La leggenda dei Geni

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La disavventura di Jounama accadde nel piccolo villaggio di M'Banta, alla foce del fiume Ogooué.
In questa lontana terra del Gabon, davanti agli occhi meravigliati della gente del luogo e dei forestieri, si spiegava una vasta distesa di terreno fertilissimo che rimaneva incolto da sempre. Il pezzo di terra avrebbe potuto dare ottimi frutti, ma nessuno osava seminare in quelle zolle perché si diceva che su di esse dominava l'albero dei geni.
Un giorno Jounama, un vecchio pescatore, stanco per le difficoltà e per le scarse soddisfazioni del suo duro lavoro, disse a sua moglie Sambala:
- Anche oggi la pesca è andata male! Sto diventando vecchio e non ho nessuno che possa aiutarmi quando con la piroga vado a pescare al largo del fiume. Gli scogli sono troppo pericolosi. Questo pezzo di terra non è di nessuno. Da oggi sarà mio. Lavorerò queste zolle e le renderò fertili.
Si diresse verso la terra e la toccò con le sue mani callose; Jounama non aveva mai visto niente di simile e diceva tra sé: «Senza dubbio le semenze germoglieranno in brevissimo tempo».
Ma Sambala, spaventata, si era affrettata a toccare il gris-gris, un prezioso amuleto che lo stregone del villaggio aveva preparato per tenere lontano gli spiriti cattivi, mentre con occhi rivolti al cielo ammoniva il marito:
- Sai bene che questa terra appartiene ai folletti.
- Chi vuoi che creda ancora a questi piccoli geni invisibili? Sono superstizioni di donne - sorrideva Jounama.
E, presa la cesta che fino ad allora era servita per portare al mercato il pesce, cominciò a riempirla di sassi, con i quali costruì un muretto attorno al campo.
- Tutti dovranno sapere che mi appartiene - disse alla sua sposa.
Lavorò per giorni e giorni per togliere i frammenti di roccia dalla terra e le sterpaglie che il fiume vi aveva lasciato, sperando così di dimostrare al più presto alla moglie che aveva torto.
Sambala infatti non si dava pace. Ogni sera cercava di convincere il marito a cambiare idea. Seguendo i consigli dello stregone, ora gli serviva la cena con aria cupa, ora affrescava i muri della casa con segni magici. Spesso invitava a casa gli anziani del villaggio, sperando che questi potessero far desistere il marito dal suo insano progetto.
Ma Jounama, ostinato, proseguì nel suo lavoro e, alle continue insistenze della moglie, rispondeva tranquillo: - Fra qualche mese nella nostra pentola ci saranno le patate dolci, raccolte nel campo. Allo stregone offrirò i primi mango, di cui è tanto ghiotto.
I mesi passarono e venne il giorno in cui Jounama poté finalmente riposarsi. Si sedette vicino all'albero dei geni e stremato si addormentò. Ma una vocina, che proveniva da poco lontano, lo svegliò:
- Bravo! Sei veramente un uomo coraggioso! Jounama credette di delirare e si guardò intorno spaventato. Ma la vocina continuò:
- Dove mi cerchi? Sono seduto qui, sopra al ramoscello che si piega vicino al tuo piede, ma tu non puoi vedermi. Io sono il capo dei geni che a migliaia abitano questo campo. Non aver paura: abbiamo osservato il tuo lavoro e vogliamo esserti utili. D'ora in poi esaudiremo ogni tuo desiderio. Siamo pronti a fare non solo quanto tu dici, ma anche quello che pensi. E per cominciare ti aiuteremo a portar via i sassolini che ancora si trovano sul tuo campo e che potrebbero dar fastidio mentre tracci i solchi.
Il vecchio pescatore, che pensava di essere vittima di un attacco di febbre, si fregò più volte gli occhi, ma in pochi istanti mani invisibili raccolsero i milioni di sassolini che ancora ingombravano il campo. E mentre Jounama si guardava intorno ancora più esterrefatto, la vocina invisibile risuonò nuovamente:
- Si è fatto tardi. Il mio popolo deve raggiungere il suo regno al centro della terra. Ma domani ritorneremo, se vuoi. Per chiamarci non dovrai fare altro che sederti accanto all'albero dei geni. Addio! Non dimenticare, però, di non parlare ad alcuno di questo incontro: lo stregone del villaggio è geloso dei nostri poteri e tenterebbe di catturarci.
Jounama promise che avrebbe mantenuto il segreto.
Poi si caricò sulle spalle un po' di legna per ravvivare il fuoco nel suo camino e fece ritorno al villaggio di M'Banta.
Quella notte gli sembrò interminabile; il suo sonno fu agitato da folle di minuscoli omini pronti ad aiutarlo i quali, all'improvviso, si trasformavano in gigantesche figure che l'opprimevano, lo torturavano e distruggevano il suo lavoro.
Si alzò all'alba ancora confuso. E, dopo aver riempito una tazza di latte di cocco fresco, si diresse verso il suo campo dove attese l'arrivo del re dei geni. Il nuovo amico non si fece molto aspettare; un lieve fruscio dell'erba lo avvertì della sua presenza.
- Salve - lo salutò l'omino.
- Salve - esclamò Jounama. - Questo è per te e per il tuo popolo.
- E gli offrì il latte di cocco zuccherato con il miele.
Migliaia di invisibili piccole bocche vuotarono in un battibaleno il contenuto del recipiente. Jounama assisteva compiaciuto a questo misterioso evento. Ed ecco ancora la vocina:
- Ordina, Jounama: cosa dobbiamo fare?
- Ebbene, bisognerebbe sradicare le erbacce e tracciare i solchi per seminare le arachidi e il miglio - rispose timoroso Jounama.
- D'accordo, siamo pronti - lo avvertì il principe dei geni.
Il pescatore si mise al lavoro e i folletti, ripetendo esattamente i suoi gesti, ripulirono il terreno dalle erbacce. Poi, come Jounama, si armarono di pietre acuminate con cui segnarono i solchi, gettandovi le semenze, che ricoprirono di terra nera e soffice.
Da quel giorno, ogni mattina, Jounama poneva sotto l'albero incantato un regalo: biscotti dorati, latte fresco di cocco, tazze ricolme di miele, frutti che Sambala, messa ormai a parte del segreto col permesso del re dei geni, raccoglieva con cura. Tutto veniva divorato come per magia.
Intanto il lavoro procedeva; Jounama annaffiava i solchi e i geni provvedevano a portar via le erbacce. I primi germogli verdi cominciavano a spuntare, mentre Jounama e i folletti facevano una gran festa.
Un mattino il vecchio pescatore, come era solito fare, arrivò al campo di buon'ora. Quale non fu il suo disappunto nel vedere che una moltitudine di piccoli uccelli stava divorando il miglio che cominciava a venir fuori! Chiamò i suoi amici, che arrivarono prontamente, e chiese loro aiuto.
- Faremo ciò che vuoi e ripeteremo esattamente i tuoi gesti - lo rassicurò il principe dei geni.
Jounama raccolse un pugno di sassolini e li lanciò contro gli invasori. Da tutte le parti arrivarono manciate di pietruzze che dispersero in breve lo sciame di uccelli.
Jounama allora si sedette sospirando: aveva bisogno di rinfrescarsi e si guardò intorno in cerca di qualcosa. C'erano lì a portata di mano i gambi di miglio freschi e pieni di vigore. Stese la mano e ne ruppe uno per potersi dissetare. Fu un vero disastro! I suoi amici, pronti ad esaudire tutti i suoi desideri, in pochi secondi falciarono il campo, distruggendo un intero raccolto. Jounama, sbigottito, correva da tutte le parti nel vano tentativo di fermare i folletti.
Intanto la ben nota vocina ancora una volta si faceva sentire:
- Sei contento, nostro grande amico? Ormai non c'è più bisogno che tu impartisca ordini; per farti piacere, noi ripetiamo esattamente i tuoi gesti.
Fu così che Jounama riprese ad andare a pescare nel fiume.
Ancora oggi a M'Banta e in tanti altri villaggi del Gabon si possono ammirare vaste distese di terra incolta. E ai forestieri che ne chiedono la ragione si racconta la disavventura di Jounama.
È merito dei piccoli geni, gentili, ma assolutamente privi di cervello, se ancora oggi, almeno in quelle terre lontane, esistono tratti di paesaggio dove la mano dell'uomo non è ancora arrivata.


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