1. Capitolo uno

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Chiusi gli occhi e tirai un sospiro di sollievo: ero tornata a casa.

Nei miei tre mesi d'assenza, avevo pensato più volte a come avrei ritrovato la mia città. Spesso riflettevo sulla possibilità che una volta ritornata, il clima caldo e piacevole della California, avrebbe condizionato i miei pensieri e avrebbe cambiato la mia visione delle cose.
Ciò mi aveva resa irrequieta e spaventata fino a quel momento.
Portai le mani alla testa e lentamente lasciai scorrere le dita tra i capelli, sorrisi spontaneamente dinanzi a quelle nuove consapevolezze. Ai miei occhi, la Londra così trafficata e caotica, adesso sembrava ancora più bella di quando l'avevo salutata. Tutte quelle brutte sensazioni mi avevano abbandonata non appena avevo fatto ingresso nel maestoso London Heathrow, l'aeroporto più bello ch'io avessi mai visto.
Il sole piano piano tramontava alle mie spalle, donando alle piste d'atterraggio una nuova luce. Davanti a quelle grandi e maestose vetrate, la vita sembrava così facile e serena che la voglia di restare lì, col fiato corto e l'espressione inebetita, mi ronzava nella mente. Quel paesaggio non rendeva giustizia, e le emozioni che riusciva a scatenare in me erano molteplici e contrastanti.
Mi ritrovai a pensare che nessun luogo poteva competere con la genuina bellezza della mia città agli inizi di Settembre. Sembrava un luogo incantato, uno di quelli descritti solo nelle grandi storie di autori importanti. Londra era decisamente la mia 'Isola che non c'è'.
Mi sentivo al sicuro da ogni cosa e amavo vivere lì, tra la freneticità dei passanti, la cordialità di chi ti incontrava per strada, l'educazione di chi non ti conosceva ma ti sorrideva ugualmente.
Scossi la testa e sfilai il cellulare dalla tasca anteriore dei jeans. Mi sentivo anch'io una turista, e nonostante conoscessi quel posto come conoscevo me stessa, volevo immortalare quel paesaggio da cartolina per non dimenticare più, che quando un luogo ti rappresenta e descrive perfettamente, non c'è altro posto che tu puoi chiamare casa.

L'aria carezzevole mi sferzò il viso e quel cielo imperlato di colori, frettoloso di mostrare prepotentemente e possessivamente la sua luna e le sue stelle, mi accompagnavano alla ricerca di un taxi disponibile per la mia corsa contro il tempo ma soprattutto contro la stanchezza.
Poggiai le due valige al suolo ed alzai il braccio destro per attirare l'attenzione dei tassisti. Dopo una manciata di secondi una black cabs già mi affiancava e dopo tanto tempo, mi ritrovai a ringraziare tra me e me il sistema che in una città così immensa, funzionava magnificamente. Il conducente dell'auto si affrettò a raggiungermi e a prendere i bagagli dalle mie mani, senza mostrare alcun tipo di sforzo poi li caricò nel portabagagli e mi aprì la portiera del retro dell'automobile con fare gentile e cavalleresco. Il sorriso di gratitudine che mi si dipinse sul volto, non tardò ad arrivare e dopo aver borbottato un leggero 'grazie', presi posto sul tessuto di pelle nero.
La città scorreva veloce sotto i miei occhi. Gli appartamenti, in grossomodo simili tra loro disposti a schiere, mi davano un senso di tranquillità e ordine che riuscivo a ritrovare solo nei paesini dell'Inghilterra. Da lontano la Clock Tower sorvegliava la sua città mentre il London Eye, proteggeva le rive del Tamigi innalzandosi imponente ai suoi piedi. Il fiato mi si mozzò in gola quando i colori sgargianti della ruota panoramica diventarono a tratti rossi e blu. Adoravo vedere determinate strutture illuminate padroneggiare nel bel mezzo di Londra e il London Eye, era decisamente quella che preferivo.
Era così confortevole viaggiare di sera, quando ormai il cielo mostrava le sue lucciole e la frescura solleticava il viso che per un attimo, dimenticai tutta la spossatezza che attanagliava il mio corpo.
Aprii il finestrino, feci scivolare la mano al di fuori del vetro e tracciai delle onde nell'aria. Il venticello fresco che attraversò i miei capelli mi fece capire che le temperature si erano notevolmente abbassate e che molto probabilmente era proprio questo l'aspetto che più amavo di Londra: la sua imprevedibilità. Mi piaceva pensare, che proprio come me, questa città era lunatica e capricciosa. Un attimo prima splendeva il sole e quello dopo una leggera pioggia ti imperlava indispettita la pelle. Mi sentivo simile a questo tempo così indeciso e maldestro, mi rispecchiavo totalmente nel repentino cambio d'umore di questo cielo così bizzarro e volubile. Forse era per questo che mi sentivo veramente a casa, perchè ero così affezionata ad ogni piccolo particolare di questo posto, che solo a pensarci mi batteva il cuore e mi s'inumidivano gli occhi.
«La ringrazio, buona serata.» Biascicai con voce insonnolita al conducente dell'auto nera, subito dopo aver pagato.

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