Capitolo 3.

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"Porto su i bagagli" disse mio padre. Mi limitai ad annuire. Entrando trovai la moglie di mio padre seduta sul divano ad aspettarci. Era una grande stronza e tutti gli anni me lo ricordava. In ogni caso la salutai e raggiunsi mio padre.
"Hei papá" lo chiamai sulla soglia della porta.
"Ecco, ti ho messo i bagagli qua, ti ho lasciato questi cassetti liberi per i vestiti" mi disse.
"Grazie". In quel momento squilló il mio telefono, era mio cugino Cristian.
" Pronto" risposi.
"Ciao Desiré! Bentornata!" sentí Cristian rispondermi.
"Cristian! Grazie!"
"Come é andato il viaggio?"
"É andato abbastanza bene, sono arrivata sana e salva"
"Dannazione Desiré! Dovresti smetterla di avere paura di volare!"
"Che colpa ne ho Cristian? Non é nella natura di un essere umano volare, non sono mica un pennuto!"
Lo sentii ridere dall'altro capo del telefono. "Sei sempre la solita. Allora, per stasera dei ragazzi della mia compagnia hanno organizzato una festa, ti andrebbe di venire?"
"Non saprei, Cristian. Sono appena arrivata".
Guardavo mio padre mentre parlavo al telefono, magari aveva pensato di passare quella serata con me.
"Desiré, dai!" mi pregó Cristian.
"D'accordo, vedo che ne pensa mio padre. Dopo ti chiamo io".
" A dopo!" rispose e finí la chiamata.
"Papá, Cristian vuole portarmi ad una festa stasera" attirai l'attenzione di mio padre che stava sistemando la zanzariera.
Si giró a guardarmi con aria da rimprovero.
"Signorina, vuoi giá cominciare a gironzolare neanche il tempo di atterrare?" mi chiese.
"Dai papá, é una festa non ti preoccupare!" lo pregai.
"E va bene, ma non tornare troppo per tardi" mi concesse.

Presi il telefono e scrissi un messaggio a Cristian.
'Via libera!' inviai il messaggio.
Vibró il telefono. 'Passo per le sette! Mi raccomando!'.

"Bene papá, io credo che andró a prepararmi. Arriva tra circa un'oretta" gli scoccai un bacio ancora dalla porta e scesi in bagno.
Feci una doccia fredda, mi sistemai i ricci e mi truccai. Per i vestiti optai per un vestito blu e dei sandali oro. Nel momento in cui guardai l'ora sentii il clacson di Cristian suonare.
Corsi giú per le scale afferrando la pochette oro.
"Io vado, prendo le chiavi" dissi a mio padre, dandogli un bacio sulla guancia e lasciandogli cosí il segno del lucidalabbra.
"Oh, giá mi stai facendo esasperare!" disse, sfregandosi la guancia con il dorso della mano "non tornare tardi!"
Corsi verso la macchina, dove Cristian mi stava aspettando appoggiato allo sportello.
"Desiré!" urló.
"Oh Cristian! Mi sei mancato" dissi abbracciandolo.
"Anche tu" mi sussurró all'orecchio mentre ricambiava affettuosamente il mio abbraccio.
Finiti le nostre dimostrazioni di affetto salimmo in macchina, ascoltando la musica al volume piú alto possibile. Sfrecciavamo contro il vento, svuotando i polmoni di urla e parole cantate. I capelli biondi di Cristian svolazzavano e quando sorrideva vedevo i suoi occhi castani diventare piccole fessure anche da dietro gli occhiali scuri.
Sfrecciavamo verso l'infinito.

Il ghiaccio nel cuore.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora