CAPITOLO SECONDO - parte 2

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I tronchi e le foglie degli alberi avevano un aspetto davvero inquietante, avvolte il quell'oscurità. Ad illuminare il sentiero che Asya percorreva a passo lento, era soltanto il fascio di luce proveniente dalla torcia che reggeva saldamente nella mano destra.
La ragazza camminava guardandosi continuamente intorno; in quel silenzio, riusciva a sentire ogni più piccolo movimento degli animali selvatici. Lo scricchiolio delle foglie secche, il frusciare dei rami, ed il canto dei gufi.
Non si sentiva affatto a suo agio, sola in quel posto. Si sentiva osservata, e per questo motivo non faceva altro che proiettare la luce della torcia quà e là, emettendo flebili sospiri ogni talvolta constatava che non vi fosse nessuno.
Camminò per ore, ed a un certo punto non sapeva più nemmeno dove fosse; il bosco sembrava essere tutto uguale, motivo per cui finì per perdersi del tutto.
Quale era il nord e quale il sud?
Da che parte proveniva?
Ovunque voltasse lo sguardo, poteva scorgere solo le sagome scure degli alberi, che si ammassavano ed attorcigliavano alle sterpaglie.
Iniziava a credere che Tim non fosse lì; non aveva certo battuto palmo a palmo tutto il bosco, ma stava camminando da ore ed era piuttosto strano che non lo avesse ancora trovato. Dopotutto, non aveva neanche la certezza che l'uomo alto lo avesse davvero portato lì.
Ma non poteva certo arrendersi. Non avrebbe mai abbandonato Tim, anche se questo avrebbe comportato camminare ininterrottamente per chissà quanto.
Proseguì la ricerca rallentando ancora il passo; le gambe iniziavano a farle male, così come le caviglie.
In alcuni punti, il bosco aveva salite molto ripide seguite da lunghe discese scoscese, che rendevano ancor più complicata la prosecuzione del percorso.
Asya iniziava a rallentare il passo; la stanchezza ormai si era fatta sentire, dopo quattro ore di cammino verso una meta indefinita.
Si arrampicò su una parete rocciosa facendo ben attenzione a dove metteva i piedi. Illuminava con accuratezza ogni centimetro di rocca ove avrebbe poggiato le scarpe, e ne valutava la solidità prima di spostare il peso. Raggiunse la cima, alta circa cinque o sei metri, e riprese fiato puntando i palmi sulle ginocchia. Giusto il tempo di rallentare i battiti cardiaci, e riprese il cammino.
Ad ogni passo si sentiva un pò più scoraggiata, ma non si diede per vinta; se Tim era in quel bosco, lo avrebbe trovato.
Ad ogni costo.
Avanzò lungo quello che sembrava essere un sentiero, coperto fa erba fitta e molto lunga. Ad un tratto però, si sentì mancare la terra sotto ai piedi; si accorse solo quando stava già scivolando giù da un piccolo burrone, che aveva poggiato una scarpa sul ciglio, dove la terra era molto più cedevole. Lasciò cadere la pila per liberare entrambe le mani, e tentò di afferrare i rami degli alberi nel tentativo di fermare la sua caduta. Sbatté la schiena sulla terra, ed iniziò a rotolare giù per la ripida discesa. Riuscì ad afferrare una radice, e la strinse con tutte le forze che aveva in corpo; lo strattone che giunse quando la sua caduta si arrestò le fece quasi mollare la presa, ma riuscì a scamparla.
Emise un gemito di dolore, e con il cuore che rimbalzava nel petto rimase lì, immobile.
Non aveva più la pila, ed attorno a lei tutto ciò che riusciva a vedere era il nero della notte.

Masky - La fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora