspirai profondamente e varcai l'ignoto.

Helender_ Un mondo dentro un libroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora