UN SAN VALENTINO INASPETTATO

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L'umore generale al castello non era dei migliori. A dicembre c'era stata una doppia aggressione: un ragazzo di nome Justin era stato pietrificato e con lui anche Nik-Quasi-Senza-Testa, uno dei fantasmi della scuola. Con questa il numero delle vittime era salito a quattro, anche se Nik-Quasi-Senza-Testa non si poteva considerare una vera e propria vittima, essendo già morto.
In questo clima difficile l'unica nota positiva era la consapevolezza che i danni finora non erano stati irreparabili, nessuno studente era morto, né aveva subito danni permanenti. Prima dell'estate le Mandragole sarebbero state pronte per essere utilizzate e le vittime sarebbero tornate alla normalità.
Poi era arrivato il Natale a rallegrare gli animi di studenti e professori. Ben presto gennaio era passato e il fatto che nell'anno nuovo non ci fossero più state aggressioni aveva fatto ben sperare.

Per sollevare ulteriormente il morale di tutti, il 14 febbraio il professor Allock aveva organizzato una festa di San Valentino. Per tutto il giorno degli orribili nani, che Allock aveva chiamato "Messaggeri dell'Amore", avevano interrotto le lezioni cantando a qualche malcapitato gli auguri di San Valentino. Il risultato fu esilarante: tutti evitavano con cura la Sala Grande, decorata interamente in rosa, e per i corridoi si vedevano scene indescrivibili.
Ragazzi che fuggivano appena un nano puntava verso di loro, ragazze che diventavano color peperone maturo nell'ascoltare il messaggio di qualche ammiratore sconosciuto, insegnanti con facce da funerale. Compiti doppi, per recuperare le lezioni.

Alcune scene erano destinate a rimanere negli annali della storia di Hogwarts.
Harry Potter aveva ripetutamente tentato di fuggire da un nano per non ascoltare il suo messaggio, ma quest'ultimo lo aveva placcato e inchiodato al suolo, per poi mettersi a cantare la sua orrenda poesia.

Qualche eroe nazionale, si presume Fred o George Weasley, aveva avuto l'idea di dedicare un messaggio d'amore a Severus Piton.
Il professore di Pozioni stava scivolando silenziosamente fuori dai sotterranei, dopo aver fatto una lezione ai ragazzi del quarto anno, diretto verso la Sala Insegnanti. Un nano si era piazzato di fronte a lui con aria arcigna e le gambette storte ben piantate per terra. "Severus Piton" aveva annunciato con voce nasale, "buon San Valentino". Si era poi preparato a cantare la sua poesia.
Piton, con la faccia che era una maschera inorridita, lo aveva scansato con un calcio. Il nano comunque non era intenzionato a demordere. Aveva afferrato il mantello nero del professore, il quale tuttavia non aveva smesso di camminare a passo spedito: il nano era stato trascinato per un bel po' di metri, pulendo col sedere il pavimento dei sotterranei. Piton poi si era fermato di scatto agitando il mantello con un gesto irritato, e il nano era volato fin sul soffitto, sbattendo la testa. Anche in questo caso non aveva desistito, deciso a portare a termine il suo compito. Con uno schiocco delle dita aveva richiamato altri quattro nani, i quali si erano prodigati a tenere fermo Piton.
Ormai si era formato un bel drappello di studenti, desiderosi di godersi la scena.

"Occhi da pipistrello e naso lungo da formichere,
capelli oleosi come estratto di uovo di rana lunare,
anche se sfuggi come un lombrico silenzioso
ti amo lo stesso, Pitone amoroso".

Piton era diventato rosso, poi viola, blu, giallo... Dopo aver finito di cambiare colorazione, aveva tranquillamente fatto levitare i nani e uno per uno li aveva ripetutamente sbattuti contro il muro.
Per qualche ora tutta la scuola aveva tirato un sospiro di sollievo, ma evidentemente i nani erano esseri resistenti e dopo un po' erano tornati a svolgere con diligenza il loro compito.

Minerva McGranitt, una volta saputo della faccenda di Piton, aveva seriamente considerato di chiudersi nel suo studio. L'unica cosa che l'aveva trattenuta dal farlo era stato il suo fortissimo senso del dovere: non poteva saltare le lezioni. Nel caso, aveva già pensato di trasfigurare il nano in tappeto o in gargoyle, in modo che si aggiungesse alle altre decorazioni del castello. Fortunatamente, godeva di grande stima e rispetto tra gli studenti, dunque non ci furono scherzi imbarazzanti nei suoi confronti.
Verso sera si diresse nella sua stanza, sfinita come poche altre volte: per tutto il giorno aveva temuto di vedersi arrivare un nano. Senza contare che, anche se le aggressioni sembravano essersi fermate, non era ancora riuscita a dimenticare la riapertura della Camera dei Segreti e le quattro vittime.

LA FENICE E IL GATTO SORIANODove le storie prendono vita. Scoprilo ora