• Capitolo 1

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Camminai silenziosamente nei corridoi di quell'edificio chiamato scuola, sentii gli occhi di chiunque addosso. Provai solo fastidio, non capii come la gente possa essere attratta da un corpo così esile e piccolo. Non riuscii a trovare nessuna risposta plausibile, forse si annoiavano.

"Vi prego basta!"

A ogni passo sentii come delle lame nella pancia, una, due, poi una più forte. Corsi velocemente in bagno, chiusi la porta dietro di me e mi accasciai con un tonfo su quelle pianelle fredde e sporche. Mi rialzai, aiutandomi con il lavandino, quando il dolore si placò per un po'. Mi guardai allo specchio. Quello che vidi mi terrorizzò, era da molto che non lo facevo, non avevo più avuto il coraggio, troppa paura di guardare la realtà, com'ero fatta, piena di difetti, con le guance scavate e le occhiaie nere che mi coprivano gli occhi verdi, un verde speranza, ma tutte le speranze le avevo perse molto tempo fa.

Raccolsi la borsa da terra e uscii dal bagno.

-Hope. - Mi girai riconoscendo la voce del mio amico.
-Ciao Honey. - Sorrisi guardandolo, era l'unico dopo lui che mi capiva veramente, potevo sempre contare su quell'ammasso di riccioli, e lui da vero amico, fratello me lo ripeteva sempre.

-Come stai oggi?. - Mi chiese incastrando i suo occhi nei miei.

-Bene. - Menti, e feci quel sorriso, quello che non esprimeva gioia ma neanche dolore, quello che gli altri vedevano come se dicessi "Sto andando avanti, sono forte." Ma era solo una scusa, una banale scusa per non cominciare per la centesima volta quella discussione.

Mi guardò dubbioso, ma, per mia fortuna, lasciò perdere e prendendomi per mano mi trascinò verso la mensa, ignorai il mal di pancia, insistente a ogni passi più doloroso.
Esitai un po' prima di sorpassare la porta, sapendo che appena l'avrei fatto, saremmo dovuti andare nel tavolo degli amici di Harry, e che appena entrata tutti mi avrebbero fissata.
Harry spinse le due grandi porte con facilità, lasciandole aperte per farmi passare. Appena feci i primi due passi per entrare, l'odore di stufato mi entrò nelle narici, inspirai forte e chiusi gli occhi godendomi quel momento, erano anni ormai che non sentivo più quell'odore, non era la cosa più buona del mondo, ma mi ricordo, che mia mamma me lo cucinava ogni venerdì sera, scacciai quei pensieri tristi riaprendo di scatto gli occhi.

Un silenzio inquietante travolse la stanza, Harry mi mise un braccio intorno alle spalle sotto lo sguardo di tutti i presenti.
-Avete bisogno di qualcosa? Se volete vi faccio una foto!- Urlò alzando in aria il braccio libero come fare drammatico. Risi nervosamente nascondendo il viso nel suo braccio, quando alzai lo sguardo verso di lui, lo trovai a fissarmi, gli occhi pieni di preoccupazione, sorrisi rassicurandolo. Mi spinse delicatamente verso la sua tavolata, da lontano riconobbi i suoi amici, mi feci sempre più piccola cercando di nascondermi.
-Buongiorno ragazzi.- Harry salutò tutti con un leggero movimento della mano libera.
-Vi ricordate di Hope vero?- Continuò indicandomi con un cenno della testa.
-Certamente.- Rispose un ragazzo biondo, Niall mi sembra, aveva un sorriso che andava da un orecchio all'altro, alquanto inquietante per i miei gusti, trasmetteva felicità da tutti i pori.
Feci un piccolo sorriso di rimando. Spostai la mia attenzione sulla ragazza affianco a lui, Kay, Harry mi aveva parlato molto di lei, non troppo simpatica. Mi guardò con compassione, spinsi via l'ondata di fastidio e la salutai. Liam si alzò venendomi incontro, circondò il mio piccolo corpo con le sue braccia possenti prima di lasciarmi un bacio sulla fronte con fare paterno.
-Ciao Hope.-
-Ciao Lì, da quanto tempo!- Sussurrai, in effetti era da molto che non lo vedevo, da quel giorno, era venuto a consolarmi ma l'avevo cacciato.
Annuì senza aggiungere altro, per poi ritornare nel suo posto.
-Vado a prendere da mangiare, vuoi qualcosa?- Mi chiese Harry, negai con la testa prima di sorpassarlo, sapendo che stava per ribattere, e presi posto affianco a Liam.

• • •

Il dottore mi aveva vietato di usare i mezzi pubblici, diceva che bisognava evitare gli attacchi di panico. Lo ascoltavo, ubbidivo sempre, non volevo ripetere gli errori che aveva fatto in passato. Quindi, 210 giorni all'anno togliendo le domeniche, Natale, Pasqua e festività varie, andavo a piedi. Photograph di Ed Sheeran partì indicandomi una chiamata, risposi sapendo già il destinatario.
-Harry?- Chiesi sorpresa, mi chiamava solo quando non ci vedevamo per tutto il giorno, ma siccome ci eravamo appena salutati mi sembrava strano.
-Hey, Hope!-
-Emm.... Hai bisogno di qualcosa?-
-No, veramente mi stavo annoiando e dato che sicuramente sei da sola, ti ho voluto chiamare!- Rispose ovvio.
-Ah, okei, mi fa piacere.- Risi piano.
-Ecco, questo è il suono che volevo sentire. Sei già arrivata a casa?.-
-Si, sto oltrepassando il viale.- Notai con la coda dell'occhio una macchina bianca parcheggiata davanti alla casa del vicino, alquanto strano dato che l'uomo che ci abita è vecchio e solo.
-Bene.- Misi una mano nella tasca del giubbotto in cerca della chiave, ma prima di inserirla nella serratura notai che la porta era aperta.
-Cosa?- Sussurrai, dimenticando, per un momento, Harry in chiamata.
-Cosa, cosa?- Chiese confuso.
-La porta è aperta.-
-Hope? Non è che tuo fratello è tornato?- Chiese, senti preoccupazione nella sua voce.
-Impossibile, è partito solo ieri.- Spinsi piano la porta, il salotto era come l'avevo lasciato, la luce della cucina era accesa, cosa molto strana dato che anche quando sono in casa non accendo le luci per risparmiare.
-La luce è accesa.- Continuai.
-Sto arrivando, aspettami.- Queste furono le ultime parole prima di sentire un bip continuo.
-C'è qualcuno?- Chiesi, ero terrorizzata all'idea che qualcuno fosse entrato a casa mia, nel mio spazio. Bloccai il telefono e lo misi in tasca.
-Sono in cucina!- Urlò una voce non troppo familiare, ma non riuscii a capire di chi fosse, troppi pensieri mi inondavano la mente non lasciandomi pensare lucidamente.
Mi avviai verso la cucina, la porta in legno ormai consumato era socchiusa, il rumore di padelle e posate si faceva sempre più forte. Aprii la porta, rimasi spiazzata alla vista di mia nonna che cucinava tranquillamente nella mia cucina. La stessa nonna che abbandonò mia madre perché era scappata dall'ira di mio nonno, la stessa nonna che abbandonò me quando mia mamma nonché sua figlia se ne andò, la stessa madre che non si degnò di venire al funerale di sua figlia.

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