Capitolo 5 - Verità

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La sua pelle scottava ma non ci feci molto caso di quel momento.

Mi portò a casa e svegliò tutti, quando, delicatamente mi adagiò sul divano, stavo sudando.

«Che succede?»chiede Philip.

Spiegai tutto, tralasciando gli strani atteggiamenti di Christopher, e mi portarono al pronto soccorso per togliere le schegge di vetro dalle gambe e per medicare le ferite. Il dottor McGrent tolse una decina di piccole, medie e abbastanza grandi schegge di vetro verde dalla mia gamba.

Chiusi gli occhi mentre con la sua pinzetta scavava di qua e di là.

C'era una ferita molto più grande e profonda delle altre, il dottore fu costretto a darmi nove punti di sutura per far si che l'apertura si chiudesse senza lasciare cicatrici evidenti.

Mentre il dottore mi medicava dissi a mia madre sottovoce che probabilmente anche Christopher era ferito e lei uscì per andare a controllare.

«Non ha nulla, ho controllato le sue gambe e non c'è nessuna ferita»,disse quando tornò da me.

Com'era possibile?

Christopher rispetto a me era più vicino alla barca, quando la bottiglia si ruppe. Come aveva potuto non ferirsi? Portava dei bermuda, le sue gambe erano scoperte quanto le mie.

Quando uscii dall'infermeria mia madre rimase a compilare dei moduli e io andai dagli altri in sala d'aspetto . Michael e Margaret stavano bevendo un caffè e Philip quando vide le mie gambe fasciate corse dame e mi chiese se stavo bene.

Christopher invece era seduto con aria assente in una delle piccole sedie rosse della sala d'aspetto del pronto soccorso.

«Stai bene?»gli chiesi avvicinandomi a lui.

«Si»

«Ne sei sicuro?»,cercavo il suo sguardo ma lui fissava il vuoto.

«Dovrei essere io a chiederti se stai bene»,la sua voce era gelida.

«Io sto bene, è solo qualche graffio»risposi.

Finalmente mi guardò, ma il suo sguardo era sospettoso.

«Ti hanno dato dei punti di sutura! Le ferite erano profonde! Non è stato solo qualche graffio»

Chiuse gli occhi e strinse le mani una dentro l'altra, quasi come volesse stritolare la destra con la sinistra.

Mi sedetti accanto a lui, ma lui si alzò ancor prima che io potessi appoggiare le spalle sulla sedia di plastica rossa.

Si allontanò di qualche passo tenendo lo sguardo basso, era nervoso.

«Di cosa non devo parlare con nessuno?»gli chiesi alzandomi e avvicinandomi di nuovo a lui.

Lui si allontanò di più.

«Hey ragazzi, possiamo andare!»disse Ellen.

Andammo a casa, mamma era convinta che fossi sotto shock e continuava a offrirmi tè, latte ed ogni altro tipo di bevanda che c'era in casa, poi passò al cibo. Phil invece non faceva altro che lamentarsi di quanto degradata sia la società di oggi.

«Mi ricordo di aver letto che quando qualcuno è in stato di shock deve mangiare qualcosa»,disse Ellen.

«Mamma,io non sono in stato di shock, sono le tre del mattino voglio solo andare a letto»

«Però mangiare qualcosa non ti farà male»intervenne Margaret, poi si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio«ti prego mangia, bevi, fa quello che ti dice o qui nessuno se ne andrà a dormire».

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