CP3: Reclutamento

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-Oggi sono passati quattro mesi. Vi rendete conto di quanto il tempo voli? Quattro mesi trascorsi qua dentro. - sospirai, sottolineando le mie parole con un ampio gesto della mano volto ad abbracciare tutta la stanza, - E durante questo periodo non mi è accaduto niente di speciale, o eccezionale, o elettrizzante, se non che sono diventata più abile nel combattimento corpo a corpo, sono salita al livello 3... Emma è ormai un'agente di spicco per le sue straordinarie doti nell'arte dell'inganno e della persuasione, al punto che è addirittura riuscita a farsi assegnare una missione sotto copertura alla Casa Bianca. Araya, invece, anche se ha rifiutato un importante lavoro di archiviazione alla Ghiacciaia, continua ad allenarsi qui, al Centro di Controllo, dilettandosi con tutta quella strumentazione tecnologica che la rende felice come una bambina la mattina di Natale.

Quattro mesi ... Ci credereste? Certo, ho imparato molto da me stessa e penso che senza Ward non avrei mai fatto tanti progressi. Però so anche che gran parte del merito di ciò che sono diventata va a voi. Per questo mi siete mancati tanto: sono contenta che la vostra missione in Russia sia terminata.- confessai, sorridendo e sollevando gli occhi sui visi, a me tanto cari, di Fitz e Simmons.
La mia amica ricambiò il sorriso con gentilezza e mi strinse forte a sé, lasciandomi intuire che forse non ero stata l'unica ad agognare e ad attendere con impazienza il nostro ricongiungimento. Fitz si limitò ad osservarci benevolo, non avvezzo a così esplicite manifestazioni di affetto. Il suo atteggiamento distante non mi turbava, ormai lo conoscevo abbastanza da non scambiare il suo impaccio nei rapporti umani per indifferenza o, peggio ancora, disprezzo.
-Uhm, Sierra...Oggi non hai allenamento?- mi chiese Fitz, dopo qualche istante, schiarendosi la voce.
-Cazzo, sono in ritardo!- esclamai, senza potere impedire a me stessa di imprecare.
Dopo essermi congedata in fretta, percorsi di corsa tutto il corridoio che dal laboratorio portava alla palestra e appena arrivai mi preparai a sorbirmi una delle tante ramanzine di Ward.
-Dannazione, Miller. Siamo andati benissimo per quattro mesi e ora mi ricadi in basso? Comincia facendo 150 addominali e 150 flessioni per punizione, così vediamo se oltre alle arti marziali riusciamo ad inculcare in quella testa anche un po' di rispetto e puntualità.-
Non osai ribellarmi: sarebbe stato inutile e, inoltre, sapevo che aveva ragione. Al momento della mia promozione avevo giurato la massima dedizione e non intendevo venir meno a questo voto, non dopo tanta fatica. Non appena finii di eseguire l'esercizio mi buttai esausta sul tappetino, mentre Ward mi passava una bottiglia d'acqua per reidratarmi.
-Su, in piedi!  - mi esortò, -Si combatte. Hai avuto ben quindici settimane di tempo per affinare le tue capacità: ora mostrami che ne è valsa la pena. Prendilo come una specie di test. Ti avverto: non avrò pietà.-
Improvvisamente il dolore e la stanchezza scomparirono, fagocitati dall'esaltazione che sentii montarmi dentro e scorrermi nelle vene. Bevvi velocemente e senza troppo gusto, mantenendo lo sguardo fisso su Ward: l'adrenalina aveva cancellato ogni cosa, anche la sete. Tuttavia, mai avevo avuto una più chiara percezione del mio corpo, di ogni singola estremità, che sentivo pronta a vibrare colpi e a scattare, assolutamente reattiva e disposta a rispondere alla mia volontà. L'uomo che si ergeva davanti me aveva l'espressione impenetrabile di un predatore abituato a trionfare, ma questo non riuscì a spaventarmi.

Mi alzai con movimenti misurati e mi posizionai di fronte all'avversario.

Fu lui ad attaccare per primo, cercando di sferrarmi un pugno al volto che schivai con prontezza; tuttavia, nel farlo esposi incautamente il fianco sinistro. Ward se ne accorse e per me fu troppo tardi. Un colpo. Dolore. Un rumore sinistro. Mi ero sicuramente incrinata una costola, il respiro mi morì in gola, ma trovai inspiegabilmente la forza di rialzarmi. Risposi con un calcio diretto all'inguine, difficile da evitare: poteva solo sperare di attutirlo o di proteggersi in qualche modo piegandosi, ma per farlo dovette abbassare il volto ad un'altezza per me più facilmente raggiungibile, esponendolo così ai miei attacchi. Un destro si abbatté sulla sua mascella. Il mio A.S. sputò saliva mista a sangue, macchiando il tappetino che fungeva da campo di battaglia. In un primo momento mi preoccupai, un po' mi dispiaceva avergli fatto del male, però dovevo smettere di essere troppo emotiva. Quando mi sarei trovata a combattere contro un vero nemico cosa sarebbe successo? Non potevo permettermi di provare compassione, o di avere remore e ripensamenti. Quindi continuai ad accanirmi su di lui, cercando di minare il suo equilibrio e di farlo cadere, ma Ward fu ancora più svelto e, in un perfetto connubio tra istinto di sopravvivenza e lucida razionalità, mi colpì nuovamente al viso. Le mie ossa stanche e "frantumate" incontrarono ancora una volta la superficie fredda e solida del tappetino. Il sapore del sangue si insinuò nella mia bocca. Sputai, sprezzante, e mi rialzai. Il sudore aveva ormai preso il sopravvento sul mio corpo, e come notai, anche su quello di Ward, ma lui sembrava quasi indifferente alla spossatezza, alla sofferenza, a tutto ciò che potesse renderlo umano.
Mi tirò una serie di colpi che riuscii ad evitare, ma stavo per finire con la schiena al muro, in trappola. La paura mi spinse a tirargli un pugno, ma lui riuscì a bloccarmi la mano in una morsa di ferro, quindi optai per una testata in pieno viso e lo respinsi, ruotando su me stessa e sferrando un calcio al suo petto muscoloso scosso dalla sorpresa. Dovevo avergli rotto il naso. Bene. Ward cadde a terra, apparentemente svenuto.
Subito mi apprestai ad aiutarlo, notando che perdeva molto sangue, terrorizzata all'idea di averlo danneggiato seriamente, ma nel momento in cui mi accostai al suo corpo martoriato lui mi circondò il collo con le sue forti mani e successivamente con il braccio esercitò un po' di pressione sulla mia arteria carotide esterna, annebbiandomi la vista e facendomi perdere i sensi.

Agents of S.H.I.E.L.D.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora