Capitolo 2 - L'arrivo

49 3 0
                                    

Il giorno dopo, domenica, trascorse tranquillo tra i preparativi per l'arrivo dei Wilson. Papà montò una brandina nella mia stanza, lo spazio era diventato maledettamente stretto. Svuotai metà del mio armadio per permettere all'intruso di disporre i suoi vestiti. Io e mamma ripulimmo e sistemammo la stanza degli ospiti ed Ellen mi costrinse a cucinare insieme a lei una torta.

Lunedì,il "gran giorno", andai a scuola con l'enorme voglia di non tornare a casa dopo essere uscita, poiché sapevo cosa, o meglio, chimi aspettava al mio ritorno.

Mi rilassai, affrontai tutte le interrogazioni, sollevata solo dal fatto che quello sarebbe stato l'ultimo lunedì scolastico, visto che venerdì la scuola sarebbe finita.

Uscii da scuola, salii sulla mia lancia y bianca , infilai le chiavi ma non le girai.

Affondai nel sedile, feci un respiro profondo e ripetei fra me e me che sarebbe durato poco.

Poi girai la chiave nel quadrante e partii verso casa. Mentre guidavo accesi lo stereo e infilai il cd degli AC/DC che mi era stato regalato da Rebecca, ma che non avevo mai ascoltato.

La prima canzone era Back in Black, non era poi così male, misi a tutto volume e iniziai a strimpellare parole senza senso.

Nei pressi di casa spensi la musica, arrivai nel vialetto e spensi il motore.

Feci di nuovo un respiro profondo e scesi dall'auto.

Aprii la maniglia della porta con le mani tremanti e dissi: «Buongiorno»

Nessuno mi rispose, ma sentivo un chiacchiericcio provenire dalla cucina.

Ellen era in piedi, gesticolava nervosa mentre farfugliava qualche cosa su delle tende azzurre ad una signora molto bella dai capelli neri corvini e lunghi.

Phil invece era seduto al tavolo con un uomo biondino dagli occhi verdi,anche lui molto affascinante e parlavano di football.

Mentre appoggiato al muro c'era un ragazzo alto, moro e dagli occhi verdi.

Era  statuario, quasi innaturale. Era di una bellezza assurda, nulla a che vedere con qualsiasi altro ragazzo io abbia mai visto.

I suoi lineamenti e i capelli erano molto simili a quelli della madre,ma gli occhi erano identici a quelli di suo padre.

Fissava il vuoto, come se fosse in un altro universo, come se la Terra non fosse abbastanza per lui.

Non sembrava un diciottenne, non mi pareva neanche vero in effetti,sembrava una statua di Leonardo Da Vinci rubata da qualche museo emessa lì per sbaglio. Era alto, abbastanza muscoloso.

Lo osservavo aspettando di scoprire se fosse vivo o no.

Ad un certo punto sollevò lo sguardo e i suoi meravigliosi occhi verde prato mi scrutarono da sotto le folte sopracciglia nere.

«Greta!»urlò mia madre.Sobbalzai tremendamente.

Lui sorrise.

Notai che lo sguardo di Philip vagava da me a Christopher.

«Non mi ero accorta che eri qui!»continuava a gridare.

Si avvicinò a me mi spinse verso i nuovi arrivati.

«Mamma non gridare»le sussurrai all'orecchio.

«Oh,scusa.»bisbigliò,«Loro sono Margaret e Michael Wilson; Margaret, Michael lei è mia figlia Greta.»

Strinsi la mano prima a Margaret e poi a Michael.

Margaret aveva la mano morbida, vellutata. La sua stretta fu delicata.

MoonlightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora