Cap.2 Fili d'oro e occhi del mare, due cristalli

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Sentiva il pizzichìo del sole tiepido sulla pelle. Qualcuno dei raggi le illuminava le guance: erano calde. Strizzava gli occhi, non voleva aprirli. Era sempre una tortura per lei alzarsi al mattino. Poi realizzò all'istante: Oh è San Valentino! Di colpo le si sgranarono gli occhi. Le piacevano le feste, tutte. Si sentiva nell'aria sempre un'atmosfera particolare, magica. E poi San Valentino era la festa degli innamorati, o come diceva Edith: dell'amore; e lei si sentiva amata. Si alzò di scatto dal letto e ricadde con la stessa velocità sedendosi su di esso. Si era alzata troppo velocemente, le erano venuti i capogiri. Le piombò un ricordo nella mente, che la destò dai suoi pensieri. Un'immagine come una fotografia le si aprì davanti il suo sguardo: quel ragazzo. Ma, insomma, perché doveva pensarci così tanto, concluse, se poi era un bimbetto dispettoso e maleducato, che neppure l'aveva degnata di un saluto?
Ancora superba e infastidita si alzò e si diresse verso l'armadio. Sbirciando dentro, cercò di decidere cosa mettere; ogni mattina era una tortura. C'era sempre qualcosa che non le piaceva: o come gli cadeva il pantalone o come vestiva la maglietta, insomma ci impiegava un'eternità per vestirsi. Ma quella mattina si mise i primi abiti che le capitarono, non aveva altro tempo da perdere, scese a fare colazione.
<<Mmm mamma... hai fatto i krapfen caldi! Beh in
questo caso mi fermo a fare colazione!>>
Sua madre si mise a ridere e scosse la testa. Doveva fare i krapfen almeno una volta a settimana per farle fare colazione. Quando si accorgeva che passava qualche giorno che Edith correva senza mettere nulla nello stomaco, ne faceva qualcuno, così era certa che si sarebbe fermata.
<<Allora Edith, hai saputo dei nuovi vicini? La villa
"Bianca Rosa" è di nuovo abitata>>
Le riferì, distrattamente, sua madre.Posò il cucchiaio sul tavolo, accanto alla tazza e si fermò dallo sbranare l'ultimo boccone del Krapfen. La sua testa iniziò nuove macchinazioni, capì chi fosse il ragazzo, probabilmente era il nuovo arrivato. Massì era timido ed impacciato e si era vergognato da morire quel giorno prima. Chissà se l'avrebbe visto a scuola quella mattina.
Prese di scatto il giubbino e lo zaino e si scaraventò verso la porta, ma ahimè la centrò in pieno, e si maledisse sottovoce mentre la madre preoccupata le chiedeva se si era fatta male. Ma lei era la solita maldestra e il padre ormai la prendeva sempre in giro; quando andava a sbattere contro qualcosa chiedeva se i mobili fossero ancora tutti interi, piuttosto di chiederle se si era fatta male. Senza aspettare oltre si avviò verso la porta di casa, lasciando il suo Krapfen a metà. La madre rimase stupefatta, non era mai successo prima; doveva avere qualcosa in mente per lasciare dei Krapfen.

L'insegnante spiegava noiosi esercizi di matematica, mentre Edith si guardava intorno. Si allungava di tanto in tanto guardando dalla finestra, chissà , caso fortuito l'avrebbe visto gironzolare in cortile. Nessuna traccia del ragazzo misterioso. Chiese un po' in giro, alle amiche, agli insegnanti; ma nessuno, purtroppo sapeva nulla. Neppure erano venuti a conoscenza che la Villa era nuovamente abitata. La giornata trascorse lentamente. Non riusciva a non pensare a quell'incontro del giorno prima. Aveva perfettamente in mente il suo sguardo: serio, attento, indispettito, pauroso, impaziente. Questi aggettivi le ruotavano in testa senza alcun motivo apparente.
Perché aveva paura? Timore di chi? Di me? Impaziente, poi per cosa? Aspettava che andassi via? Ma è corso quando l'ho salutato!
Pensava e ripensava alle sue domande, ma ahimè nessuna risposta le venne data da chissà quale provvidenza. Provò a parlarne con le sue amiche: Giulia e Michela erano le più opportune; le altre avrebbero fatto soltanto commenti poco educati e sarcastici solo per darle fastidio. L'attimo più opportuno arrivò al momento della pausa. Cercò di allontanarle dalle altre, portandole sulle scale che portavano alla soffitta della scuola, non più utilizzate da nessuno, se non dai bidelli che dovevano prendere altri banchi o altro mobile scolastico accatastato nelle soffitte.
<<Ragazze devo parlarvi di una cosa>>
Disse Edith tutto d'un fiato cercando di apparire tranquilla, ma le mani le tremavano.
<<Dicci Edith>>
Rispose Giulia dolcemente. Quel suo tono riuscirono a tranquillizzarla un po'.
<<Beh ecco ieri ero in un posto, insomma sapete quel posto
dove mi piace stare da sola...>>
<<Si, si quel posticino nella tua proprietà, quello di cui ci
parli sempre, ma che non ci hai mai detto dov'è...>>
Michela non aveva mai mandato giù il fatto che nonostante le considerassi mie migliori amiche, non volevo rivelare l'esistenza del lago neppure a loro.
<< Beh si si... ecco ieri mentre ero lì a leggere e a rilassarmi
è venuto un ragazzo>>
Entrambe sgranarono gli occhi. Quando si trattava di Edith e di ragazzi in uno stesso contesto c'era sempre qualcosa che stonava. Non riusciva a scambiare mai più di qualche parola con i ragazzi. Quindi che lei avesse trascorso un pomeriggio in compagnia di un ragazzo era qualcosa di straordinario per le sue amiche.
<<Oddio gli hai parlato? Per tutto il pomeriggio? Davvero?
Non sto sognando Micky vero? Dammi un pizzicotto...
dammelo avanti!>>
Borbottò Giulia in preda all'entusiasmo e all'isteria. Erano incredule.
<<Ehm... questo è il punto, ci siamo guardati per più di
un'ora senza dire una parola e quando ho accennato un
saluto lui è scappato via>>
Disse Edith a capo chino vergognandosi. Beh forse se l'era meritata un ragazzo così. Lei era una frana.
<<Oh Edith... dai può darsi che sia timido no? Aveva lo
sguardo cattivo?>>
Michela cercava di indagare per avere più informazioni possibili. Ma quel ragazzo le aveva mostrato ben poco ed ora Edith aveva poco o nulla su cui lavorare per capire come era dentro.
<<No, cattivo no. Curioso piuttosto e... imbarazzato e...
dolce, si ora che ci penso era dolce>>
Riusciva a vedere davanti a se i suoi occhi, come un miraggio apparirle davanti. Erano occhi sognanti.
Istintivamente le spuntò un sorriso in superficie che coinvolse anche gli occhi.
<<Cos'è ti piace già Edith?>>
La provocò bonariamente Giulia.
<<Non gli ho neppure parlato ancora Giù!>>
Si rabbuiò Edith e d'un tratto si rese conto che si, poteva anche essere cattivo, o insensibile, o uno stronzo, o un playboy. Poteva essere tante cose, eppure lei sapeva, che non era nessuno di questi. Le amiche la strinsero forte in un abbraccio di gruppo e le consigliarono di tornare in quel posto anche quello stesso giorno, perché se anche lui era rimasto colpito dal suo bel faccino, sarebbe tornato lì per vederla ancora.

Trovarsi, poi perdersi. || &quot;Storie di Niente&quot; di E.A.ParsonsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora