- Sapete perché sono qui?- Le parole di Daniel risuonarono nella grande sala.
- Sono venuto per decidere il vostro futuro.
Come ebbe parlato, si chiese che cosa avrebbe fatto di tutte quelle femmine.Daniel Douglas, settimo conte di Chantry, era uno splendido giovanotto dal portamento marziale, con i capelli biondo grano dei suoi antenati sassoni e gli occhi neri come carbone. Tutto vestito di nero a causa della morte di suo padre, passeggiava avanti e indietro nel vasto salone nel castello di Knocktigh, un'imponente costruzione annidata fra le colline, osservando le otto signorine sedute su una fila di rigidi scranni con la testa china e le mani compuntamente intrecciate in grembo.
Quelle signorine erano le sue sorelle ma, nei suoi ventisei anni di vita, Daniel le aveva viste pochissime volte.
Se non fosse stato per l'inaspettata richiesta di suo padre in punto di morte, dell'uomo che aveva ammirato più di ogni altro. Daniel si sarebbe ben guardato dall'andare in quella sperduta località presso la cittadina di Cornhill-on-Tweed, cinquecento miglia a nord di Londra.Nemmeno per idea! Specialmente in quel gelido mese di marzo, con un ventaccio che penetrava fin nelle ossa e un cielo corrucciato che sembrava aspettare soltanto di riversare l'ennesimo scroscio di pioggia.
A poca distanza, il signor James Pettigrew, uno spilungone dinoccolato che per diciotto anni era stato il segretario del defunto Conte, scrutó con ansia il volto del suo giovane padrone cercando un qualsiasi indizio che gli rivelasse i suoi pensieri. Poco dopo il loro arrivo, l'anziana governante aveva dato a lord Chantry la lista dei nomi e dell'anno di nascita delle sue sorelle, ma il Conte era così preoccupato che non l'aveva degnata di un'occhiata.
- Che cos'ho fatto, signor Pettigrew, per meritarmi questo scherzo del destino?- si era lamentato. - I tempi dei romantici cavalieri con un'armatura scintillante sono finiti ormai da un pezzo.
Daniel aveva passato gli ultimi sei anni di vita sul continente combattendo per la patria, per il re e per rimanere in vita. Appena avevano sconfitto Napoleone a Waterloo, aveva ricevuto il permesso di tornare a Londra. Non per festeggiare la vittoria con i suoi colleghi ufficiali, ma per piangere la morte di suo padre, lord Chantry, il sesto Conte, uno degli uomini più ricchi d'Inghilterra, abilissimo diplomatico, amico intimo e fidato consigliere di Sua Maestà re Giorgio III.
Smise bruscamente di passeggiare. Vedeva solo le teste chine delle ragazze. Se non le avesse incontrate un'ora prima, quando era arrivato, adesso Daniel avrebbe potuto sospettare che fossero prive di naso o di mento. Portavano vestiti scuri come se fossero ancora in lutto stretto, benché fossero passati nove mesi dal triste evento. Da quello che lui aveva visto, le sue sorelle erano tutt'altro che brutte, ma lo aveva colpito la loro timidezza, la loro tendenza a sfuggire il suo sguardo. Forse lo credevano un orco venuto a divorarle?
Nel profondo silenzio, Daniel si schiarí la voce e le osservò una per una. Represse un'imprecazione quando le vide intrecciare le dita ancora più strettamente e continuare a fissarle. Da quando era arrivato,pensò corrugando la fronte, non era riuscito a cavar loro più di dieci parole. Aveva fatto il possibile per essere gentile, anche se sorridere gli costava un certo sforzo.
Sapevano del suo arrivo, perché le aveva avvisate con una lettera.
Per la verità era perfino arrivato con un giorno di anticipo. La puntualità era di primaria importanza nella classifica dei valori di Daniel.
- Sul letto di morte, mio padre...
Il signor Pettigrew tossicchió discretamente.
Soltanto un occhio esperto avrebbe notato Daniel stringere leggermente i denti prima di corregersi.
- Sul suo letto di morte, nostro padre mi ha scritto una lettera dichiarandosi dispiaciuto per non aver mantenuto una promessa che aveva fatto parecchi anni fa.
Il giovane Conte tacque un momento poi continuò :- Aveva promesso che ognuna delle mie sorelle, una volta raggiunta l'età giusta, avrebbe debuttato in società a Londra.
Una serie di colpetti di tosse lo indusse a voltarsi.
- Che cosa c'è, signor Pettigrew?
- Mi scusi, milord, ma credo che suo padre abbia detto "le mie figlie".
Nel corso degli ultimi mesi Daniel aveva scoperto che il signor Pettigrew non era soltanto un fedele impiegato, ma anche un maniaco della precisione.
- È lo stesso, no?- replicò inarcando un sopracciglio. - Le figlie di mio padre sono anche le mie sorelle.
Nonostante i suoi modi ossequiosi, il signor Pettigrew era testardo come un mulo.
- Mi scusi milord, ma lei ha detto che suo padre ha detto sorelle, mentre ricordo che ha detto figlie.
- Grazie, signor Pettigrew. Certo, con ogni probabilità ha ragione. Lei c'era, io no.
Daniel si volse in tempo per vedere le ragazze scambiarsi occhiate furtive. Ben presto avrebbero notato anche le loro espressioni scettiche, quando le aveva informate che il padre aveva promesso di offrire loro una stagione mondana a Londra. Ma come si erano accorte che lui le guardava, avevano riassunto la consueta apparenza docile.
Non avrebbe voluto spaventarle, ma faticava a scordare di essere il Maggiore Durham, aiutante di campo del Duca di Wellington, per calarsi nella parte di gran lunga meno militaresca del Conte di Chantry. Tuttavia si sentiva in dovere di spiegare alle sorelle perché il loro padre non aveva potuto mantenere la promessa.
- Il Conte era molto occupato -disse in difesa dell'uomo che aveva sempre considerato come un modello. - Anteponeva il dovere a tutto il resto. Durante la guerra, il governo lo ha sovraccaricato di responsabilità... il congresso di Vienna, il trattato di Amiens e così via. Come vostro fratello e ora capo della famiglia, sono ovviamente tenuto a mantenere le sue promesse. Nostro padre desiderava... e considero ogni suo desiderio come un ordine... che ognuna delle sue figlie, ossia delle mie sorelle, debuttasse in società a Londra.
Il signor Pettigrew annuì con entusiasmo. Mentre si complimentava con se stesso per il fatto che almeno una persona, in quella stanza, avesse apprezzato la sua volontà di comportarsi da uomo d'onore, all'improvviso Daniel ebbe un tuffo al cuore. Santo cielo, otto sorelle!
Alla fine della guerra Daniel aveva pensato di tornare in Inghilterra, dimettersi dall'esercito e gustare le delizie di Londra. E magari guardarsi intorno in cerca di una moglie, poiché era tempo che pensasse a produrre il prossimo erede della dinastia Durham. Ma nessuno sapeva in quali condizioni si sarebbe trovato dopo aver sistemato tutte le sue sorelle, perché suo padre gli aveva assegnato la responsabilità di accasarle. Non soltanto doveva provvedere alla loro presentazione a corte, ma anche al matrimonio.
Al pensiero delle possibili complicazioni, osservò meglio le ragazze. Si ricordava soltanto delle maggiori, Ruth e Rebecca. Eseguí un rapido calcolo mentale. Erano nate quando lui aveva sei anni, quindi ora dovevano averne venti... e di solito, a quell'età, le signorine avevano già debuttato da un pezzo.
Si acciglió un poco mentre consultava la lista. Confrontando le date di nascita, fece una scoperta interessante: sembrava che suo padre avesse generato quattro coppie di gemelle. All'idea di poterle presentare due alla volta, Daniel fu pervaso da un senso di euforia e per poco non si mise a gridare per la felicità.
Quattro coppie di gemelle, quattro debutti, quattro anni per trovar loro marito. Così avrebbe sbrigato la sua incombenza in quattro anni, non in otto. Passò con sollievo alle due successive della lista: Georgette e Winifred, entrambe diciannovenni. Poi Antoinette e Babette, di diciotto. Le ultime due erano Margaret e Mary, diciassettenni.
Rassicutato dalla prospettiva di ridurre la campagna a metà, alzò lo sguardo e cercò di riconoscere le coppie dal colore dei capelli, ma dovette arrendersi quasi subito: c'erano capelli neri, rossi, biondi, e una ragazza castana che sembrava reprimere una risata ogni volta che lui parlava. Di chi era gemella? Daniel strinse i denti.
- Non siete in ordine, - latró.- Come posso identificarvi, se non vi conformate alla lista del signor Pettigrew?
Il settimo lord Chantry stava scoprendo che non era facile perdere in pochi minuti le abitudini prese nel corso di una vita. Dapprima come convittore in un severissimo collegio, poi all'università e finalmente come ufficiale, era sempre vissuto all'insegna dell'ordine e della disciplina. Ignorando i messaggi cje il signor Pettigrew cercava disperatamente di mandargli con frenetici movimenti di sopracciglia, scattò sull'attenti, batté sonoramente i tacchi e tuonó:
- Disponetevi in ordine di età. Presto!
Le ragazze si alzarono in perfetta sintonia e si scambiarono di posto con precisione militaresca. Daniel le guardò con stupore non senza una cerya ammirazione. Quando furono tutte ai loro posti con le mani in grembo e la testa china come poco prima, Daniel si sentí più incline a considerare le sue sorelle con benevolenza. Per quanto eccessivamente timide, sembravano docili e obbedienti. Un generoso sorriso gli illuminò il volto, che parve assai bello a chiunque si arrischiasse a sbirciarlo.
- Ah, così va bene, - approvò marciando lungo la fila come un sergente che passasse in rassegna la truppa. Ruth e Rebecca, con i loro capelli biondi, ora si trovavano ai primi due posti.
- Lady Georgette? - chiese alla bruna bellezza seduta sulla terza sedia.
Lei annuì guardandolo da sotto le lunghe ciglia.
- E lady Winifred, - continuò, rivilgendosi ai riccioli castani.
Entrambe diciannovenni, notò dando un'occhiata dalla lista del signor Pettigrew. Non sembravano gemelle identiche, così non avrebbe faticato a distinguerle. Ma quando giunse alle due sedie successive, incappó in un altro problema. Le diciottenni Babette e Antoinette assomigliavano a tal punto a Georgette che le si sarebbe potute credere gemelle triple.
Daniel ricordò il giorno in cui suo padre era comparso improvvisamente ad Harrow, soltanto tre mesi dopo la morte di sua madre, per presentare la bruna contessa francese che aveva sposato in seconde nozze.
Oltrepassó le bellezze brune e finalmente giinse alle lentigginose rosse diciassettenni, Margaret e Mary, certamente figlie dell'ultima contessa e terza moglie, la vedova scozzese che, diceva il signor Pettigrew, aveva cresciuto le otto ragazze come fossero tutte figlie sue per quattro anni prima.
Secondo la lista, Mary e Margaret erano le minori, ma la loro femminilità, che si manifestava in modo assai appariscente, le faceva apparire maggiori delle loro sorelle meno curvilinee. Daniel non indugió a pensare ai problemi che tale esuberanza avrebbe potuto procurargli in futuro, perché si sentiva troppo soddisfatto per aver stabilito una parvenza di ordine.
- Bene,- proclamò in tono più gentile. -Dato che lady Ruth e lady Rebecca sono le maggiori, le porterò a Londra per prime.
Non rilevando nessun apparente cambiamento nel comportamento delle ragazze, nessun delicato rossore, nessun battito di ciglia, Daniel le osservò con gli occhi socchiusi. Aveva sempre creduto che ogni signorina sognasse di debuttare nel bel mondo. Un vago senso di disagio lo avvisó che forse gli sarebbe convenuto mobilitare le sue difese.
Indugió un momento a guardarsi intorno nel vasto salone dell'antica dimora e la sua attenzione fu catturata dalla vista del fiume Tweed da una delle alte finestre orientate verso nord. A un certo tratto fu assalito da un pensiero angoscioso: se avrebbe dovuto lasciare le altre sei senza sorveglianza cinquecento chilometri a nord, in un enerme casa fredda come la Siberia e servita soltanto da una sparuto drappello di anziani domestici.
No, era una situazione inaccettabile. Inoltre era rimasto all'estero per troppo tempo e aveva perso i contatti con la gente di Londra. Non conosceva nessuna signora fidata che potesse sorvegliare le ragazze. Vide le sopracciglia del signor Pettigrew segnalargli di sbrigarsi e smise bruscamente di passeggiare davanti alle sue sorelle.
- Ho deciso di portarvi a Londra con me e offrire a tutte voi la stagione mondana di quest'anno, - annunciò d'impulso.
Se non un'ovazione, si era aspettato almeno qualche esclamazione di gioia, ma il suo annuncio fu accolto da un silenzio di tomba. Per la verità gli parve di sentire una risatina, ma ritenne di essersi sbagliato.
Era molto strano, pensò. Si era aspettato più entusiasmo per il suo progetto. Tuttavia, poiché le sue sorelle non obiettavano, si sentì autorizzato a ritenere che acconsentissero. All'esterno la luce cominciava a svanire. Presto la giornata sarebbe finita e Daniel voleva concludere il colloquio al più presto.
- Vi dirò il resto stasera a cena. Voglio partire subito per Londra. Nulla si mosse... non un dito, non unpiedino, nemmeno un capello.
- Ceneremo alle otto,- dichiarò Daniel.
Gli rispose soltanto lo scoppiettio del fuoco nel caminetto. Si chiese se avesse commesso un errore. Per quanto cercasse di stimolare il loro intetesse, le sue sorelle non manifestavano nessun entusiasmo. Forse si aspettabvano che dicesse qualcosa di più, ma lui non sapeva che cosa. Era la prima volta che si ritrovava a trattare con delle sorelle minori.
- Rompete le righe.- ordinò marzialmente. Il signor Pettigrew alzò gli occhi al cielo e rivolse al Signore una silenziosa preghiera. Le otto ragazze si alzarono in perfetta sintonia e sfilarono verso lo scalone. Daniel cominciò a dubitare della validità del suo piano. Per quanto fossero ricche e graziose, forse le sue sorelle erano troppo timide e provinciali per attrarre pretendenti degni di loro. In ogni caso rinunciò di lasciarsi scoraggiare.
- Ho guidato in battaglia un reggimento di ottocento uomini, signor Pettigrew. Che difficoltà potrei avere a presentare in società otto ragazze belle, docili e obbedienti come le mie sorelle ?
- Temo che lo scoprirà presto, milord. Non ho mai visto nessuno cercare di accasare così tante signorine in una volta.
- Sciocchezze! - esclamò Daniel stropicciandosi le mani per scaldarsele mentre si scopriva impaziente di combattere quella particolare battaglia.
- Non abbia paura, signor Pettigrew, faremo i piani durante il viaggio di ritorno a Londra.
- Ha parlato al plurale , milord?- chiese il segretario.
- Si, signor Pettigrew. Mi occorre un aiutante per questa manovra. Non vuole darmi una mano per trovare marito alle signorine?
- Mi sta chiedendo di aiutarla, milord?- domandò il signor Pettigrew inarcando le sopracciglia. - Crede che ne sarei capace?
- Sicuro - rispose Daniel senza esitare.
In fin dei conti sono mancato dall'Inghilterra per molto tempo. So disegnare un campo di battaglia, ma ho bisogno di qualcuno che conosca il terreno. Conto su di lei per apprendere le usanze della società londinese. Le mie sorelle devono debuttare nel modo più appropriato. -
Quando l'ultima signorina fu sparita sulle scale, il Conte aggiunse: - Credo proprio che riusciremo ad accasarle entro la fine dell'anno.
Il signor Pettigrew, tredicesimo figlio di un barone deceduto, aveva dovuto affrontare ben presto il problema di doversi guadagnare la vita. Dopo aver servito fedelmente il sesto Conte di Chantry, era pronto a fare altrettanto per il settimo.
- Certamente, milord, farò del mio meglio.- promise battendo i tacchi.
Ruth e Rebecca, Georgette e Winifred, Antoinette e Babette, Margaret e Mary salirono silenziosamente le scale, percorsero il lungo corridoio ed entrarono in una vasta camera. Come l'ultima ebbe varcato la soglia e richiuso la massiccia porta di quercia, le otto ragazze cacciarono strilli di gioia e si sbellicarono dal ridere. Ruth e Rebecca si abbracciarono, Babette e Antoinette si presero le mani e improvvisarono un pazzo girotondo, Margaret tirò i capelli a Mary.
- Ce l'abbiamo fatta! Ce l'abbiamo fatta!
- C'è cascato, Winifred - gridò Georgette piroettando per la stanza. - Il tuo piano è riuscito! Lord Chantry ti crede sua sorella. Hai sentito? Ci porterà a Londra tutte e otto! Che cosa avremmo fatto, se fossi rimasta qui?
Winifred incroció le braccia e sporse le labbra.
- E me lo chiedi? Non vi sareste divertite per niente!