Libero da nodi - Parte I

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Giorno -114, Parigi
Stéphane continuava a chiedersi che fine avesse fatto Rémy. Era venerdì, e il venerdì si incontravano sempre, non avevano mai mancato un appuntamento. E per di più era venerdì 17 luglio, l'anniversario del giorno in cui avevano fatto per la prima volta sesso insieme: non poteva dargli buca, non lui.
Continuava a misurare con i passi la lunghezza del suo appartamento sudicio, scavalcando di tanto in tanto mucchi di vestiti o cataloghi sull'Australia. Non voleva ammetterlo, ma era preoccupato che gli fosse successo qualcosa: non era normale che non venisse proprio quel giorno. Guardò con aria sconsolata l'ora ancora una volta, poi si decise e compose il numero del suo amante. Dava libero.
«Pronto?»
La voce di Rémy risuonò attraverso il telefono, chiara e sicura come sempre.
«Ehi, Rémy, dove accidenti sei?» gridò in risposta Stéphane.
«Sono al lavoro. Dove dovrei essere, scusa?» rispose l'altro, infastidito.
«A casa mia, per esempio».
«Te l'ho spiegato l'altro giorno che oggi non sarei potuto venire visto che il mio capo mi ha praticamente obbligato a fare straordinario! Ma mi ascolti quando parlo?»
Stéphane si diede mentalmente dello stupido: è vero, gliene aveva parlato. Questo non significava però che gliel'avrebbe data vinta. Sibilò quindi, assurdamente arrabbiato con il compagno: «Va bene, ok. Divertiti al lavoro» e chiuse la chiamata senza nemmeno salutarlo.
Si sedette sul letto, afferrò una delle guide turistiche sull'Australia e incominciò a sfogliarla rabbiosamente: c'erano immagini di luoghi paradisiaci, barriere coralline, natura incontaminata e poi città ultra-moderne dalle architetture spigolose e slanciate. Un Paese di contrasti, con il centro deserto e le coste al limite del sovrappopolato. L'Australia era un'isola buttata per caso in mezzo all'oceano, nata come luogo di detenzione e trasformatasi in una meta ambita da ogni turista che si rispetti. Era attratto da quel continente in un modo che non riusciva a spiegarsi: forse perché credeva che tutti gli uomini fossero isole, al contrario di Jon Bon Jovi, forse perché sapeva che Rémy vi aveva trascorso gran parte della sua adolescenza, forse perché era sempre stato incuriosito dalla lunga barriera di coralli che ne delimitava le coste sotto la superficie dell'acqua. Non sapeva con esattezza quale di quelle ipotesi fosse esatta, e forse erano semplicemente tutte corrette. Eppure in quel momento stava odiando quel continente ai confini del mondo e desiderava solo di non aver deciso, finalmente, di interessarsi a come raggiungerlo realmente.
Quello era un giorno speciale: avrebbe dovuto chiedere a Rémy se voleva tornare in quel luogo che conosceva così bene, ma questa volta insieme a lui e su una romantica barca a vela, e invece quello stronzo non si era presentato. Ma, d'altronde, si sa che non si può restare su un'isola per sempre: ogni tanto bisogna scendere sulla terraferma e rendersi conto che non tutto è bello e luccicante come potrebbe sembrare visto da lontano e illuminato dai raggi del sole .
Era una delle prime volte che tentava di compiere qualcosa che fosse gradito, gradito davvero, a Rémy, e non credeva che ci avrebbe più provato: voleva bene a quel ragazzo testardo, forse lo amava, però non sarebbe riuscito, ora, a proporgli quel viaggio. L'occasione era passata, e adesso avrebbe solamente voluto ritornare ad essere un'isola, un'egoista isola senza legami (1).****Era un giorno qualunque per Maurice, una di quelle solite giornate afose e calde che facevano passare la voglia di uscire dalla doccia, perennemente regolata affinché uscisse acqua gelida. Le scuole erano chiuse ormai da più di un mese e sentiva già la mancanza dei suoi bambini, come se fossero passati anni dall'ultima volta in cui li aveva visti e non poche settimane. E sentiva anche la mancanza di Aloïs che, ormai da tre giorni, non si faceva vivo. Non era colpa sua: era dovuto partire per una gara di nuoto, ed era assolutamente da lui evitare ogni contatto con la tecnologia quando era impegnato, figuriamoci quando c'erano in le selezioni alle nazionali di quella stagione! Tutto ciò però non toglieva che Maurice desiderasse più di ogni altra cosa rivederlo, e al più presto. Per fortuna sarebbe successo a breve: nel primo pomeriggio avrebbe avuto i suoi 200 metri stile – perché lui nuotava seulement freestyle (2) –, poi sarebbe tornato a casa e per le sei e mezza di sera massimo avrebbe potuto riabbracciarlo.
Maurice sorrise al pensiero della sua testa bagnata dall'acqua trasparente della piscina che, ritmicamente, si voltava a destra e a sinistra per la respirazione. E sorrise ancora più apertamente immaginandosi il compagno che, finita la sua gara, si sfilava gli occhialini e la cuffia e iniziava a scuotere il capo spargendo goccioline d'acqua ovunque. Non aveva mai capito a cosa gli servisse fare quel movimento, visto che alla fine l'unica cosa che otteneva era che i suoi capelli lisci si intrecciassero in un modo che, prima di conoscerlo, riteneva impossibile per un taglio così corto. Aveva passato ore intere a cercando di districare quei nodi con il pettine di legno dipinto che i bambini gli avevano regalato per il suo compleanno, e Aloïs si era fatto pettinare da lui con pazienza e rassegnazione, quasi come se Maurice si trattasse di una mamma.
Da quando si ricordava, Aloïs era sempre stato immerso in acqua: la prima volta in cui l'aveva incontrato era stata quando i loro genitori, che erano amici da tempo, avevano deciso di farli conoscere con la speranza di farli diventare, a loro volta, amici per la pelle. La cosa divertente era stata che, in realtà, all'inizio non erano andati particolarmente d'accordo: Aloïs aveva chiesto insistentemente a sua madre di portarli al parco acquatico, mentre Maurice... beh, Maurice non aveva ancora imparato a nuotare. Alla fine, quindi, avevano optato per un parco giochi qualsiasi, e Aloïs aveva tenuto per tutto il giorno il muso a quello che poi sarebbe diventato il suo migliore amico – e poi il suo amante –, e se n'era stato per conto suo sull'altalena. E quando, alla fine della giornata, Maurice gli aveva chiesto per l'ennesima volta di giocare con lui, Aloïs si era alzato e l'aveva preso per mano. Ma, se lui sperava che finalmente fosse riuscito a convincerlo a diventare suo amico, Aloïs, con una forza insospettabile per un bambino di otto anni con un aspetto così fragile, lo aveva sollevato e lo aveva gettato nella fontana che c'era al centro del parco, seguendolo anch'egli dopo poco con un piccolo salto. Com'era ovvio, Maurice si era spaventato tantissimo e si era messo a piangere, e solo sua mamma era riuscita a calmarlo, mentre Aloïs l'aveva guardato di sbieco quasi accusandolo per essere così incapace a stare a galla.
Ogni ricordo che il ragazzo aveva del suo compagno era legato all'acqua, in un modo o nell'altro, e niente e nessuno l'avrebbe mai allontanato da essa. Erano come due identità di natura separate ma che, per un motivo che ancora non comprendeva, diventavano tutt'uno. Ed era accaduto alle medie, quando aveva deciso di frequentare la piscina davanti a casa sua, era accaduto alle superiori, quando era stato descritto come un "fenomeno del nuoto" ed era entrato a far parte della squadra di agonismo vincendo anche numerose gare. Maurice non si stupiva che, alla fine, nuotare fosse diventato il suo lavoro, ciò che lo manteneva e lo rendeva felice e realizzato.
Eppure era sempre stata l'acqua a separarli, ogni volta: già dal loro primo incontro era stata lei a farli litigare e alle medie non potevano mai uscire o anche solo passare il pomeriggio insieme a studiare; alle superiori Maurice era stato il suo unico amico poiché, ad accompagnare la difficoltà di parlare col suo solito silenzio pesante e il viso inespressivo che, seppur bello, era decisamente glaciale, si aggiungeva il fatto che non poteva vedere nessuno fuori dall'orario scolastico a causa dei suoi continui impegni agonistici. Poi c'era stato quel terribile periodo in cui Aloïs era scomparso dalla vita di Maurice: per un anno intero – e forse per qualche mese in più – i due avevano completamente smesso di frequentarsi, creando un vuoto fra loro che si sarebbe colmato solo dopo alcuni mesi, mesi in cui Maurice aveva capito che il profondo affetto che provava per l'amico non era completamente disinteressato come aveva sempre pensato, ma che, al contrario, col tempo era diventato come affamato di qualcos'altro che non si riduceva alla semplice.
Era stato difficile per lui esternare i suoi sentimenti, non tanto perché aveva paura di essere rifiutato – anche se, lo ammetteva, il pensiero di poter rovinare nuovamente la sua con Aloïs lo terrorizzava –, ma quanto più perché l'aveva sempre ritenuto una sorta di asessuale. Non aveva mai avuto, per quanto ne sapesse, relazioni amorose con qualcuno, né donna né uomo, e non ne avevano nemmeno mai parlato. Non sembrava interessato all'amore, pareva che avesse invece deciso di legarsi sentimentalmente solo a una cosa: l'acqua. E invece, con quel suo solito silenzio a sigillargli le labbra, aveva colmato ogni distanza tra loro e l'aveva baciato sul letto di quell'albergo in Giappone. Era accaduto l'impensabile e, ancora ora, dopo più di un anno di distanza, si stupiva di poter dire che sì, proprio Aloïs era il suo petit ami.
Stava ancora sorridendo tra sé e sé a quei pensieri, quando il suo cellulare vibrò, segnalandogli l'arrivo di un messaggio. Era proprio di Aloïs: "Il treno è in ritardo di 20 minuti, e dicono che potrebbe accumularne altro durante il viaggio. Scusami, Maurice."
Rilesse più volte il messaggio e sospirò: pareva troppo bello per essere vero che, per una volta, riuscissero a vedersi esattamente il giorno e l'ora prestabiliti, senza ritardi o due di picche. Si gettò, sconsolato, sul letto matrimoniale e incominciò a pensare a un ristorante che stesse aperto abbastanza a lungo per permettere ad Aloïs di riposarsi, a Maurice di convincerlo a uscire e a entrambi di salutarsi, prima,per bene.



Continua...

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