Capitolo 8

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Era cominciato un altro noiosissimo giorno in ospedale. Dopo che mi hanno svegliata sono andata a riprendermi il cellulare, che avevo fatto mettere a caricare dagli infermieri la sera prima. Sono tornata a letto, stare in quell'ospedale mi impigriva, mi succhiava via la vita. Sblocco il cellulare, una chiamata persa: mamma. La richiamo.
-Ehi Elenina come stai?- Mia mamma aveva, e ha tuttora, la brutta abitudine di urlare al telefono.
-Va'.-
-Oggi vengo per pranzo, ho sentito papà, ti saluta tanto.-
Mio papà era andato in Islanda per fare fotografie, sarebbe tornato nel fine settimana.
-Come vuoi.-
-Ora devo andare che ho una riunione, ciao stellina.-
-Cià.- Ho riattaccato.
Daniele  è spuntato dalla mia stanza.
-La fai la colazione?- Ho scosso la testa convinta. Cominciava ad essere tutto molto irritante. Così, per farmi passare la rabbia generale, ho fatto i miei esercizi del giorno.
Intanto continuavano ad arrivare i messaggi dei miei amici e io continuavo ad assicurare che stavo bene. Rigirandomi nel letto mi toccavo le ossa, una ad una, sporgevano tutte.
Le mie preferite erano quelle del bacino e quelle sul petto. Ho letto un pezzo del libro che mia mamma mi aveva portato la sera prima, ma il tempo sembrava non passare mai. Poi è arrivata l'ora fatidica: il pranzo. La sera prima avevo scelto dal menù le cose meno caloriche apposta. Sono andata nella sala comune e ho preso il vassoio: pollo e verdure bollite.
Dovevo organizzare il pranzo senza creare sospetti. Ho cominciato bevendo due bicchieri d'acqua, come al solito. Poi ho deciso di cominciare dalle verdure. Ho messo tutte le carote da una parte, erano la cosa meno calorica lì dentro, e poi le mangiavo anche a casa. Una carota aveva solo 28 calorie, e lì dentro ce ne sarà stata mezza. Ho mangiato tre o quattro rondelle di carota, bevendo tra un boccone e l'altro almeno quattro sorsate d'acqua. Poi, cercando di farlo nella maniera più naturale possibile, ho spantegato il resto del cibo e ho lasciato sul vassoio il pollo, ma quando stavo per buttare via le verdure, Danilo mi si è piazzato davanti.
-Cosa hai mangiato?-
-Le verdure.-
Mi guardava come se si aspettasse che aggiungessi qualcos'altro.
-E basta?-
-Già.-
Mi sono trascinata in camera. Poco dopo, mentre stavo leggendo, sento bussare alla porta.
-Permesso..-
-Ciao mamma.-
-Ti ho portato un po' di cosine: vestiti, libri, roba per studiare, disegnare... E questi!-
Ha tirato fuori da un sacchetto un pacco gigante di cioccolatini, i Lindor, i miei preferiti.
-Tanto non li mangio.-
-Non devi per forza mangiarli, sono anche da offrire.-
Come no. Intanto li avrò tutto il giorno sul comodino ad urlarmi -mangiami.-
-Ok, grazie.- Ho preferito far finta di niente.
-Che dicono i tuoi amici?-
-Nulla.- Ero rannicchiata sul letto e non avevo voglia di parlare.
-È venuta la dottoressa stamattina?-
Ho scosso la testa.
-La Vitali?-
-Bho.-
Mia mamma si è seduta sul letto e ha cominciato ad accarezzarmi.
-Andrà tutto a posto.-
Senza che me ne fossi accorta stavo piangendo.
-Vai via, perfavore.-
-Che succede?-
-Vai via, ti prego.-
È uscita dalla stanza, triste.
Non volevo mi vedesse piangere, non volevo pensasse che fosse colpa sua.
Dieci minuti dopo mi sono pentita di averla mandata via, ma il mio orgoglio del cavolo non mi faceva muovere le dita per digitare quelle semplici cinque lettere: 'scusa'. E così sono rimasta sola. Di nuovo.

Il peso della felicità // Anoressia e Bulimia - la mia storiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora