capitolo 4

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Mi sveglio di soprassalto in un bagno di sudore.
Guardo l'ora sulla sveglia del comodino. Le tre e mezza di notte.
Incubo. Un altro dei miei soliti incubi. Li ho sempre avuti, fin da quando ero piccola. Variano da precipitare nel vuoto a morire assassinata, da essere io l'assassino ad essere io il vuoto.
Faccio sogni strani da quando mi ricordo, credo.
Non riesco più a prendere sonno. Questo incubo è stato particolarmente brutto.
Ero seduta in una stanza vuota, fatiscente. C'era puzza di chiuso e le finestre erano sbarrate. C'ero solo io. Era buio, vuoto e silenzioso. Poi usciva da un angolo un enorme ragno rosso. Si avvicinava lentamente ed iniziava a mordermi le caviglie. Ma io non lo fermavo. Non vedevo che era un ragnone enorme. Vedevo una cosa bellissima ed elegante dietro di lui, dal posto in cui era uscito. Quando ho abbassato gli occhi sulle mie caviglie, il ragno ha spiccato un salto ed io mi sono svegliata.

-Nina, sveglia. la voce dolce di mia mamma mi riporta alla realtà. Non ho più dormito, quindi sono uno schifo.
Mi infilo una maglia bianca, jeans e una felpa verde e scendo. Passo dalla cameretta blu di Fred per svegliarlo.
-Nina, lascialo stare. È ancora presto per lui! mio padre... quanto gli voglio bene.
Faccio colazione al volo ed esco.

Arrivo alla fermata dopo un'ora abbondante di viaggio. C'è un ragazzo ad aspettare l'autobus. Ha gli occhi verdi. E i capelli rossi ricci spettinati sono intrappolati sotto un cappuccio blu. Edward.
-Buon giorno.
-Mmmm. gli mugolo. Non che non abbia voglia di parlargli, ma sono stanchissima.
-Dormito poco?
-Perspicace, il ragazzo.
Ride
-Andiamo? Siamo in ritardo. Non sai che corsa ho fatto per venire...
-Non avresti dovuto.
-Invece si. Mi piace stare con te, te l'ho detto e l'hai detto anche tu.
-Ah. Si. È vero. Ops.
-Andiamo.
Barcollo per i dieci minuti che ci separano dalla scuola. Non gli rivolgo la parola e neanche lui lo fa. Perfetto. Forse me ne pentirò, ma questo silenzio non è imbarazzante. È piacevole.
Arriviamo finalmente in classe e siamo in ritardo. Mi sorride e io mi siedo accanto ad Anna, che è puntuale come sempre.

-Stai bene, Nina?
-Sisi.- mento - Non preoccuparti.
Mi sforzo di capire qualcosa di equazioni lineari o come si dicono, ma non capisco nulla, come al solito. A volte mi chiedo se ho fatto la scelta giusta, ad andare ad uno scientifico. Considerando che a) matematica mi fa schifo e non ci riesco, b) in fisica faccio pena, c) su latino caliamo un velo pietoso e d) sono brava solo in italiano, mi sorge un punto interrogativo abbastanza consistente.
Passate le cinque ore più lunghe della mia vita, esco. Aspetto Anna, ma mi dice che non verrà in autobus, quindi dovrò fare la strada da sola. O no? Dopo sta mattina, dopo il silenzio di oggi, Edward vorrà ancora venire? Mi aveva detto di si, ma...
-Ehi!- lo vedo che si allontana. -Edward aspetta!
Si volta. Mi vede. Abbassa la testa. Adoro quando lo fa.
-Ciao.
-Come mai non mi hai aspettato? Non dovevamo andare insieme?
-Si, ma ti ho visto con la Scavani e ho pensato che non ti andasse poi più di tanto... visto anche com'è andata sta mattina... ho sbagliato, avrei dovuto dirtelo e...
Ma di che sta parlando?!
-Edward, sta mattina ero stanca. Avevo dormito poco ed ero nervosa perché in autobus c'era una lurida nonnina che non voleva farsi più in là per farmi sedere ed ho dovuto fare un'ora di viaggio accatastata vicino ad uno che non si lavava da almeno tre anni. Hai fatto bene a venire, mi ha fatto piacere.
Lo vedo che sorride. Ha tenuto la testa bassa tutto il tempo. Ora mi guarda e noto che ha le iridi più scure vicino alla pupilla. Ha anche delle specie di raggi di sole più chiari. Adoro i suoi occhi.
-Allora andiamo.
-Grazie.

Camminiamo e parliamo. Ridiamo. Sto bene con lui. È come se il mondo venisse chiuso fuori per un po. È come prendere una boccata d'aria dopo una lunga apnea. È come quando vedi il sole dopo una giornata di pioggia. È allegro, timido, semplice.
Arriviamo alla fermata e io vorrei non doverlo salutare più.
-Beh... allora ciao.
-Ciao. Sbrigati o perderai l'autobus.
-Nah, ho le gambe lunghe, io.
-Cosa vorresti dire?! Che hai contro le mie gambe, eh?!
Ridiamo insieme. Sono così belle le nostre risate. Sinfonia perfetta.
-Eccolo che arriva. Beh, ciao Edward. A domani.
-Ciao. Ehm... smettila di chiamarmi Edward. Mi da fastidio. È... troppo formale, okay?
-Mhm...
-Solo Ed. Okay?
-Okay, Ed.
-Ciao Nina.
-Ciao ED.

Sta sera ho appuntamento con Denise, la mia migliore amica da quando avevamo cinque anni. Andremo a fare un giro per il centro e ceneremo... boh.
Ho un magliore verde e dei pantaloni neri. Sono seduta ad un bar e la sto adpettando. Arriva di corsa. È quasi sempre in ritardo. Forse è per quello che siamo amiche.
-Ah, Denise, se c'è una cosa che amo è vederti arrivare tardi. È così consolante...
-Nina. Stai. Zitta.
Ci abbracciamo e andiamo in un locale lì vicino.
-Hai prenotato? le chiedo
-Credevo lo facessi tu...
-Stai scherzando?
-No... ma conosco il proprietario e forse ci trova un posto.
-Oddio, ma che c'è oggi... è pieno di gente... se non riusciamo a mangiare, mangio te, Deni.
-Bla bla bla...
Grazie al cielo ci trovano un posto, stavo morendo di fame. Ordianiamo del cibo per almeno cinque lottatori di sumo e inziamo a mangiare.
-Signore e signori...- la voce del proprietario interrompe la nostra erudita conversazione sul colore dell'acqua nelle pozzanghere. -Solo questa sera, per voi... un ragazzo inglese che sta puntando al successo. E ci sta riuscendo. Un ragazzo con una voce fooooorte, signori.
-Ma chi c'è?! mi chiede Denise.
-Non lo so...
-Questa sera è con noi...- continua il proprietario. -EEEEEEED SHEEEERAN
Un ragazzo con una camicia troppo grande a quadri rossi esce dalle 'quinte'. Ha i capelli rossi, una chitarra acustica e degli occhi che conosco.
-Ed?! sussurro stupita.
-Lo conosci? mi chiede Denise quasi più stupita di me.
-Si, è... è in classe con me...
-Oh. Nina. Devi fartelo amico.
Rido.
Ed inizia a cantare.
-Oh porca vacca!
-Lo so, lo so.
-Nina. Non lo sai. Dai, guardalo!
E lo guardo. Ed è come se fosse solo: gli occhi chiusi, le gambe incociate sulla sedia. Non sorride. Una ruga profonda gli si forma tra le sopracciglia. È concentrato. Sembra in un altro mondo e porta chi lo ascolta con lui. È da perdere la testa.

-Nina?
Mi sento chiamare da una voce maschile. Mi volto.
-Ed! Conplimenti, io non sapevo che tu suonassi, io... cioè tu... porca vacca. Wow.
Abbassa la testa e sorride.
-Già... ehm... grazie.
Denise mi da un colpetto sulla spalla come per ricordarmi della sua presenza.
-Oh, ehm, lei è Denise, la mia... la mia migliore amica.
-Ciao, Denise. si presenta.
-Edward. si stringono la mano.
-Ehi, bello, vieni qui, dobbiamo parlare! lo chiama il proprietario
-Si, Bill arrivo! Beh, ciao ragazze, è stato un piacere. Buona notte.
-Ciao.
-Nina. Lui è perfetto. Non fartelo scappare.
Le metto un braccio intorno alle spalle e guardo per l'ultima all'interno del locale. Ed mi seguiva con lo sguardo e lo vedo salutarmi con la mano. Ricambio il saluto e mi allontano con Denise.

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