Qualche ora dopo mi hanno dimessa dal pronto soccorso e mia mamma mi ha portata da mia nonna. Nessuna delle due durante il tragitto ha detto una parola, eravamo entrambe arrabbiate e convinte di aver ragione. Una volta arrivata da mia nonna mi sono coricata sul divano e ho dormito tutto il giorno. Ero triste, arrabbiata, indignata, depressa... Dentro di me pensavo: "se non mi hanno ricoverato è perchè non sono abbastanza magra.." Ma d'altra parte ero io la prima a non voler finire in ospedale, quindi ho scacciato quel pensiero e sono tornata sul mio pensiero fisso: le calorie. Mi sono fatta il piano alimentare per quel giorno e quello seguente e finalmente mi sono alzata dal letto.
Ho camminato un po, giusto per bruciare qualche caloria in eccesso, anche una sola, non m'importava. E poi l'aver mangiato quella fetta biscottata in pronto soccorso proprio non mi andava giù. Camminare non mi bastava, ho cominciato a fare i miei esercizi per bruciare mille calorie, ne ho fatte due serie. Ero sfinita ma la vocina mi convinceva che potevo farne ancora una.
Forza, io credo in te.
Palla di lardo.
Quindi ne ho fatta una terza.
Suona il citofono, è mia mamma.
-Domani abbiamo appuntamento con lo psicologo, ricordatelo.-
-Come dimenticarlo.- Avevo risposto io, sarcastica. Ero ancora molto arrabbiata.
La mattina seguente mamma mi ha portata nell'ambulatorio dell'ospedale, e dopo un quarto d'ora siamo state ricevute dallo psicologo e da Deborah in una stanza.
Abbiamo un po' parlato tutti insieme, mamma ha raccontato quello che facevo finta di mangiare e io rispondevo a monosillabi per restare il più vaga possibile, anche se le risposte erano dettate dalla vocina.
Poi Samantha ha detto:
-Parlo un secondo con Elena, va bene per lei?- rivolgendosi a mia mamma.
-Certo.- ha risposto, uscendo dalla stanza seguita dallo psicologo.
-Allora Elena, come va?-
-Bene.- mentii. Non avevo voglia di parlare nemmeno con lei.
-Te l'avevo detto cosa sarebbe successo se non mangiavi... Non ti preoccupa questa cosa.-
-Sinceramente, no.-
-Non t'importa di farti del male? Che stai rovinando la tua vita? E anche le persone intorno a te soffrono...-
Stavo per mettermi a piangere, non reggevo più tutta la situazione.
-Si che m'importa. Ma non riesco a vivere per me. Mi sembra sempre di vivere in funzione degli altri, fare le cose perchè è giusto farle. Se per esempio qualcuno fa una battuta, anche se non mi fa ridere, rido perchè è la cosa giusta da fare. È difficile da spiegare. Poi sabato ho pensato di buttarmi giù dalla finestra, ho scritto una lettera sai... Non vedevo un motivo preciso per farlo ma nemmeno uno per non farlo...-
Ero una fontana.
Debole.
ZITTA.
Avevo risposto alla vocina. Stavolta stavo male veramente e dovevo mettere me in primo piano.
-È grave questa cosa che mi hai detto, non l'hai mai detto a nessuno?-
-No.- Ho risposto singhiozzando.
-Okay adesso parlo un attimo con il dottore e arrivo, aspetta qui.- mi ha accarezzato il dorso della mano contratto in un pugno, poi mia mamma è entrata dalla porta.
-Che succede?- mi ha chiesto.
-Niente.- ho risposto.
Non ha detto altro.
Poco dopo sono rientrati Deborah e il dottore, rigido come un palo, impassibile. Sembrava uno stoccafisso. Deborah invece mi guardava con dolcezza.
-Data la situazione io e la dottoressa Vitali suggeriremmo un ricovero breve. Lei cosa ne pensa?-
-Se serve a farla stare bene, non ho nulla in contrario.-
-No!- ho gridato io.
-Io li non ci torno.-
-Sarà solo per poco.- Ha detto Deborah.
-Non m'importa!-
Dopo un po' di tira e molla mi sono arresa, anche perchè essendo minorenne non potevo fare altro, e ho seguito Deborah in reparto, mentre mia mamma era andata a prepararmi una borsa a casa.
-Almeno ci sei tu vero?-
-No...- Sembrava dispiaciuta.
-Questo è il mio mese nell'altro padiglione. Però vengo a trovarti.-
-Tutti i giorni?-
-Tutti i giorni.-
Mi sono seduta sul letto, me lo ricordavo bene quell'ospedale. Pareti grigie, un lavandino sulla destra, un letto, un armadio. Fine.
-Almeno sono in stanza da sola.- ho pensato. Avevo gli occhi gonfi per il pianto. Ho risposto a qualche messaggio ed è arrivata mia mamma. Mi sono messa in pigiama, almeno era come avere un pezzetto di casa con me.
Poco dopo hanno chiamato per la cena. Ho scelto una torta di zucchine. L'ho tagliata tutta a cubetti e ho mangiato un cubetto. Poi sono tornata in stanza e mi sono messa a letto, ho pianto di nuovo e pochi minuti dopo mi sono addormentata.
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Il peso della felicità // Anoressia e Bulimia - la mia storia
Non-FictionQuesto racconto parlerà del mio viaggio con l'anoressia. È iniziato tutto cosí: una dieta, un po' più di sport, stare attenta alle calorie. Poi quella voce che si insedia nella tua testa e grida: "mangia di meno,sei una grassona!" E quello che dovev...