capitolo 5

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È Dicembre.
Natale è alle porte. Fuori fa freddo. Piove un giorno sì e l'altro pure. E se non piove, nevica. Le vie della città sono addobbate con luci e festoni coperti di neve.
Fred e papà hanno fatto almeno cinque pupazzi di neve in giardino dall'inizio del mese. Mamma non ama l'inverno, quindi non esce a fare a palle di neve con noi.
Anna è venuta a casa nostra un po di volte e i miei la adorano.
Siamo diventate molto amiche.
L'ho presentata a Denise. Diventeranno amiche, almeno spero.
Ho conosciuto un'altra ragazza, amica di Anna: Marika. È strana...
Edward ed io siamo diventati molto amici. Continuiamo a fare la strada insieme verso la scuola e verso la fermata. Mi piace questa piccola abitudine. È nostra. Solo nostra.
Mi mancherà, ora che non ci vedremo per le vacanze.
Denise mi ha presentato un suo amico 'di vecchia data', Andrew. È semplicemente bellissimo. Penso che a Denise piaccia. Mi dispiacerebbe se lui le spezzasse il cuore. Lei si merita solo il meglio.
Sono in casa, al caldo. Fuori, guarda caso, nevica. Ho un libro tra le mani, ma non ho voglia di leggerlo. Sto guardando fuori dalla finestra, dove ci sono due ragazzi che giocano nella neve. Sembrano così felici.
È quella la felicità che cerco. La felicità che è chiusa nelle piccole cose. La felicità che può donarti un fiore, una carezza o un pupazzo di neve costruito con qualcuno che ami. La felicità che solo i libri e i film sembrano prometterti. La felicità che sembra finta, irraggiungibile, impossibile.
Ho sempre avuto paura di non avere quello di cui sento di avere bisogno. Ho sempre avuro paura di restare sola. Per un'ora, per un giorno, per tutta la vita. Ho sempre avuto la necessità di circondarmi di persone e la maggior parte delle volte non erano le persone giuste. Ho fatto così tanti sbagli e rovinato tante cose. È per questo che non ho mai avuto molti amici. La mia famiglia ha sofferto, perché io non stavo bene. Ma ora, sotto queste luci di Natale, sento di poter ricominciare e sento che la felicità che tanto cerco e bramo è più vicina di quello che penso.
Mi squilla il telefono. Ed.
-Pronto?
-Ciao, sono Ed.
-Ehi, tutto bene?
-Ehm, si, tu?
-Sisi.
-Senti, ti và se ci vediamo?
-Ma nevica...
-Andiamo a prendere una cioccolata o una creap... se non ti và okay, beh, un'altra volta.
-No, no, certo che mi và.
-Perfetto. Alle quattro al Piccolo Paradiso?
-Perfetto. A dopo.
-Ciao.
Riattacco. Guardo l'orologio e... ops... sono le tre e mezza. E ci metto mezz'ora per arrivare al Piccolo Paradiso. E in più nevica.
Mi metto un maglione grosso come me e corro fuori. Adoro camminare quando nevica. Mi sembra che tutto migliori e sia coperto da qualcosa di più bello. È geniale, la neve.
Arrivo al Piccolo Paradiso che sono le quattro e un quarto. Edward è seduto ad un tavolo, una margherita in mano.
-Ehi, ciao Ed. Scusa il ritardo.
-Nina! Niente, non sono qui da molto.
Mi siedo al tavolo e una cameriera ci prende le ordinazioni.
-Tieni.- mi dice porgendomi la margherita che aveva in mano. -Era più bella quando l'ho presa, scusa.
-È bellissima. Grazie.
gli ho un piccolo bacio sulla guancia e le sue orecchie prendono fuoco. Ridacchio mentre lui, accorgendosene, arrossisce.
-Ecco qua le vostre cioccolate, ragazzi.
-Grazie. rispondiamo all'unisono.
-È buonissima. gli dico mentre assaggio il paradiso.
-Lo so, Willow è la migliore con le cioccolate.
-È la migliore ciccolata della mia vita. Giuro.
-E non hai sentito il frappè o la torta di mele.
-Ora capisco il nome del locale.
-Già...
Parliamo del nulla. Di cose stupide.
Sembra le conversazioni che di solito ho con Denise. Piccolezze. Tipo come sono fatti i cuccioli di piccione. O se un castoro ha già i denti grandi o gli crescono col tempo. Stupidaggi.

-Oddio, Nina, ma che domanda è?!
-Cosa?! Dici così perché non hai una risposta!
-Alla domanda: Quanto sono alti gli elfi?!
-Beh?!
-Ma... non lo so!
-Vedi! Non fare il superiore saputello, quando non ne sai più di me.
Si rabbuia per una frazione di secondo. Per un secondo una strana ombra passa per i suoi occhi brillanti color dello smeraldo.
-Ehi, Ed. Scherzavo. So che sono domande idiote.
-Eh? Si, Nina, tranquilla. Io... penso sia meglio se... se io... devo andare.
-Ed, dai! Aspetta un attimo!
-Devo tornare. Ciao.
-Ed, maddai!
Troppo tardi. È uscito. Lo vedo mentre alza il colletto della giacca nera e si avvia sotto la neve. Non si volta.
Resto lì, con la cioccolata tra le mani, incapace, impotente e delusa. Ferita.
Cosa ho detto di male? Perché se l'è presa così tanto?

Torno a casa fradicia. Dopo che Ed se n'è andato non sono rimasta molto.
Mi infilo sotto la doccia e col getto d'acqua calda sul viso rifletto.
Cosa ho detto di sbagliato che ha fatto scattare Ed così? Forse è contro il sarcasmo. So solo che sono troppo orgogliosa per chiedere scusa. Sono troppo egoista per chiamarlo e chiarire. Aspetterò che lo farà lui. E se non lo farà? Lo perderò.
Fanculo a tutto. Fanculo a me, a miei discorsi di merda, al mio sarcasmo. Fanculo al Piccolo Paradiso, fanculo a Willow, fanculo alla neve e fanculo a Ed.
Perché sono così incasinata?!

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