Che si preparino i dadi

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La stessa sera Lee mangiò un unica, desolante mela. Non rivolse mai la parola a Alexander, seppur quest'ultimo tentasse di strappargli un sorriso. Decise di chiudersi nella sua stanza. Un vortice di pensieri lo avvolse...un vortice...se era il lento sgretolamento della psiche che quel Bug e la sua compagine di sadici volevano, ci stavano riuscendo. E tutto questo quando a malapena erano iniziate le ricerche. C'erano tante domande che lo assillavano: perchè proprio quei 5 agenti, lui compreso? Come facevano a sapere i loro nomi? Come ci era finito dell'acido e sopratutto una cavalletta all'interno del computer? Che razza di diavoleria era quella chiavetta?

E quel Bug, quel dannatissimo Bug. Quel gran figlio...

Uno strano rumore lo destò. Si alzò di scatto e afferrò la pistola di ordinanza che teneva nel comodino. In un solo giorno quei criminali lo avevano cambiato completamente, non era più solo un ragazzo dallo spavento facile. Si stava indurendo d'animo, avrebbe potuto sparare a sangue freddo a qualsiasi essere vivente sospetto. Nel frattempo numerosi colpi risuonavano nell'appartamento. sembrava che qualcuno stesse colpendo un oggetto metallico ripetutamente.

Lee aprì la porta della stanza di Alexander. Al suo interno, Alexander, armato di padella e già con una ferita sul bicipite, si confrontava con una figura non molto alta armata di spada che cercava di oltrepassare le sue difese. Miz non perse tempo. Prese la mira alla gamba dell'aggressore e sparò.

Uno straziante urlo femminile si diffuse nella stanza. L'estraneo, o meglio l'estranea, si voltò di scatto. Il viso era completamente coperto da un mantello nero come la pece. Lee vide la misteriosa donna tirar fuori un arpione, che passò al ragazzo. Osservò attentamente quell'arma che già aveva caratterizzato i suoi due precedenti sogni, e notò qualcosa che non aveva mai notato prima: su di un lato vi era inciso il nome tanto misterioso pronunciato da Yard nel suo delirio, Miriam. Durante tutto ciò Alexander era scomparso. Lee alzò lo sguardo. L'estranea aveva rimosso il suo mantello, mostrando la testa in peluche dell'uomo rana. O meglio, della donna rana.

-Miz ci sei vicino- disse stavolta con suadente voce femminile- domani è il secondo giorno. Se saprai usarlo bene vincerai il gioco prima del freddo, confido nel tuo istinto di giovane cavalletta.

Lee si svegliò. Erano le 7.00. Troppe domande gli frullavano per la testa, troppa confusione. Ma qualcosa gli diceva che sarebbe arrivato prima del previsto alla fine della storia. Anzi a dirla tutta, oggi avrebbe comandato lui i tre agenti rimanenti, sapeva che Ronald e Gordon glielo avrebbero concesso nel caso fosse entrato in possesso di ottime informazioni, o avesse comunque ideato un ottimo piano della giornata. Si avviò in cucina, aspettandosi il solito caloroso buongiorno di Alex,ma non lo trovò. Trovò invece un curioso biglietto sul tavolo, vicino a una colazione da re. Esso recitava semplicemente "Ho impegni urgenti, spero tu possa scusarmi Mizzino. Buona giornata, Alex". Lee non ci fece troppo caso, pieno di pensieri com'era, e approfittò della squisita colazione.

Arrivò in leggero anticipo davanti alla centrale di polizia di Dallas rispetto agli altri, e ne approfittò per studiarsi le parole utili a convincere i due veterani ad ascoltarlo. E magari sarebbe riuscito a far buona impressione davanti al "piccolo quadro" Mariam, come la aveva chiamata Gordon. O comunque qualcosa di simile.

Quando tutti e quattro gli agenti furono radunati, Il ragazzo non perse tempo nel prendere la parola.

-Colleghi- disse con aria autoritaria,stupendo tutti i presenti- Ho riflettuto a lungo questa notte, e ho analizzato mentalmente il videomessaggio del sedicente Bug, e se Ronald la smettesse di ridacchiare,vorrei illustrare la mia idea su come proseguire le indagini oggi.

-Lee ti prego- disse Ronald, trattenendo una risata - io ti rispetto perchè sei il miglior ragazzo che mi sia mai stato affidato a Buffalo, ma non esagerare ora. Questa è insubordinazione lo sai?

- Sempre a rognare vecchia carogna- intervenne il solare Gordon -lascia parlare il giovane e intraprendente Miz, magari ha davvero qualcosa di interessante da proporci!- Ronald guardò l'afroamericano con volto visibilmente stupito.

Miz era altrettanto sorpreso dal fatto che fosse stato un quasi sconosciuto ad accettare di sentire la sua proposta piuttosto che il suo maestro di vita Ronald. Contento dell'approvazione, iniziò.

-Il mio piano della giornata è questo e implicherà l'impiego di almeno due agenti supplementari, ma vista l'ottima organizzazione di questa centrale non vedo problemi: Io, Luftanova e Crews torneremo al laboratorio, mentre Ronald e due agenti sorveglieranno Quentin all'ospedale. Ricordiamo tutti quanti come Bug fosse acido nei suoi confronti, non mi sorprenderei se tentassero di ucciderlo durante il suo "salta un turno". Per quanto riguarda a noi tre del gruppo "laboratorio", ispezioneremo accuratamente una zona del suddetto da me individuata ieri, dove durante il mio perdere i sensi ho scorto una figura dileguarsi nel pavimento, probabilmente sorvegliata dal cane Paul, ormai non più una minaccia. Per ora ho pensato a questo, nel caso di un eventuale botola non saprei davvero come comportarmi, non avendo idea di cosa possa esserci all'interno. C'è un alto rischio di riportare gravi ferite e danni, sia per noi del laboratorio, sia per chi proteggerà Quentin. Chi è con me?

Tutti si scambiarono occhiate dubbiose, poi Ronald chiese:

-Quindi c'è pericolo di morte per tutti noi?

-Forse- rispose Miz

Ronald sorrise. Dopo neanche mezz'ora tutti erano pronti per iniziare. Ronald e due agenti già temprati riguardo alla sicurezza di un soggetto in pericolo di attentati erano pronti a reprimere ogni pericolo per l'infortunato Campanella. Ovviamente il vecchio chiacchierone non perse tempo per sommergere di domande il povero Quentin.

Da tutt'altra parte invece, un grande e grosso afroamericano, un piccolo ma determinato quadro di bellezza e un giovane pronto a tutto per fermare questo incubo, erano pronti a entrare nelle viscere dell'inferno. La teoria del passaggio di Lee infatti trovò conferma in una botola di legno perfettamente mimetizzata con lo sporco pavimento del laboratorio. 

Gordon non trovò difficoltà nell'aprirla, e i tre discesero attraverso una lunga e gradualmente ripida scala in pietra, perfettamente lavorata. Intorno a loro, un muro di uno strano materiale nero e completamente liscio, nemmeno un imperfezione.

Man mano che scendevano, i tre iniziavano a sentire una strana sensazione di disagio...sempre più forte, sempre più forte...

Sembrava di scendere verso l'oblio...la vista iniziava a offuscarsi, la mente iniziava a formulare ombre e suoni inesistenti...non mi piace questo gioco, pensò Gordon...

La realtà iniziò a dissolversi per tutti e tre gli agenti. Questo è il vortice, il vortice, il vortice!

Ormai nulla aveva più senso. Gli ultimi suoni reali che i giocatori udirono provenivano dalla radiolina usata da Mariam per comunicare con Ronald. Erano urli strazianti, si poterono sentire anche i lamenti del vecchio. Poi un ultima voce,femminile, pura come le vergini del culto Inca,disse

"Vi piace la follia? Vi piace leggere di come il cervello possa impazzire per un semplice gioco? Allora vi piacerà leggere delle disgrazie altrui. Ma delle pagine non vi difenderanno da lui. Chi?"

"Il Vortice"



Forse è solo un giocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora