CAPITOLO 4 - Stop and stare.

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"Non si preoccupi, signorina Gonzalez." disse la Fold.
Quel cognome l'avevo già sentito e dopo averci pensato su qualche momento ed averlo associato alla persona, ci fu solo una cosa che pensai.
Una parola di grande significato, di cui nessuno a volte se ne cura, e, addirittura, certe volte preferiamo non dirla e la teniamo per noi.
-Cazzo.-
Ecco.
Fu l'unica cosa che pensai.

Mi ero dimenticato di Leslie quel giorno. In effetti, a me non entusiasmava molto l'idea di avere una terza sorella in casa.
Ashley, la maggiore e quindi la primogenita, era già abbastanza irritante. Ma i miei hanno voluto così. "L'abbiamo fatto per noi, ma anche per te, Zack. Tra poco più di un anno sarai tu ad andare in Italia. Dovresti ringraziarci", dicevano fieri i miei quando mi hanno comunicato la notizia.
Anche quando avevamo fatto una gita in barca, 7 anni fa, non ero tanto convinto di salire in barca per la prima volta senza esserci mai stato e dover affrontare un viaggio di due ore e mezza. Poco prima della partenza, mi dissero: "Sarà una bella esperienza. L'abbiamo fatto per noi, ma anche per te, Zack". Ed infatti, vomitai tutto il tempo, e scopii di soffrire di mal di mare. Da quel momento non mi fidavo molto delle varie decisioni prese a cavolo dei miei.

La Fold continuò dicendo a gran voce: "Stavo giusto dicendo alla classe che farai parte delle nostre lezioni per tutto l'anno scolastico.
Ragazzi, non la fissate troppo, la mettete in imbarazzo così."
Non mi ero accorto che, in effetti, tutti i miei compagni la stavano guardando.
Decisi di distogliere lo sguardo perché io stesso, in prima persona, odiavo essere fissato.

Guardai nuovamente la signora Fold e vidi che stava sorridendo gentilmente alla ragazza. Stava sorridendo a Leslie. Stava sorridendo a mia, ormai, sorella.

Leslie si avvicinò con passo felpato al centro della classe e, con suggerimento della FoldMayer, iniziò a presentarsi.

"Buongiorno a tutti. Mi chiamo Leslie Rebecca Gonzalez, ma potete benissimo chiamarmi Leslie, o Becca, o Gonza, se vi piace." Sorrise in preda all'imbarazzo e l'aula rieccheggiò ad alcune risate benevoli di alcuni ragazzi.
"Mi scuso già da ora per il mio accento, so che non è ottimo, ma spero di poter migliorare durante questa mia permanenza di 10 mesi qui, ad Oakland. Come avete già immaginato dalla mia maglietta che di certo per il suo colore non passerà inosservata, sono un'exchange student 2015-2016.
Vengo dall'Italia, ma ho discendeze spagnole ed irlandesi.
Da quanto ho visto, la città, la scuola, la casa, insomma, quasi tutto, è davvero diverso dal sistema italiano. Ma mi piace. E'... speciale. Davvero speciale."
A quella parola (che, se non si fosse ancora capito, è una tra le mie preferite) abozzai un leggero sorriso distogliendo lo sguardo da lei. Poi continuò, con un grande sorriso stampato in faccia:
"Non voglio annoiarvi troppo, credo di aver già detto tutto. In ogni caso, sappiate che sono contenta di essere qui e di restarci per tutto l'anno. Anche se non vi conosco, mi sembrate delle brave persone. E niente... Questo è quanto.
Grazie dell'ascolto."
Finito il discorso, si mise a sedere accanto ad Amy.
"Grazie a te per le belle parole, Leslie. Saremo felici di accoglierti qui. Spero che tu abbia una piacevole permanenza nella nostra scuola e, ancor di più, nella nostra città.
Adesso, tornando a noi, prima vi parlavo dello spettacolo teatrale che terremo alla fine dell'anno scolastico. Vi ho già detto che ho una grande idea in mente, e quando dico GRANDE, intendo IMPEGNATIVA. Per questo, per dare il meglio di noi stessi, inizieremo da oggi a vedere i copioni e, nel poco tempo che ci rimane, vedrò di assegnare delle parti ad alcuni di voi. Ah, un'ultima cosa." Disse mentre scese dal palco per distribuire i copioni a ciascuno di noi. "Non cercate la trama perché non è scritta nel copione. Vorrei che siate voi stessi, nel corso delle lezioni, a capire qual'è il vero significato dell'opera. Dovete solo interpretare. Interpretazione è questa: capire più o meno il contesto della situazione e tramutarlo in gioia, dolore, sentimento. La maggior parte di voi seguite questo corso dal primo anno, e dovreste ormai essere abbastanza grandi da capire di cosa tratta l'opera senza conoscerla. Pensate al copione come una persona: la giudicate, per come si veste, per come parla, per come si muove. È meglio che iniziate ad essere critici anche dal punto di vista teatrale."

Detto questo, ci mettemmo in piedi.

Datomi il copione, lessi il titolo:
"The Dark One."
Non sarebbe dovuto essere così male.
D'altronde, per me, finché recitavo, qualsiasi cosa andava bene.
I personaggi erano 12: lo stesso numero degli alunni della classe di teatro.
"Jones."

Udii il tono serio della voce della FoldMayer proprio dietro di me e, sorpreso, sussultai.
"Sì, Mrs. FoldMayer?"
"Sei un bel ragazzo."
"Ehm... Oh, grazie..."
Prima che riuscissi a capire cosa in realtà stava per dirmi, mi diete un colpetto in testa con il copione che aveva in mano e poi sorrise per un attimo.
"Intendo che potresti benissimo fare il protagonista. Che te ne pare? Egli è un giovane ragazzo, bello, ma il fatto è che è molto povero e... Oh cielo, non ti voglio svelare la trama. Insomma. Che te ne pare del ruolo? Ti piace, vero? Sì? Perfetto. La parte è tua."
Senza neanche aver consultato cosa ne pensassi o meno, girò i tacchi per andarsene, ma poi ritornò nella mia direzione e mi disse, quasi sussurrando: "Oh, e il ruolo tuo e di Leslie sono gli unici assegnati fin'ora. Lei sarà la co-protagonista. Non male per l'inizio di un nuovo ed ultimo anno scolastico, non ti pare?"
Mi fece l'occhiolino e, ammutolito, la guardai andare sopra il palco per sistemare ancora alcune cose che aveva in borsa.
Sentii una voce ridere non molto lontana da me: era quella di Amy, che stava conversando con Leslie. Anche lei rideva. Dovevo ammettere che aveva un sorriso davvero bellissimo. Anzi, speciale.
Non mi sono reso conto che la stavo guardando piuttosto intensamente fin quando anche lei spostò lo sguardo da Amy a me, ancora sorridendo.

Incrociai il suo sguardo per la prima volta e Dio, non mi ero ancora reso conto di quanto fosse bella. Ma non bella del tipo "occhi azzurri e grandi, ciglia folte, pelle perfetta, naso a punta, labbra perfettamente rosee, capelli liscissimi o di un riccio perfetto". No. Questa non è bellezza esteriore. Bellezza è amare le imperfezioni.
La persona più bella del mondo è quella che riesce a sorridere davanti lo specchio pur non essendo perfetta.
E lei non era perfetta. Ma quelle imperfezioni su di lei cadevano benissimo.
Gli occhi castano chiaro, alla luce della finestra quasi verde smeraldo, incrociarono i miei azzurro oceano. I suoi capelli poco più sopra del
gomito, ondulati, davano un'immagine giovane e sincera di lei. Ma non mi importò molto di queste cose. Piuttosto, mi colpì il modo in cui continuò a sorridere guardandomi, e, ancor di più, proprio il suo modo di
guardarmi. Quello sguardo mi provocò un balzo al cuore, sentii qualcosa di strano allo stomaco. Credo che nessuno mi abbia mai guardato in modo così sincero e genuino in tutta la mia vita.
Cavolo, pensai. Quello si che è un sorriso speciale. Uno sguardo speciale. E cavolo, questo sì che, come avevo sentito la mattina stessa, sarà un anno davvero speciale.

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