7. Capitolo settimo

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Gettai lo sguardo allo specchio, distratta e senza voglia alcuna, e notai come i capelli corti, fin troppo per i miei gusti, donavano al mio viso un aspetto completamente diverso. Gli occhi da bambina curiosa erano quelli di sempre ma sembravano impercettibilmente più grandi, le ciglia folte accarezzavano la mia pelle e fino a quel momento non ci avevo mai prestato tanta attenzione. Sorrisi e con le dita scostai i capelli sulle spalle, facendoli svolazzare e guastando quel perfetto caschetto lungo che mi ritrovavo, rendendolo più spettinato.
Non avevo mai portato i capelli corti, erano stati per me, da sempre, una leggera corazza, una sottile barriera che mi allontanava di poco dal resto del mondo, come a proteggermi da eventuali attacchi esterni. Con l'inizio di questa strana e nuova vita che giorno dopo giorno stavo affrontando, avevo bisogno anche di un cambiamento fisico, di novità.
Mag sedeva al mio fianco con un caffè bollente tra le mani, lo sorseggiava tranquilla, intonando una melodia che mi ricordava una canzone famosa che però non seppi riconoscere.
Scattò in piedi all'improvviso e prese a girare per il bagno, per poi uscire dalla stanza e dirigersi chissà dove.
Strinsi gli occhi a due fessure e sospirai; lavai le mani e lasciai i polsi qualche secondo in più sotto l'acqua fredda, lì immobile, senza pensieri per la testa, cercando di concentrarmi sul mio respiro e sul rumore dell'acqua.
«Sai se porterà qualcuno stasera alla mostra?», disse la mia amica non appena misi piede in cucina.
Scossi la testa capendo di chi stesse parlando e abbassai lo sguardo, girai intorno all'isola e iniziai a frugare tra i cassetti, quando trovai le bustine di tea alzai le mani e feci scegliere a lei la fragranza: tea a limone.
«Sai se si presenterà?», ritentò cercando di strapparmi qualche informazione in più, non sapendo però che io ne sapevo tanto quanto lei.
Il giorno prima io e Licht ci eravamo lasciati in modo molto confuso, avevamo lasciato che delle strane incomprensioni ci allontanassero e segnassero il nostro rapporto, così senza muovere un dito, senza spiegare l'uno all'altro cosa ci aveva portato a reagire come dei bambini dispettosi, bisognosi di fare i capricci per attirare l'attenzione.
«C'è qualcosa che sai, Mare?», il tono rassegnato che usò mi fece sbuffare e alzare gli occhi al cielo ma nello stesso tempo gioire interiormente perchè significava che si era stufata di quel brutto e insensato gioco di domande. «Perchè ti interessa tanto Mag?», sputai insofferente e scocciata depositando l'acqua calda nella tazza con la bustina di tea dentro, aspettando impaziente una risposta. Puntai lo sguardo sulla mia amica, aveva le mani intrecciate e gli occhi fissi su di esse, i capelli raccolti in uno chignon spettinato e le labbra increspate di chi aveva tante cose da dire ma non poteva farlo. «Perchè ti piace e so che è uno stronzo, mi preoccupo per te.», disse facendo spallucce e lasciando la stanza senza aspettare un mio eventuale attacco, indifferente e fredda come se la reale preoccupazione nei miei riguardi, non significasse davvero qualcosa.
''Ti sbagli, Mag. Io non provo nulla per lui.'', sillabai a bassa voce più a me stessa che a lei, che non poteva sentirmi ormai lontana da dove mi trovavo.
Presi un'abbondante sorso dalla tazza in vetro, lasciai che il liquido bollente percorresse la mia gola e lavasse via tutte le parole che non riuscivo a dire, tutti quei pensieri che restavano incastrati e che ogni volta per qualche stupida motivazione non riuscivano a venir fuori. Ci si poteva davvero sentire così, confusi e tormentati allo stesso tempo?
Avevo sempre desiderato una vita facile, in fin dei conti l'avevo avuta, ma perchè allora adesso la facilità degli eventi mi lasciava insoddisfatta? Mi sentivo affamata, avevo voglia di emozioni, anche veloci e non ricambiati, ma ne avevo davvero l'esagerato bisogno che neanche mi riconoscevo più.
Ma chi era quella ragazza dai capelli corti che poco prima si analizzava minuziosamente e silenziosamente allo specchio?
Afferrai il cellulare dalla tasca del mio skinny jeans, digitai il numero del giovane scrittore e lo accostai all'orecchio.
«Mr. Butler, come sta?», un leggero imbarazzo mi bloccò e per qualche secondo mi impedì di parlare. «Volevo dirle che purtroppo oggi non potremmo vederci, le scriverò io domani, sono tremendamente dispiaciuta. Le auguro una buona serata.», proseguii in fretta e senza alcuna pausa prima di riagganciare e stringere l'aggeggio al petto.
Non mi ero mai sentita così stupida nel parlare ad una segreteria, e non mi ero mai sentita più bugiarda nell'augurare una cosa che in realtà non volevo, o almeno non senza di me.

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