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Mi strofinai gli occhi per vedere se stessi sognando, ma mi resi conto che non era così. Lo riconobbi subito quando incrociai i suoi occhi, inconfondibili.
"Ma cosa ci fai qui?" dissi con tono stupefatta, perché non credevo che lui fosse qui.
"Io?! Mio padre è il proprietario del locale, e quando lui non c'è sbrigo delle faccende per lui. Cosa ci fai tu qui." pronunciò queste ultime parole con un sorriso sulle labbra, un sorriso compiaciuto. Si vedeva proprio che era contento di vedermi, ma io non riuscii ancora a credere a ciò che stavo vedendendo: come potevo andare in un posto e trovarlo?
"Non è che mi stai seguendo forse, Charlie?"
"Certo, e perché l'avrei mai dovuto fare?"
"E che cosa ne so io?". Scoppiammo subito in una risata fragorosa, con un tono evidentemente troppo alto perché sentimmo bussare ala porta, da cui ero entrata, e la voce di una ragazza che diceva:"Tutto bene Charlie?"
"Si Adrianne, non ti preoccupare" disse soffocando a risata. Adrianne?! Chi era questa Adrianne? Per quale motivo si davano del tu? Era bella, o perlomeno più bella di me? Era la sua fidanzata, e se si si amavano veramente? In un secondo, appena sentii la sua risposta, mi vennero in mente tutte queste domande, ma non ne capii il motivo. Ero forse gelosa? Ma di cosa, in fondo non dovevo piacergli cioè lui non doveva piacermi. Dovevo ricordare perché mi ero trasferita a Coney Island, cioè perché dovevo uccidere un ragazzo per poter diventare un vampiro al 100%. E quel ragazzo era Charlie, dunque non dovevo affezionarmi e tantomeno essere gelosa. Tentai di reprimere quei pensieri forzando un sorriso falso sulle labbra ma evidentemente Charlie se ne accorse e cambiò discorso.
"Allora sei venuta qui per il colloquio..." lasciò in sospeso la frase per andare a sedersi davanti la scrivania.
"Beh si, devo pur mangiare e pagare le bollette." dissi in modo ironico, ma Charlie era diventato quasi del tutto serio, anche se mi sembrò di intravedere un mezzo sorriso.
"Hai qualche esperienza lavorativa?" inizialmente rimasi in silenzio perché non sapevo cosa dire, e sinceramente credetti che stesse scherzando. Quando però mi resi conto che non era così risposi: "Veramente no". Mi dissi mentalmente della stupida, come avevo potuto dare quella risposta così scema.
"Neanche una? Ci saranno molte persone che verranno che sicuramente avranno qualche esperienza, sarà difficile assumerti così..." era serio? Non credetti alle mie orecchie. Se non mi avrebbe assunto avrei potuto scegliere: o andarmene e fare l'offesa per qualche giorno aspettando che sarebbe venuto a chiedermi scusa o ipnotizzarlo per avere il posto di lavoro, anche se quest'ultima soluzione non mi piaceva tanto perché non avrei mai voluto farglielo.
"Ti farò sapere, tanto so il tuo numero. Ti chiamerò per farti sapere qualcosa"
"Ah, ok allora ci sentiamo" mi rattristò molto questa sua risposta e quando feci per alzarmi disse: "Aspetta, cosa stai facendo?"
"Come cosa sto facendo? Mi hai detto che mi avresti fatto sapere qualcosa e io me ne sto andando. Ciao" dissi con tono freddo e mi alzai.
"Ferma!" mi bloccò subito la mano che avevo appena appoggiato sulla scrivania, lo guardai sbalordita ma lu continuò lo stesso "Credevi veramente che ero serio?"
"Cosa significa? Stavi scherzando?"
"Ovvio, secondo te avrei mai potuto fare una cosa del genere ad un'amica?" abbassò lo sguardo come fa un cane quando lo rimproveri perché ti ha appena mangiato le ciabatte, e io ero la padrona che nonostante tutto perdona il suo cucciolo.
"Avevi un'aria molto seria"
Entrambi rimanemmo in silenzio, uno di quelli imbarazzanti, molto lungo.
"La prossima volta però non farmi più uno scherzo del genere, capito?" scherzai e gli spinsi la spalla.
"Altrimenti cosa mi fai?"
"Cosa ti faccio?" mi strofinai il mento come per pensare, presi una penna che si trovava sul tavolo e continuai "ti uccido con questa penna!"
"Mi arrendo mi arrendo" disse alzando le mani in modo buffo in segno di resa ed entrambi iniziammo a ridere. Come era bello stare insieme a lui, sembrava che ci conoscessimo da quando eravamo piccoli e in quel preciso instante pensai "e se non lo uccidessi? se diventassimo veramente amici, o qualcos'altro?"
"Scusa dovrei andare al bagno, dove si trova?"
"Si certo. Allora esci da quella porta..." indicò quella che si trovava dietro la sedia "...ne troverai un'altra subito dopo alla tua sinistra. Quello è il bagno, io ti aspetterò in un tavolo"
"Grazie" e seguì le sue indicazioni. Il bagno era molto grande, aveva delle mattonelle con delle sfumature di blu e dei disegnini color oro. Probabilmente in un altro momento sarei rimasta sbalordita, ma non ora perché avevo troppi pensieri per la testa. Chiusi la porta, mi sedetti sulla tazza del gabinetto e incominciai a piangere. Era tutto troppo difficile, troppo complicato uccidere qualcuno a cui tenevo. Prima dell'evento con la veggente non m'importava nulla di cosa avrei dovuto fare, ma ora era tutto diverso... avevo conosciuto Charlie ed era diventato una persona importante della mia vita. Cosa stavo dicendo? Victoria svegliati! Voi due non sarete mai veri amici perché siete molto diversi! Tu sei un vampiro e lui no, dunque non succederà niente. Niente! Mi ripetei quella cosa per dieci volte, solo in questo modo riacquistai sicurezza. Quando fui sicura di essermi calmata mi asciugai le lacrime, mi sciacquai la faccia e uscii. Trovai Charlie seduto sullo stesso tavolo di quando mi portò qui a mangiare un hot dog... bei ricordi, ma dovevo smettere di pensarci. Mi andai a sedere di fronte a lui e dissi "Allora?"
"Allora cosa?"
"Sono assunta o no?"
"Che domande, certo che si. Incomincerai domani mattina alle 8.30"
"Evviva!" esultai e, senza rendermene conto, lo abbracciai. Quando mi resi conto di quello che avevo fatto mi allontanai subito e, imbarazzata, gli dissi " Scu-scusa, non volevo"
"E di cosa? Forse mi dovrei scusare io per il pessimo scherzo di prima..." si accarezzò i capelli con fare impacciato. "Forse ho esagerato troppo"
"Non ti preoccupare", arrivò una cameriera interrompendo, fortunatamente, il discorso portandoci due hot dog e due bottigliette d'acqua.
"Per farmi perdonare" che dolce che era...
"Grazie, ma non dovevi...aspetta ma che ora è?"
Sono quasi le dodici e mezza" era molto tardi, il tempo era passato senza che neanche io me ne accorgersi.
"Wow, come passa in fretta il tempo vero?"
"Eh già, troppo in fretta" vidi nei suoi occhi per la prima volta una certa malinconia, e ne fui molto sorpresa dato che da quando l'avevo conosciuto non era mai stato triste. Fortunatamente cambiò subito discorso dicendo "Comunque, hai deciso cosa metterti?"
"In che senso? Domani per il lavoro?" lo guardai stranita per ciò che aveva detto
"No" disse scoppiando a ridere "Non per domani ahah. Fra qualche giorno ci sarà la festa del paese con giocolieri, circo e altre cose" festa del paese? Non ne avevo mai vista una, doveva essere molto bella.
"Non ne sapevo niente"
"Effettivamente sei arrivata da poco. Ci verresti...con me?"
"Certo, ma come mi devo vestire? Elegante o..."
"Il tema di quest'anno è il country"
"Perfetto" sorrisi contagiandolo. Dopo parlammo di altre cose, anche se continuai a pensare a quello che mi aveva appena detto. Ero molto emozionata.

Verso le 3 p.m. ritornai a casa, ma prima andai a comprare qualcosa al supermercato e comprai un pò di frutta e qualche bottiglia di latte. Quando stavo per uscire dal supermercato mi scontrai contro una coppia, involontariamente, e notai un atteggiamento strano nei miei confronti. La ragazza mi scrutò dalla testa ai piedi e rivolse uno sguardo sospetto al fidanzato, o forse amico non ne ero sicura. Inizialmente questo loro comportamento non mi turbò più di tanto, ma quando uscì dal supermercato m'insospettì molto. Nella strada di ritorno mi sentii seguita e ne fui certa quando notai un'ombra dietro di me, anche se voltandomi non vidi nessuno. Passando accanto ad una stradina sentii una voce roca: "PSS". Mi girai verso di essa e la vocina continuò Si dico a te, avvicinati". Scioccamente l'ascoltai, essendo molto sicura di ciò che stavo facendo. Era buia e stretta.
"Chi sei? Cosa vuoi da me?"
"Hai sbagliato Victoria". Questa fù l'ultima cosa che ricordai, oltre ad una mano che mi coprì la bocca con un fazzoletto, prima di svenire.

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