CAPITOLO 5 - That look in your eyes made me feel like Paradise.

22 4 0
                                    

Decisi di prendere un colpo di coraggio ed iniziare a parlarle, finalmente.
Erano le tre e mezzo.
Quindi era quasi l'orario di fine lezioni.
Era l'ora di andare a casa.
Ed io ero stranamente nervoso.

Iniziai ad incamminarmi verso il suo armadietto.
Stava parlando con la Signora Burkle, una delle segretarie della scuola.
Intanto stavo attraversando lentamente il corridoio con gli studenti che andavano avanti ed indietro per le aule, per i corridoi, per i bagni. Ovunque, insomma.
Ed avrebbe fatto un po' senso pensare che, tra circa 9 mesi, non avrei più sentito quel vocio che si veniva a creare ogni volta al cambio delle lezioni.
"Ultimo anno."

La osservavo da lontano, e pensavo "Zack. Coraggio. Ok, non hai esperienza con le ragazze. È vero. Ma devi pensare a lei come tua sorella, ormai. Dovrai parlarci per 10 mesi partendo da oggi."

Mancavano pochissimi passi per arrivare a lei.

"Mi bloccherò.", pensai.

Quattro passi.

"Ma perché mi sto facendo tutti questi film mentali?"

Tre passi.

"Aiuto."

Due passi.

La Burkle stava parlando in modo lento e conciso, in modo tale che Becca (abituatevi, chiamerò Leslie in tanti modi) potesse capire tutto.
La segretaria finì di dire le ultime cose riguardo la gestione dell'orario delle lezioni e del suo armadietto.
Mi salutò con un cenno della testa, ed io ricambiai.

Un passo.

La Burkle se ne andò.

E, ovviamente, proprio quando mi trovo davanti a Leslie, mi viene in mente il suo sguardo. Quello che mi aveva folgorato poche ore fa.
"Oddio, ma che esagerato!", penserete.
Eh, beh, forse un po' lo sono. Va bene.
Ma insomma, non ci credo che nessuno di voi, anzi, nessuno di questo mondo in generale, non abbia mai ricevuto uno sguardo da qualcuno, uno sguardo che gli abbia attraversato l'anima, che abbia sentito una strana sensazione dopo, e che dopo abbia pensato a ciò che uno sguardo poteva causare, e che può anche condizionare il suo umore durante tutta la giornata.

Pensateci.
Pensate a degli occhi che incrociano altri occhi, ognuno con la sua storia, ognuno con un linguaggio diverso.

Conoscente, non conoscente, non importa.

A che servono le parole, quando hai degli occhi che guardano solo te?

"Ehi, ciao. Tu sei nella mia lezione di teatro, vero?"
Rieccolo, quell'accento che solo chi è italiano e parla inglese può avere.
E rieccola, quella voce, dolce, quasi flebile, ma chiara, potente. Timida, ma confidenziale ed amichevole allo stesso tempo.
Buffo, no?
In realtà no. È contrastante... È speciale...

Dopo praticamente 78 ere gelogiche decisi di tornare alla realtà.
La situazione si era praticamente ribaltata: fu lei che, anche se un po' timorosa ma comunque sicura, iniziò a parlarmi.

"Ehi, sì, ecco... sono nella tua classe di teatro. Tu sei... Leslie?"

Al suo nome pronunciato dalle mie labbra, sorrise leggermente e, sempre mantenendo il sorriso, mi rispose:
"Sì, sono io, davvero tanto piacere. Tu sei..."
-Un complesso ritardato timido che sembra una donnetta i primi giorni del ciclo?-
Pensai.
"...Zack, me ne ha parlato Amy prima."
"Davvero?" Pronunciai in tono sorpreso.
"Sì, davvero."
Sorrisi.
"In realtà..."
Fece una piccola pausa per trovare le parole giuste.
"In realtà, si è presentata, poi ha puntato un dito su di te, che eri in lontananza, dicendomi di ascoltarla. E mi ha detto "lo vedi quello lì? Bene. Quello è il mio miglior amico. Ma è anche un complesso ritardato timido che sembra una donnetta i primi giorni del ciclo. Ma non preoccuparti, non sarà così quando lo conoscerai."
Poi è suonata la campanella e... Insomma, tutto qui. Perdona il mio inglese."
A quelle parole non potetti che ridere. Di amarezza, perché magari era vero ciò che disse su di me, ma risi.

-Caspita! Che disinvolta questa Leslie!-
Sì. Lo pensai anche io. Ma poi mi resi conto che Leslie è qualcosa di insolito. Qualcosa che non si può trovare più in giro. È qualcosa che non si può spiegare.

La persona che si ha amato per tutta la vita è qualcosa di raro, se non unico.
Non è altro che, come per un musicista, la parola mancante di una canzone che sarebbe servita per renderla perfetta; è, per chi poi ascolterà la canzone, le parole che entrano nel cuore e non usciranno più.
L'amore è la tua canzone preferita.
Ecco cos'è.

Continuammo a parlare (prettamente della scuola e della città in generale) anche in autobus.
Quando le dissi che il mio cognome era Jones, sbarrò gli occhi e aprì la bocca in segno di sorpresa.
"Jones? Il figlio di Luke e Lisa Jones? Il mio fratellastro? Sapevo che ti avrei conosciuto qui, a scuola. Avevo questa sensazione fin dai primi giorni in cui venni a sapere che avrei avuto un fratello.
Vedi, in realtà dovevo iniziare domani il mio primo giorno di scuola. Oggi dovevo arrivare ad Oakland verso l'una di pomeriggio. Siamo partiti in anticipo, così hanno avvisato le famiglie ed i tuoi sono venuti a prendermi all'aeroporto. Dall'aeroporto mi portarono a scuola. Secondo quelli dell'agenzia, "prima avrei iniziato, meglio sarebbe stato".
Non ho neanche avuto il tempo di cambiarmi.
I tuoi, comunque, sembrano davvero fantastici, mi piacciono davvero tanto."

Sembrava contenta. Ed io lo ero pure. Ero contento di aver trovato un'amica così, di aver trovato lei, di aver trovato Leslie Rebecca Gonzalez.
Ero contento che fossi lì, ad Oakland.
Ed è la stessa cosa che mi disse lei quando, arrivati a casa e portatola nella sua nuova camera, si sdraiò sul letto.
"Sono contenta di essere qui", disse, guardando intorno la stanza con la bocca semi aperta in segno di stupore e meraviglia allo stesso tempo.
A mia volta sedetti sul letto, accanto a lei.
La guardai.
"Anche io.", dissi.

365 days ☆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora