Capitolo 4

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- Londra! Londra! Winifred, siamo a Londra - esclamò Mary schiacciando il naso contro il finestrino della carrozza per guardare fuori.
- Hai ragione. Siamo arrivate - disse allegramente Winifred.
Poi tacque mentre s'inoltravano nella città. Il traffico divenne più intenso, le vie più strette; carrozze, calessi, carretti, fiacre, birocci e pedoni si disputavano ogni centimetro di spazio. Quella era la magica città di cui aveva parlato la mamma, il luogo in cui nonna Eizel voleva che debuttassero in società; e in quel momento il conte di Chantry cavalcava presso di loro, splendido in sella al suo destriero grigio. Mentre lo ammirava dal finestrino della carrozza, Winifred si scordò per vari minuti di guardare altrove. Le parve di risentire le parole di nonna Eizel: "Dovrai osservare il giovane lord, bambina. Impara a riconoscere le sue abitudini, i suoi interessi, i suoi umori...". Le stava soltanto obbedendo, pensò con un sorriso e un sospiro. In quel caso non aveva nessuna difficoltà a obbedire. Il fratello delle sue sorelle era senza dubbio assai attraente.
La sera precedente, al Cinghiale Azzurro, lord Chantry aveva aspettato che finissero di cenare, quindi aveva annunciato che si trovavano solamente a mezza giornata di viaggio da Londra. Winifred e le altre ragazze avevano stentato a contenere la loro eccitazione prima di ritirarsi nelle loro stanze. Quella notte le sorelle avevano dormito pochissimo e il mattino seguente avevano finito di prepararsi venti minuti prima che il signor Pettigrew bussasse alle loro porte per avvisarle che la colazione le aspettava nel salottino privato e che il cocchiere era venuto a prendere i loro bagagli.
Avevano mangiato in fretta e ora si apprestavano a vedere la casa in cui mamma Gilliane aveva abitato presso il Tamigi.
- Oh!
Il grido eruppe dalle prime due carrozze mentre si avvicinavano alle colonne del portico. La casa era magnifica come se l'erano immaginata... e anche di più. Terrace Palace era un maestoso palazzo all'estremità occidentale dello Strand. Il signor Pettigrew le aveva informate che comprendeva un centinaio di stanze. Il sesto conte di Chantry l'aveva comprato come regalo di nozze per la sua seconda moglie, la madre di Georgette, Babette e Antoinette. Era là che mamma Gilliane aveva abitato per qualche tempo, prima di trasferirsi al Nord.
Anche Ruth e Rebecca vi avevano abitato da piccole, dopo aver lasciato Durham Hall, nell' Oxfordshire, ma ovviamente non ricordavano nulla perché a quell'epoca avevano soltanto un anno. Nell'ultima carrozza, il signor Pettigrew si preparava a scendere.
Tilbury avrebbe continuato con i bagagli di lord Chantry fino all'appartamento di Albany: là avrebbe aspettato che il Conte finisse di sistemare le signorine.
- Lord Chantry ha già parlato alle sue sorelle della signora Vervaine?- domandò il valletto.
Il segretario rimase in silenzio per un lungo momento.
- Si - rispose finalmente con un lieve tremito nella voce.
- L'ho sentito dire loro che le avrebbe affidate alle sue cure e che dovranno obbedirle in tutto e per tutto.
- Le sembra una buona idea? In fin dei conti bisogna considerare l'autorità di Butterwhorth e Williams.
- Ma a chi obbediscono quei signori, Tilbury?
Il valletto rimase in silenzio. Quel giorno il signor Pettigrew sarebbe entrato dal portone principale, come faceva da quando il suo giovane padrone era diventato Conte. Quando serviva il precedente lord Chantry, gli era toccato un trattamento molto diverso. A quell'epoca il signor Pettigrew aveva occupato una stanzetta al secondo piano dell'ala orientale di Terrace Palace, così doveva entrare dalla porta di servizio e salire quattro rampe di scale. Quando il Maggiore Daniel Durham era tornato in patria per prendere il posto di suo padre, il signor Pettigrew gli aveva detto che era soddisfatto del suo alloggio.
- Allora non vedo perché dovrebbe cambiare - aveva dichiarato il nuovo Conte.
- Per quanto mi riguarda, non ho nessuna voglia di vagare in questo mausoleo e preferisco abitare nell'appartamento di Albany. Se vuole, potrà restare in quella stanza, ma insisto perché occupi anche quella adiacente. Così avrà più spazio.
- Grazie, milord - aveva detto il signor Pettigrew.
In effetti la sua collezione di conchiglie stava cominciando a diventare ingombrante, a parte il fatto che avrebbe voluto esercitarsi maggiormente nell'arte dell'acquerello e nella stanza accanto c'era una finestra che gli avrebbe procurato la luce ideale.
Ora il signor Pettigrew temeva che, anche se avesse abitato in un'altra ala, la sua tranquilla esistenza avrebbe rischiato di venire sconvolta dall'arrivo delle otto signorine a Terrace Palace. Ma dove poteva andare, a meno che non avesse trovato una stanza in affitto? E l'affitto gli sarebbe costato più di quanto si potesse permettere. Per il momento poteva mandare gran parte del suo stipendio a sua madre nel Sussex, affinché lei potesse conservare la piccola tenuta che costituiva tutto il suo patrimonio.
Appena gli sportelli delle tre carrozze furono aperti da valletti in sontuose livree, i passeggeri scesero nel cortile di Terrace Palace. Daniel era smontato di sella e aspettava di condurre le sue sorelle sulla gradinata d'ingresso della grande dimora.
- Ben tornato a Londra, milord - auguró un giovane alto e snello impeccabilmente vestito di nero.
- Grazie, Beetleworth - disse Daniel guardando lo spilungone che, solamente sei anni prima, era stato il galoppino di casa.
- Siamo onorati per il fatto che abbia deciso di portare la sua famiglia a Londra - dichiarò il baffuto ometto di mezza età alla destra del Conte, cercando di capire quali di quelle signorine fossero le padrone e quali le domestiche.
- Grazie, Williams - disse Daniel all'amministratore. - Sono contento di essere tornato -
Mentre Beetleworth prendeva in consegna il cappello e il cappotto del Conte, le ragazze entrarono in casa. Le cameriere in cuffia e grembiule si precipitarono a prendere i loro cappotti.
Tuttavia Flora Doone rifiutò di dare il proprio e sbirciò sospettosamente le domestiche mentre si stringeva il mantello sul petto. Le cameriere guardarono la figura opulenta, eseguirono una riverenza e si ritirarono.
Il vasto atrio con le piastrelle bianconere e le colonne di marmo pullulava di domestici. Daniel pensò che la signora Vervaine aveva superato se stessa, trovando il personale in così poco tempo. Una governante così capace si sarebbe indubbiamente rivelata preziosa nell'aiutarlo a condurre la sua truppa alla vittoria.
Mentre le ragazze lo seguivano nel lungo corridoio, Ruth prese Rebecca per mano. Rebecca brancoló alle proprie spalle e sentí una mano prendere la sua. Winifred prese la mano di Georgette e un momento dopo tutta la fila si tenne per mano.
Simili a una striscia di figurine di carta, le ragazze seguirono il loro fratello fino al termine del corridoio. Quando giunsero ai piedi delle scale, Winifred vide una figura in attesa. La donna che avrebbe dovuto terrorizzarle era così piccoletta che nemmeno Winifred dovette alzare lo sguardo per guardarla in viso... e fu senza dubbio una sorpresa, perché le capitava raramente di vedere un adulto più piccolo di lei. Tuttavia sospettó che il fatto di poter guardare la signora Vervaine diritto negli occhi non comportasse molti vantaggi. Gli occhi turchini della governante incontrarono quelli castani di Winifred ed entrambe capirono all'istante che nessuna delle due avrebbe potuto mentire all'altra.
Sembrava che la signora Vervaine non fosse mai stata giovane, pensò Winifred. Il suo volto pareva una ghianda sormontata da una cuffia che le copriva la fronte e le orecchie. Magro come uno stecco e robusto come una quercia, il suo corpo era coperto da un austero vestito blu. Un anello con innumerevoli chiavi di ogni forma e dimensione pendeva una catenella che le cingeva la vita, e considerata la bassa statura della loro proprietaria, le chiavi più grosse sfioravano il pavimento. Tutto l'armamentario tintinnava anche quando lei stava ferma.
- Signora Vervaine - cominciò il Conte - Mi permetta di presentarle le mie sorelle -
Man mano che pronunciava i loro nomi, le sorelle si fecero avanti con gli occhi bassi e le mani intrecciate in grembo. Flora era rimasta indietro, ancora aggrappata all'orlo del vestito di Mary. Daniel decise che per il momento l'avrebbe lasciata da parte. Era curioso di vedere la reazione della signora Vervaine. Mentre recitava l'elenco dei nomi, la governante non aveva battuto ciglio. Eseguí una compita riverenza in onore di ciascuna signorina, ma il suo sguardo non esprimeva alcuna umiltà. Era proprio la persona che gli occorreva: una ferrea educatrice, un luogotenente degno della battaglia che li aspettava.
- Dove sono le cameriere delle signorine? - chiese la governante quasi senza muovere le labbra.
Tutti si volsero a guardare Flora Doone, ancora attacata al vestito di Mary.
- Venga avanti, signorina Doone - la invitò Daniel.
La cameriera fece due passi, inciampó nell'orlo della gonna e rovinó sul pavimento ai piedi di Mary.
- Oh, Dio mio, lo ha fatto di nuovo!- gemette la ragazza.
Margaret si chinò a prendere Flora per un braccio, Antoinette, Georgette e Babette corsero ad afferrare ogni parte disponibile dell'anatomia della cameriera mentre Winifred tirava l'altro braccio. Fra tutte, riuscirono a rimettere in piedi la domestica piangente.
- Oh, signorina, sono così goffa - disse Flora a Winifred.
- Ma no, sono cose che possono capitare a tutti - minimizzó lei mentre Ruth estraeva il fazzoletto per asciugare le lacrime della cameriera.
- Hai soltanto avuto un piccolo incidente - la tranquillizzó Rebecca abbracciandola affettuosamente.
Ma Flora sembrava inconsolabile e continuò a piagnucolare.
- Oh, so che mi rimanderanno a casa. Lo so, lo sento -
La signora Vervaine alzò il naso aguzzo e si rivolse istintivamente alla signorina presentatale come lady Winifred.
- È l'unica domestica che avete portato? -
- È la mia cameriera - dichiarò Winifred spavalda, rizzando la testa a sua volta e fissando la signora Vervaine negli occhi... cosa che non fu molto difficile, dato che i loro nasi quasi si toccavano.
La signora Vervaine non parve affatto infastidita. Oh, sembrava proprio un osso duro, pensò Winifred. Daniel cominciava ad averne abbastanza di quelle sciocchezze.
- Attenzione! - ordinò puntando lo sguardo sulle ragazze e soffermandolo particolarmente su Winifred. Un silenzio di tomba scese nel corridoio.
- Signora Vervaine, le mie sorelle devono essere stanche per il viaggio. Se vuole essere così gentile da condurle nelle loro stanze, più tardi vorrei vederle nel mio studio -
La governante eseguí una riverenza facendo tintinnare le chiavi.
- Certamente, lord Chantry. Se volete seguirmi, signorine...- disse, quindi si radunò le gonne e cominciò a salire i gradini.

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