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G O L D ;

Canzone per il capitolo: Northern light, Jaymes Young.

ENJOY.

"Salti tu, salto io. Ricordi Rose?" Parlò quel bel figo di Leonardo di Caprio dalla chioma bionda e dal fisico ipnotico, ma io non stavo seriamente seguendo la drammatica vicenda, bensì ascoltavo la gracchiante e roca voce di Amanda dal capo opposto della cornetta piangere disperata in seguito all'ennesima rottura che aveva avuto con Nick, il suo ragazzo.

Strano, vero?!

No, per niente.

Nick era uno dei ragazzi più pazienti che conoscessi, eppure riusciva comunque a stancarsi della mia storica amica scorbutica quasi quanto hippie, che conoscevo da quando avevo cambiato scuola, in seguito al mio trasferimento a quindici anni a causa del quale dovetti lasciare la mia rovinata casa sull'albero, il piccolo ranch che condividevo con zia Vivian, zio Louis e i loro due figli: mio cugino Zack e sua sorella Nora, e di conseguenza, drasticamente, il continente.

Che storia commovente, già!

Ci misi appena qualche mese ad ambientarmi nella nuova casa, e nel giro di un anno, mentre festeggiavo la vigilia di natale in compagnia di mia madre, una ciotola di pop corn e una vasta lista di film natalizi, mi era già passata l'avversione verso la nazione in cui non mi sarei mai immaginata di andare ad abitare: il Canada.

D'altra parte vedevo ancora il Texas come la mia patria. Casa mia, insomma.

"Non ha voluto sentire ragioni, capisci Jules? Tutto questo per-perché non mi ama abbastanza!" Si prese una pausa per singhiozzare, ed in modo scoordinato si soffiò il naso trattenendo il cellulare tra l'orecchio e la spalla.

La immaginavo immergere le mani nella sua chioma perfettamente liscia e lucida chiusa in una coda morbida e i suoi caldi lineamenti meridionali avvolti in una casacca dai colori sgargianti, che solitamente lei indossava per stare in casa. L'aria fuori era umida e fredda, ma da brava ecologista non amava tenere per troppo tempo il ricaldamento acceso; infatti moriva sempre di freddo in quell'appartamentino insulso che condivideva con Samantha, una cara ragazza che si faceva di crak con la stessa frequenza con cui si beve un bicchier d'acqua.

L'avevo praticamente costretta a cambiare coinquilina, ma diceva che ormai tra lei e Sam si era creato un certo feeling. Ogni tanto mi riferiva di star comunicando con lei, e che confidava nel fatto che, prima o poi, avrebbe smesso di drogarsi. Purtroppo non ero ottimista come lei da questo punto di vista, e le numerose sere in cui Sam non era a casa con Amy potevo benissimo indovinare cosa andasse a fare.

"Per forza, gli hai dato un ultimatum bello e buono. Lascia in pace quel povero ragazzo, non può costringerlo ad incontrare i tuoi." Sospirai piano non volendo infierire sul suo pianto disperato, cosa che comunque feci inevitabilmente.

Per quanto cercassi di temporeggiare e parlarle amorevolmente, come una sorella, non vi riuscivo mai. Era sempre una lotta durissima farla sorridere nei suoi momenti no.

"É egoista da parte sua, io- io vo-vorrei che mi capissi. Ashton ha conosciuto tua madre anni fa!" Inizió ad usare un tono un po' più irritato battendo i denti tanto tremava, un po' era il freddo, un po' la rabbia ed il pianto, facevano sembrare il tutto più drammatico di quello che in realtà fosse.

"Senti Amanda, tranquillizzati! Hai bisogno di distrarti, farti una bella dormita e domani ci penserai. Sono già le... umh... é tardi!" Brancolai nel buio senza sostegno per un momento, volevo solo morire e seppellirmi sotto al caldo piumone dentro al quale mi avrebbe raggiunto Ashton qualche minuto più tardi con il quale avrei potuto rilassarmi a fondo.

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