Capitolo III

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Una bomba di compito d'inglese, mi aspetto minimo una B.
Ma cosa ti puoi aspettare da una professoressa che dimentica la copia del compito sulla cattedra il giorno prima? Ovviamente tutti noi abbiamo scattato una foto e ci siamo preparati a casa le risposte, perciò molto probabilmente ci saranno A e B ovunque.
E così anche la seconda ora è finalmente passata. Andai a prendere il cambio di vestiti dall'armadietto per poi arrivare nella palestra scolastica e fare l'ora di ginnastica.
Mentre correvo nel corridoio apparentemente vuoto, mi cascò il libro di letteratura, e con sé tutto l'astuccio.
<Cazzo> mormorai a bassa voce.
Mi piegai per raccogliere la roba da terra e ad un certo punto un paio di mani calde toccarono le mie.
Alzai velocemente lo sguardo, spaventata e curiosa di sapere chi fosse colui o colei che mi stava aiutando.
<Ce la faccio, graz..> e mi bloccai.
Due occhi magnetici verdi stavano guardando nel profondo dei miei nocciola..
<Scusami, pensavo ti servisse aiuto> fece lui.
<I-io, cioè s-si grazie..> balbettai intimorita.
Lui mi sorrise, e fu come quando i raggi del sole colpiscono tutto a un tratto un ghiacciaio, da sempre stato solido e compatto.
Non penso di aver visto mai persona più bella.. Occhi tondi verdi, labbra perfette, naso scolpito, due zigomi che sembravano fatti proprio su misura per il suo viso ben definito incorniciato da capelli castano scuro, quasi neri.
Non lo avevo mai visto prima, altrimenti me ne sarei accorta sicuramente.. Persone così non passano inosservate.
Era un ragazzo nuovo? Da dove veniva? Come si chiama?
Queste erano le domande che mi stavo ponendo.
Ero talmente presa dai miei pensieri che quasi non mi ricordai che la campanella era già suonata, e che stavo facendo tardi a motoria.
<Oh merda!> esclamai, mentre correvo giù dalle scale.
Mi feci ben tre rampe di scale e per poco non cadevo alla seconda!
Mi cambiai i pantaloni, mi misi le scarpe Nike da ginnastica e mi precipitai dentro la sala.
Erano tutti in fila e stavano facendo le squadre di palla avvelenata, gioco che odiavo a morte poiché ero sempre la prima del mirino.
<Oh, la signorina Coliridge alla fine ha deciso di concederci la sua presenza.> disse ironicamente il professor Mackfair.
<M-mi scusi professore.. > cercai di dire.
Mi sentivo così osservata, tutti i miei compagni di classe mi stavano fissando e contemporaneamente ridevano di sottecchi.
<Per tua informazione stavamo facendo le squadre di palla avvelenata, perciò disponiti nella fila> ordinò egli con tono imperiale.
<S-si>
I due capitani scelsero per prima i giocatori più forti, e poi quelli più scarsi. Ovviamente fui come sempre lo scarto, quel personaggio che viene per forza aggiunto alla squadra perché altrimenti si è dispari.
E quando il professore inalò in sé tutta l'aria possibile e fece emettere al fischietto il suo suono stridente, ecco che l'incubo iniziò.

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