CAPITOLO TERZO - parte 2

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Come ogni notte, anche quella maledetta notte infinita non poteva esserlo davvero, e così lentamente la luce tornò ad inondare ogni centimetro di quel bosco. Asya era seduta su una roccia muschiosa, e con le mani si gettava grandi manciate d'acqua sulla faccia; aveva trovato un fiumiciattolo, poco distante, e ne aveva approfittato.
Si sentiva uno straccio, ma non per la stanchezza fisica: aveva lasciato che Tim se ne andasse via, ed ora si trovava da capo. Non aveva idea di dove lui fosse, e non ricordava neppure in quale direzione precisa lo avesse visto andare.
"Che stupida" continuava a ripetersi, osservando il proprio riflesso ondeggiante sulla superficie dell'acqua; i capelli, lunghi e biondi, erano spettinati ed appiccicati alla fronte sudata; aveva gli occhi gonfi e le labbra strette, ad evidenziare il suo stato d'animo.
Prese un'altra manciata d'acqua fresca, e questa volta la portò alla bocca; bevve a grandi sorsi, chiudendo gli occhi. Si chiedeva se sarebbe più riuscita a trovarlo, o se quel suo stupido errore avesse mandato a monte la sua unica possibilità.
Subito dopo aver recuperato le forze e la lucidità, riprese il cammino. I primi raggi nel mattino attraversavano pigri le chiome verdi degli alberi, senza però riuscire a scaldare l'aria, la quale risultava umida e fresca. Asya odiava quel posto, e sperava soltanto che sarebbe riuscita a trovare ancora Tim. Sapeva bene di non avere molto tempo, dato che non intendeva trascorrere un altra notte in quel bosco, tantomeno senza una torcia.
Risalì un pendio, camminando frettolosamente, finché giunta sulla cima non si fermò per guardarsi intorno; ormai aveva completamente perso l'orientamento, e non aveva la più pallida idea di dove si trovasse. Anche guardarsi intorno, tuttavia, era inutile: non riusciva a vedere altro che alberi. Quella zona verde che non era mai stata occupata da abitazioni si estendeva ler interi chilometri; una foresta popolata da flora verdeggiante che cresceva indisturbata.
-Maledizione- mugolò piegando la bocca all'ingiù. Era così disperata che avrebbe voluto mettersi a piangere; aveva perso di vista Tim, non aveva più con sé la torcia, e non sapeva neppure dove si trovasse.
Poi, d'un tratto, un disturbante fischio si propagò violentemente nella sua testa. Sapeva bene di cosa si trattava.
La ragazza si portò le mani alle tempie e le premette con forza, emettendo un lamento; quel suono, che era simile a quello che produce una radio quando non capta correttamente il segnale, era così forte da impedirle di sentire qualsiasi altro rumore attorno a sé. E fu proprio per questo, che non sentì i rapidi passi di Masky avvicinarsi.
Il ragazzo la afferrò per il collo con violenza e la sbatté contro il ruvido tronco di un albero, senza dire una sola parola. Sembrava comportarsi esattamente come un robot, che si limita ad eseguire il comando che gli viene imposto.
Asya emise un lamento soffocato; tentò di urlare, ma le dita di Tim erano strette così saldamente attorno alla sua gola da impedirglielo. I suoi occhi si riempirono di lacrime ed il suo viso divenne subito rosso, mentre tentava invano di sfuggire a quella presa.
Masky storse leggermente la testa di lato, e premette con maggiore forza la mano sulla sua vittima. La ragazza, ormai paonazza, si muoveva sempre meno; il suo corpo tentava disperatamente di inspirare ossigeno, ma la gola era completamente chiusa. Le forze la stavamo abbandonando, e la vista si era già fatta sfocata. Nonostante questo, riuscì a vedere l'uomo alto. Era immobile, proprio dietro a Tim, e la stava osservando, o almeno questo pareva.
La ragazza chiuse gli occhi. Stava per morire, ed ormai l'aveva capito. Mai avrebbe immaginato di finire così.
"Scusa, Tim" pensò, prima di rilassare di colpo ogni muscolo del suo corpo.

Masky - La fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora