{CAPITOLO 5}

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📝CAPITOLO 5📝 
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Passo la serata nel salone delle ragazze a parlare ovviamente di ragazzi, quando all'improvviso ricevo una chiamata, era di mio padre. Corro in corridoio e apro, comincio a piangere, mi sono preoccupata molto per lui, pensavo fosse morto o stato rapito, lo so sono psicopatica. Lui comincia a dirmi: "Mar! Mar! Ho un'ottima notizia! Non ho tempo per parlare ora, e scusa se non ho risposto ma ho lavorato 20/24 per 7 giorni, mi hanno dato una promozione, ci trasferiamo a Los Angeles, partiamo domani sera, fai le valige, passo a prenderti alle 19:00 davanti all'entrata del colleg, ti voglio bene amore mio" Spengo il telefono, non so se piangere o essere felice. Los Angeles e Ontario sono parecchio distanti, come farò a rivedere Brook? E tutte le altre persone a cui voglio bene, ma d'altronde dicono che ci sia uno dei colleg più belli al mondo a Los Angeles, ma è anche vero che è pieno di tempisti. Corro da Brook per avvertirla della notizia, poi mi ricordo della festa di fine anno, salterò la mia prima festa di fine anno, e l'abito? Come faccio a riportarlo? Ormai poche domande, mi diriggo in camera con gli occhi pieni di lacrime, non vedo nulla, è strutto sfocato dalle lacrime, metto dentro la valigia tutto quello che trovo, senza accorgermi di cosa sia, senza accorgermi di chi sia. Vestiti, libri, oggetti, souvenir, la mia manopola della play che non uso più, foto, quadri. Sono incazzata, non con mio padre, ma con il destino, fino ad oggi non ho mai creduto nel destino, ma ora lo odio e so che esiste. Mio padre non ha colpe, lui vuole solo che io viva felice, ha lavorato 20 ore al giorno, tutti i giorni, solo per me, si dico SOLO, perché a me importa solo che lui stia bene e non che noi siamo ricchi o poveri. Brook entra in camera e mi aiuta a liberare il letto dalla montagna di vestiti che lo ricopre, subito dopo l'abbraccio, nessuno mi è mai stata vicina come lei e pensare che dovrò dividermi da lei è un orrore. Ci infiliamo sotto le coperte calde e soffici per l'ultima volta insieme, le dico che ci rivedremo presto e che farò di tutto pur di poter stare ancora con lei. Passo la notte in bianco, guardo l'orologio e sono le 05:57, non mi ero mai sentita così male in tutta la mia vita, è come se la mia mente fosse vuota, l'ego andato a puttane e i miei occhi che quasi morivano "dissetati". 06:30 suona la sveglia, avevo appena chiuso occhio, ma tanto oggi non sarà un giornata dura, devo sole pulire aule e banchi e poi passare a prendere la pagella. Nulla di che, comincio alle 07:00 e finisco alle 14:00, passo a prendere la pagella alle 14:20 e mi preparo per partite, così ho fatto. Una giornata intera dedicata alle pulizie. Mi incammino verso l'ufficio del preside per avere la mia pagella, entro in una piccola stanzetta, la così detta "sala d'attesa". C'ero solo io, era imbarazzante, un tavolino con sopra un vaso di fiori, una lunga poltrona che ricopre quasi completamente il perimetro della stanza. La segretaria mi chiama e mi da il consenso di entrare. Sono faccia a faccia con il preside più crudele d'America. Mi chiede che cosa io volessi, e ancor prima di lasciarmi parlare mi dice: "so perché sei qui, vuoi la tua pagella, eccola" lo ringrazio ed esco, prendo coraggio e la apra.

La ragazza ribelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora