5. Lorenzo Ostuni?

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***
Pain
I can't get enough
Pain
I like it rough
'cause I'd rather feel pain
than nothing at all.
***

Dei passi sovrastarono un'altra volta la mia mente, obbligando il mio corpo ad alzarsi per andare in corridoio a controllare, senza essere consapevole a quello a cui sarei andata incontro.
Andai verso la porta e l'aprii, guardai fuori ma nessuna anima, o nessun corpo, occupava uno spazio nel mio campo visivo.
Sentii un'altra volta i passi e mi voltai per paura che, qualunque cosa fosse, si trovasse dietro di me.
Nulla, ero completamente sola.
Iniziai a curiosare in ogni parte della stanza alla ricerca di un oggetto che mi infliggeva dolore fisico ma che alleggeriva il mio dolore psichico, anche se non sapevo se fosse presente o meno nel posto in cui mi trovavo.
Frugai all'interno l'armadio, al di sopra della mensola e in ogni cassetto vuoto della stanza, conclusi guardando sotto il comodino, ma non trovando ancora nulla.
Mi guardai intorno, il bisogno di farmi del male si intensificò sempre di più, mi rese debole, vagai per la stanza con sguardo assente fino ad arrivare al cospetto del vetro della finestra, a cui tirai un pugno in preda al panico, frantumandolo, ciò mi procurò una vasta emorragia alla mano.
Mi chinai e, con la mano grondante di liquido scarlatto, raccolsi da terra un pezzo di vetro frantumato.
Iniziai a ferirmi con quell'oggetto tanto affilato, ogni volta che appoggisvo la punta creando un taglio profondo l'altro svaniva, ne rimaneva sempre e solo uno.
Fatto l'ultimo l'emicrania riprese il controllo della mia testa, ma quella fu volta più forte delle precedenti, tanto forte da farmi cadere a terra priva di sensi.

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Fui di nuovo su quel lettino di ospedale, mi alzai riconoscendo il luogo, il quale mi sembrò tale e quale all'ultima volta.
Percorsi gli stessi passi e vidi nuovamente l'immagine di mia madre e del medico che dialogavano tranquillamente... o almeno mi sembrava così.
La donna seduta su una delle sedie blu apparì ai miei occhi piuttosto agitata, le uniche cose che riuscii a sentire furono solo un nome e un cognome.

Lorenzo Ostuni.

Riflettei sul nome, che poteva appartenere soltanto ad un ragazzo italiano, il cognome imitava una città della Puglia.
Inizialmente decisi di seguirli, portando un piede avanti all'altro per tenergli passo, ma arrivata a pochi centimetri prima del corpo longilineo di mia madre, tutto fu più sfocato e fui catapultata un'altra volta in quella stanza dal vetro della finestra in frantumi.
Realizzai solo in quel momento che avrei potuto stare in quello che mi sembrò un altro mondo solo per un tempo limitato.
Cominciai ad autolesionarmi con la speranza di tornare nel posto di precedente, le lacrime scendevano copiosamente sulle mie guance, proprio come faceva il mio sangue sulle braccia.
La mia ipotesi si avverò, ma in confronto alla volta precedente, feci tutto molto più velocemente, per paura di non farcela.
Arrivai ad una stanza con milioni di ologrammi che danzavano nell'aria, dei dottori sorvegliavano un ragazzo con braccia e gambe bruciate e lacerate, molto probabilmente anche il petto, pulito da poco da un'infermiera che, stancamente, stava mettendo a posto gli oggetti che aveva usato per disinfettargli le ferite, per poi affrettarsi ad uscire dalla stanza.

-...Lorenzo Ostuni, è ricaduto nella stessa patologia di sua figlia anche se da molto più tempo.

Non capii di cosa stesse parlando, ma il ragazzo mi fece molta pena, un attimo prima di sfiorare lo schermo, tutto ritornò sfocato e io tornai nella mia stanza.

*votate e commentate se vi va :3*
troppo corto, di nuovo.

-Giuls💫

Skyline||Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora