4. Severe pain

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'Cos they said thunder and they said lightning
It would never strike twice
Oh but if that's true, why can't you tell me
How come this feels so nice,
Oh it feels alright.
***

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Spalancai gli occhi in maniera violenta, tanto che li sentii pizzicare, mi trovai al di sopra di un letto, un letto singolo, a lato di una stanza buia e tetra, il materasso rovinato e le molle cigolanti.
Non ebbi nulla attaccato alle braccia, nessun tubicino o filo.
Solo io, il mio corpo, e quella cosa che tutti chiamano "anima".
Una scossa oltrepassò il mio organismo facendomi rabbrividire, sentii degli impulsi elettrici scaricarsi fino alla punta delle dita, sobbalzai per il fastidio provocato da essi.
Tentai invano di mettermi in piedi, ma una volta sollevata sulle mie gambe un forte dolore alla testa mi fece ricadere in avanti, sulle ginocchia, facendomi imprecare dal dolore, gli arti non rispondevano ai comandi mandati dal mio cervello, i muscoli si contraevano e si rilassavano senza controllo, portandomi male atroce.
Le spine del rovinato parquet graffiavano la pelle che urtava con forza contro la superficie piana: gettai un urlo soffocato di dolore.
Poggiai una mano a terra, tentando di riprendere il controllo dei miei muscoli e riuscendo a riequilibrarmi, massaggiai una parte pulsante al di sopra della nuca che mi procurava una forte emicrania.
Alzai la testa osservando con disinteresse l'arredamento non curato, una semplice una camera da letto, scialba, incolore, con pochi mobili impolverati, una finestra dal davanzale largo e il pavimento in condizioni pessime.

Quella stanza avrà avuto per lo meno trent'anni da quando fu stata utilizzata per l'ultima volta.

Dedussi tutto dal parquet scricchiolante a ogni singolo movimento e dalle palle di polvere che viaggiavano sotto gli arredi; decisi di andare a carponi fino alla finestra per guardare fuori e mi chiesi per quanto tempo ero stata in quell'ospedale.
Mi alzai una volta arrivata per poi accomodarmi sul cuscino polveroso disposto sul davanzale, misi una mano davanti alla bocca pronta a lanciare un forte starnuto.
Alzai la serranda dall'interruttore a tablet olografico disposto sul muro che fece produrre alla prima un rumore fastidioso, si udì come un rumore elettrico e si bloccò il movimento, rimanendo a meno di metà dal suo percorso verso l'alto.
Il dolore aumentava notevolmente ad ogni mia mossa e quando mi sporsi per guardare al di fuori di quella stanza, quasi caddi dalla finestra.
Quella non era la mia città.
Quel luogo era più sereno, più tranquillo, le macchine non parcheggiate, tantomeno camminanti lungo la strada, le uniche cose che si potevano incontrare furono solo le persone -con bambini a seguito e non- inforcate alle biciclette o a piedi.
Quando il male si fece meno intenso, anche se sempre persistente, mi rimisi in equilibrio sulle gambe e camminai barcollante verso la porta, posai una mano sulla superficie che si aprì riflettendo da sotto le dita la loro sagoma sottoforma di luce.
Nel corridoio semivuoto trovai uno specchio integro rettangolare in cui ebbi la possibilità di specchiarmi dalla testa fino ai piedi.
Solo in quel momento mi accorsi di quanto io fossi vestita in modo indegno.
Indossavo una camicetta d'ospedale con un paio di scarpe bianche, essendo l'uniforme di quella casa di cura ebbi tutta la parte posteriore scoperta, ovviamente, coperta solo da degli slip bianchi. Portai una mano alla bocca, osservando allo specchio il mio fisico, che, per quanto esile, ai miei occhi appariva troppo robusto per la mia persona, mi imbarazzai al solo pensiero di essere praticamente nuda nel corridoio di qualcuno che non conoscevo e corsi nuovamente verso la camera, anche se intorno a me non si trovava anima viva. Mentre correvo, il dolore si intensificò sempre di più e mi fece ricadere sul pavimento, strinsi i pugni.
Sentii dei passi veloci correre verso la mia direzione, mi voltai allarmata, ma non vidi nulla, il mio cuore fece mille capriole dentro il petto per la paura; mi rialzai spaventata dal pavimento sporco e ritornai all'interno della stanza camminando all'indietro, per poi buttarmi nel letto in cui fui rinvenuta.

-dove cazzo sono?- e scoppiai a piangere.

*votate e commentate se vi va :3*
scusate come al solito se è corto :<.
-Giuls💫

Skyline||Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora