Cap.1 Edith

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Io non so come accadde, neppure come cominciò. So solo che era febbraio. Faceva freddo. Gli alberi, ancora spogli allungavano le loro estremità verso il cielo nuvoloso, come se fossero due braccia spiegate con le mani aperte come a gridare che rivolevano indietro la primavera. Il sole. Ma tutto in giro sembrava morto, in letargo. L'aria era umida, si respirava l'odore forte del muschio che era spuntato sulle rocce antistante il lago. Quel lago era qualcosa di spettacolare. Non che fosse grande, era piuttosto un laghetto che poche persone conoscevano, anche perché si trovava tra due proprietà private e nessun'altro poteva addentrarsi fino a questo punto da entrambi i terreni. La ragazza aveva chiesto più volte al padre se ne conosceva l'esistenza; lui le aveva risposto di conoscerlo, ma ammise di non esserci mai stato, così come i proprietari della villa attigua alla loro. Edith non avrebbe voluto sentirsi dire altro: divenne ufficialmente il "suo posto". Per pensare, giocare, studiare, leggere, c'era solo il lago: il suo paradiso di mistero e silenzi. Edith era seduta sull'erba. Tutta imbambuccata guardava il cielo. Cercava di scrutarlo al di là delle nuvole, non le piaceva il brutto tempo. Le nuvole poi, le mettevano malinconia. Amava le belle giornate. I raggi del sole caldo di prima mattina, che le attraversavano la pelle e le scaldavano dritto il cuore. Ora che ci pensava, sembrava quasi si fosse scaldata un po'! O, forse, la sua immaginazione correva a briglia sciolta; come succedeva di solito, soprattutto nelle giornate noiose.Aveva tra le mani il suo libro prediletto " Cime Tempestose", l'aveva letto almeno dieci volte e ancora non la tediava. Appena l'aveva divorato, in soli due giorni, ne era rimasta affascinata, delusa e tanto triste da piangere; puntualmente, quindi, dopo qualche mese lo rileggeva, perché nessun altro libro fino ad allora era riuscita a smuoverla così tanto dentro. Quella volta, però, stranamente non lo riusciva a leggere.Eppure era arrivata la parte per lei più interessante del libro, quando Heathcliff sposava Isabelle per vendicarsi di Cathy e delle due famiglie che avevano distrutto la sua esistenza. Non riusciva a capire bene perché, ma qualcosa la bloccava. Un pensiero forse, o un presentimento. Ma spesso i presentimenti rappresentano attimi inconsistenti pieni di paure irrazionali; di quando si dice che le cose si avverano quando ti ci va la testa, perché le attiri pensandoci. Tuttavia, i suoi presentimenti si erano sempre avverati. Non sapeva se le sventure e le difficoltà che aveva dovuto superare, le si erano presentate davanti per destino, ma aveva imparato a rimanere vigile quando percepiva sensazioni strane da far accapponare la pelle. Perché dietro l'angolo si può nascondere sempre il dolore, e questa era la prima lezione che la vita le aveva insegnato, anche se troppo in fretta. Sentiva il pettirosso canticchiare leggiadro su quel ramo appena poco distante da lei, però non lo ascoltava. Era solo un sottofondo, rumore che si confondeva con l'aria fresca; in realtà aveva la mente confusa, invece di cercare di leggere, pensava. Al presente, che la costringeva in una situazione di stallo. Andava avanti trascinando giorno dopo giorno, uscendo raramente, alternando scuola, alle amiche, a casa. Fuggiva senza riuscirci da quel passato infelice e doloroso che si sarebbe dovuta lasciare alle spalle. Ma che non era rimasto sepolto sotto la polvere, anzi quel suo piccolo cuore pulsava per un attimo più veloce, rievocando quei ricordi. I suoi occhi sùbito ritornarono lucidi. Bastava un attimo, un solo pensiero che ritornava al passato, per ripiombare nella malinconia. La sua non era stata un'infanzia facile; anzi, non era stata affatto un'infanzia. Ricordava ancora le lunghe file per le visite mediche, la tensione che si respirava a casa, aspettando una telefonata. Gli appelli, per trovare un donatore, per non parlare delle cure che la destabilizzavano troppo; era costretta a stare a letto per giorni affinché si riprendesse. Sarebbe finito mai questo martirio? Si poteva dimenticare? D i m e n t i c a r e. Parola inafferrabile per Edith. Non sembrava possibile. La possibilità di dimenticare il suo passato era pari ad un lontano miraggio. Era polvere, solo polvere bianca. Polvere che si disperdeva nel vento, irraggiungibile. No, non avrebbe mai dimenticato.
Ma, sapete, la vita ci imbarca su scialuppe troppo piccole e fragili per affrontare le tempeste più burrascose. E allora a cosa serve remare, cercando di rimanere a galla, combattendo contro il vento, le onde, la pioggia. Ci sono troppe variabili negative che ci contrastano. E così sono i ricordi negativi. Ci sono le emozioni; il dolore, la rabbia, la tristezza. Troppi fattori avversi per cercare di combatterli. Quindi abbandoniamoci ai ricordi, soffriamo e ubriachiamoci di malinconia. Ma a testa alta, sempre guardando in avanti, anche se la pioggia ci bagna gli occhi.
Lei aveva fatto cosi, aveva combattuto e remato con tutte le sue forze ed era riuscita ad arrivare a riva. Ogni battaglia vinta porta con se dei feriti e, nonostante tutto, lei portava ancora qualche lascito del suo inferno, che l'aveva costretta a crescere troppo in fretta. Troppe ferite erano ancora aperte, il tempo le avrebbe cancellate, ma lei non ci credeva davvero. Il tempo non cancella assolutamente niente; rende solo più sordo il dolore, attenua le lacrime e soffoca i sensi di colpa. Il resto era solo un ciclo che si ripeteva all'infinito. Edith era letteralmente persa nelle sue memorie, nella sua infelicità, da non fare caso al ragazzo che la guardava incuriosito dall'altra sponda del lago. Rinvenne di colpo dai suoi pensieri. Lo guardò. Aveva la testa chinata di lato, una sciarpa enorme blu indaco intorno al collo, i suoi jeans erano sbiaditi e doveva indossare una felpa sotto il cappotto, perché riusciva a intravedere il cappello che fuoriusciva da dietro e i lacci per regolarlo davanti. Aveva un cappello che gli copriva persino le orecchie, quindi non riusciva a intravedere nulla di lui. Beh era curioso, era coperto peggio di lei, non riusciva a scorgere nulla. Le scappò un lieve sorriso, poi squadrò il suo sguardo: Era serio in viso. All'improvviso divenne seria anche lei. Si chiese del perché avesse quell'espressione seria e turbata.

Trovarsi, poi perdersi. || "Storie di Niente" di E.A.ParsonsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora