Capitolo V - Cambiamenti.

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"A-ASPETTA!" gridai mentre gli corsi incontro.
Si voltò verso di me ed un dolce sorriso si fece spazio sul suo bellissimo viso illuminandomi.
Appena lo raggiunsi mi appoggiai con una mano al muro per riprendere fiato, ma senza distogliere lo sguardo dai suoi due pozzi profondi.
"Ehi! Non mi hai dato nemmeno il tempo di rispondere. E poi dalle nostre parti si dice che chi tace acconsente non il contrario, sai?" dissi tutto d'un fiato mostrando un lieve sorriso e mi sentii soddisfatta di me stessa per aver finalmente fatto uscire dalla mia bocca una frase di senso compiuto.
Sentendo le mie parole ridacchiò di gusto. "Beh, effettivamente sono arrivato a conclusioni affrettate, perdona la mia impazienza. Quindi mi dedicherai un po' del tuo tempo?" mi chiese socchiudendo leggermente gli occhi e continuando a sorridere serenamente, infondo sapeva già la risposta.
"Si certo, seguimi!" Detto questo mi feci largo tra i corridoi e lui camminò al mio fianco.
Gli feci vedere dov'era la sala da pranzo, l'ufficio del preside, i bagni, le varie aule diverse per ogni attività, la palestra, l'infermeria e la biblioteca, che tra l'altro era uno dei posti che amavo di più in quella scuola.
Quindi, gli mostrai ogni angolo dell'istituto, mentre lui non ne sembrava poi così interessato siccome non fece altro che fare domande su di me. Iniziò col chiedermi qualcosa riguardo la scuola per poi passare alla mia vita, ai miei interessi e così via. Una parte di me avrebbe voluto raccontare tante cose riguardo al mio conto, tante cose che però non sarebbero state vere.
Perché in effetti la mia vita era davvero noiosa. Tuttavia però, risposi a tutte le domande che mi fece senza pensarci troppo e non riuscivo a capire cosa lo spingesse a darmi ancora retta.
"Ma ora basta parlare di me, perché non mi dici qualcosa di te?" Anch'io ero curiosa di sapere qualcosa su di lui.
Ma alla mia domanda il suo languido sguardo s'incupì improvvisamente.
"Non c'è molto da sapere su di me." Scostò gli occhi dai miei guardando nel vuoto. In essi c'era un'insolita malinconia.
Rimasi incredula, possibile che ci fosse qualcuno che conducesse una vita più noiosa della mia? O forse la sua vita faceva semplicemente schifo da non volerne parlare. In ogni caso non me la sentii di insistere e passai oltre.
"Che ne dici se ci sediamo in sala a mangiare qualcosa?" non era solo una scusa per cambiare discorso, ero affamata.
***
Ci eravamo seduti ad un tavolo della sala pranzo, il mio compito era finito, quindi finalmente potevo concedermi un bel panino che mi ero portata da casa, avevo sempre fatto così, il cibo che passavano a scuola era immangiabile. Addentai il mio panino con prosciutto, provola e maionese, era squisito.
Lui invece si limitò a guardarmi. 
"Tu non mangi?" azzardai a chiedere.
"Non ho appetito" rispose lui pacato.
'Povero!' pensai. Sicuramente avrà  capito anche lui quanto faccia schifo la roba della mensa.
"Beh, in effetti con la roba schifosa che passano in questo posto, è facile perderlo" spiccicai una risatina mentre lui depose la sua guancia destra sulla mano rimanendo a guardarmi, quasi estasiato, come se fosse la prima volta che sentiva qualcuno ridere.
Pensandoci bene, era da tempo che non lo facevo e rimasi stupita di me stessa.
***
Erano le 14.55 e mancavano cinque minuti all'ultima campanella. Il tempo era praticamente volato, con Damon non avevamo fatto altro che parlare di svariati argomenti e c'eravamo anche aiutati a vicenda negli esercizi di matematica e chimica. Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo. Non ricordavo quasi più quanto fosse bello avere qualcuno con cui potersi confrontare.
Ogni persona in quella classe rimase perplessa nel vedermi socializzare con lui, specialmente le ragazze. Ma li per lì non badai molto alle loro reazioni, infondo non stavo facendo nulla di male, solo che era strano da parte mia, questo si.
Finalmente il dolce suono della campanella ci avvertì che l'ora era finita e che potevamo andarcene a casa allegramente.
Tutti si fiondarono fuori dalla scuola, come se fosse una gara a chi arriva primo in cortile.
Io e Damon eravamo gli unici rimasti a camminare in quei corridoi deserti, stavamo ancora parlando della lezione di matematica, stava finendo di spiegarmi una cosa riguardo un esercizio che non avevo capito.
Chiunque avrebbe potuto dire 'Domani te lo spiego' ma lui no. Sembrava come se non volesse davvero andarsene.
E a dirla tutta neanche io avrei voluto.
Ci ritrovammo fuori dove fummo colti da un vento gelido.
Iniziai a tremare, nemmeno il mio parka con l'interno in lana riusciva a proteggermi da quel freddo.
Damon sembrava stare bene invece, eppure non era vestito poi tanto pesante.
"Sei a piedi? Vuoi che ti dia un passaggio?"
interruppe i miei pensieri osservandomi attentamente.
Non riuscivo proprio a capire cosa pensasse mentre mi guardava, in quel momento mi ero completamente persa nei suoi occhi color mattone, erano talmente penetranti da farmi rabbrividire, ma non trasparivano emozioni.
In ogni caso esitai per un attimo, non sapevo se sarebbe stata la cosa giusta da fare, voglio dire, sarei salita in macchina con uno sconosciuto. Si, ok, ci avevo parlato e mi era anche piaciuto farlo, ma infondo di lui non sapevo nulla.
Poteva essere il peggior serial killer di tutti i tempi, o un maniaco sessuale.
O invece mi sarei potuta fidare?
"V-va bene, grazie!" Sbottai.
Fece un enorme sorriso e m'indicò la sua macchina.
Spalancai gli occhi.
"Quella è la tua macchina?" chiesi incredula.
Ero rimasta completamente a bocca aperta e lui lo aveva notato.
"Tranquilla, è rubata." disse sarcastico, o almeno credo. Ci risi su incerta. Avevo davanti agli occhi un'audi r8 nera in tutto il suo splendore, era la prima volta che ne vedevo una. E a pensarci meglio sarebbe stata anche la prima volta che ci salivo.
'Allora è questo che sei, un ladro!' pensai.
Ci dirigemmo verso quella macchina lussuosa.
Lui si avvicinò a me e con fare elegante mi aprì lo sportello invitandomi ad entrare. M'infilai in quella macchina mozzafiato, lui fece subito lo stesso e in pochi minuti fummo per strada.

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