Il sangue non forma una famiglia [pt. 1]

850 60 19
                                    


Mi alzai, decisa a tornare a casa, quando, dopo aver preso metodicamente la mira, un sassolino finì dritto dentro il lago, peccato che avessi scelto tutt'altro come obiettivo. 

Sospirai. 

Non ero capace nemmeno di scegliere in quale punto mandare un sasso, figuriamoci la mia vita! Camminavo a testa bassa verso la casa XIII pensando alle parole della dea dell'amore, "Che cosa stupida l'amore" pensai mentre calciavo un altro ciottolo, lei non poteva certamente sapere nulla di me e questa era la verità. O almeno cercavo di far credere a me stessa che quella fosse la verità. Continuavo per la mia strada senza smettere per un momento di pensare o ricordare, strinsi gli occhi cercando di non lasciar libere le lacrime. Avevo ancora le immagini fresche nella mente, mia madre era così bella, così dolce... Mi passai rabbiosamente una mano sugli occhi per spazzare via le lacrime e strinsi i denti, non era a quello che dovevo pensare, ma alla dea o qualunque altra cosa che mi aveva preso di mira.

Sospirai ed entrai in casa, senza sollevare lo sguardo. Potevo sentire la presenza di Nico sull'altro letto, ma non avevo il coraggio per affrontarlo, non ora. Mi buttai a peso morto sul materasso e nascosi la faccia nel cuscino emettendo un verso che mi ricordò vagamente una balena morente. Quanto avrei voluto sotterrarmi in buco in giardino e rimanere lì, in un bozzolo, in modo tale che il mondo esterno non avesse potuto ferirmi in altri modi. Ovviamente questo non era possibile, perché odio gli insetti. Così mi ritrovai a fissare il materasso cercando di contare gli acari presenti nella stoffa, un lavoraccio.

– Rosie. – mi chiamò Nico con voce fluida facendomi sbuffare. Non risposi, non avevo voglia di conversare. Continuai a tirare i fili delle lenzuola ignorandolo completamente.

– Rose – continuò lui, aumentando il tono. Si mosse sul letto mettendosi in ginocchio, ma lo ignorai comunque.

Sbuffai con più forza coprendomi fino alla testa con le coperte.

– Rosalie. – mi apostrofò, con voce ferma e adirata, ad un millimetro dall'orecchio facendomi scattare seduta con gli occhi spalancati.

– Dannazione Nico! "Spazio personale" – mimai con le dita le virgolette – Ne hai mai sentito parlare o cosa? – dissi alzandomi per andare a chiudermi in bagno, ovviamente mi seguì.

– A quanto pare, "cosa" è la risposta. – sbuffai senza girarmi, aprendo il rubinetto e facendo scorrere l'acqua calda.

Lo sentivo dietro di me, immaginai che mi fissava con i suoi maledetti occhi neri e incrociava le braccia al petto inarcando un sopracciglio. Sollevai lo sguardo, cauta, e sbuffai. Ovviamente era proprio quello che stava facendo.

Sospirai appoggiando le mani al lavandino e chiusi gli occhi chinando la testa, poi lo guardai dallo specchio: – Cosa c'è? Dimmi. – gli chiesi.

Lui si limitò a fissarmi ancora, penetrandomi con lo sguardo freddo e irremovibile, mi fece venire i brividi lungo la schiena. Schiuse le labbra, lentamente, e si avvicinò a me sciogliendo la presa sulle braccia.

– Mi dispiace – fu tutto quello che disse. 

Mi voltai. Lui rimase in silenzio a guardarmi, studiando le mie emozioni ingarbugliate l'una con l'altra, senza proferire alcuna parola. 

Lui sapeva. Sapeva come ci si sentisse a ricevere una notizia del genere, come ci si sentisse alla morte della propria madre. Pensai al suo sorriso, dolce e caldo, quel genere di sorrisi che ti fanno sentire in un giorno di primavera. Poi pensai alle parole di Afrodite, alla pressione che mi aveva scaricato addosso, e non pensiamo poi al resto delle responsabilità che mi erano state affidate senza essere nemmeno una vera semidea. Non mi accorsi delle lacrime sulle mie guance fino a quando Nico non le spazzò via strofinandoci delicatamente i pollici.

Daughter of HadesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora