Capitolo 4

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Quel sabato era uno di quei giorni in cui ti alzi proprio con il piede sbagliato. La domenica sarei stata fuori tutto il giorno e quindi non avrei potuto studiare, per lunedì avevo da fare ancora Greco e Filosofia. Così, svogliatamente, sono andata in bagno e mi sono data una sciacquata, sono tornata in camera, ho inforcato gli occhiali e mi sono seduta alla scrivania. Ho aperto il libro di filosofia e ho cominciato a leggere, ma le parole mi entravano e mi uscivano senza restare neanche un po'. Allora sono dovuta ricorrere al metodo d'urgenza: una caramella alla menta. Sembra poco, sembra una cavolata, ma quella caramella alla menta da un mese mi permetteva di continuare a vivere "normalmente" e riuscivo a concentrarmi, non potevo più vivere senza.
-Allora, cominciamo.- mi sono detta.
-I presocratici...-
Leggevo, leggevo ma non capivo le parole. La testa mi faceva male, gli occhi mi si incrociavano e le mani hanno cominciato a tremare. Prima che potessi rendermene conto avevo sferrato tre pugni al muro e la mia mano stava sanguinando. Stavo piangendo, urlando, e mia mamma è arrivata di corsa.
-Calma, calma...- Mi diceva.
-Poi studiamo insieme.-
-Voglio morire mamma! Voglio morire...-
-Cosa dici... Dai vieni.-
Ma io non l'ascoltavo neanche, pensavo solo di voler morire, di volermi tagliare le vene e non sentire più niente.
-Mettiti a letto.- mi ha spinta sotto le coperte ed è uscita dalla stanza. Io continuavo a piangere. Forse tutta quella situazione era diventata insostenibile, perfino per me.
Mia mamma è tornata con il cellulare in mano.
-Chiamo Deborah.-
-No! È sabato e comunque non voglio parlarle.-
Le dicevo tra i singhiozzi.
-Perchè?-
-Perchè no. Voglio stare sola.- mi ha accarezzato la spalla ed è uscita dalla stanza. Io ho tirato giù le tapparelle e mi sono nascosta sotto il piumone. Forse non ci dava più importanza perchè ormai ci era abituata, ma quella volta era diversa. Sapevo di aver davvero toccato il fondo, non ero mai stata così male.
Non volevo vedere nessuno.
Non volevo parlare con nessuno.
La mia vita non aveva un senso.
Così ho pensato: mi siedo sul davanzale della mia stanza e vedo cosa provo. Avevo la mente annebbiata.  Subito dopo mi sono detta: "ma sei scema?!" E ho lasciato perdere. Quel pensiero però continuava a frullarmi in testa.
Dopo un po', non so esattamente quanto tempo fosse passato, ma a giudicare dalla tavola apparecchiata doveva essere ora di pranzo, sono andata in cucina.
-Io non mangio.- Ho detto a mia mamma.
-Come mai?-
-Non mi sento bene.-
-Misuriamo la febbre.-
Mi sono seduta sul divano con il termometro sotto l'ascella e il braccio ben stretto.
Dopo qualche minuto ha suonato con un fastidiosissimo "BIP, BIP": 38 e 2.
-Bene, oggi te ne stai buona buona a casa.- mi aveva detto mia mamma porgendomi una pastiglia.
-Forse è per questo che ti è venuta l'ansia.-
-Non è ansia.-
-Si...- Aveva evitato il mio sguardo.
La giornata è proseguita normalmente, ma il mio umore era sempre a terra. Viaggiavo tra libri, tv, computer e bagno e come se non bastasse avevo pure il raffreddore.
La domenica è più o meno passata come il sabato: molto, molto lentamente. Non guardavo il cellulare perchè non avevo voglia di parlare con nessuno, anzi, il solo vederlo suonare mi dava fastidio, così l'ho sbattuto in un cassetto. Domenica sera la mia situazione non era migliorata, continuavo ad avere la febbre alta. Lunedì non sarei andata a scuola, ero sollevata. Non tanto per le interrogazioni o la noia in sè, ma perchè non avrei dovuto sentire i commenti dei miei compagni relativi mio ulteriore dimagrimento e non avrei dovuto vederli, parlarci e fare finta di stare bene. Era da troppo tempo che lo facevo e mi ero stufata.
Finalmente ho preso il cellulare, per vedere se a qualcuno fosse interessato della mia esistenza.
2 chiamate perse di Elisabetta
1 della Nonna
Whatsapp mi segnava 109 messaggi non letti.
"Gruppo della classe", ho pensato.
Il messaggio di Elisabetta diceva:

Ehi Ele, stasera esci con noi? Andiamo in un pub, una cosa scialla... Federico però non può venire, è a Napoli.

era una delle mie migliori amiche e Federico il ragazzo che mi piaceva al tempo.
Io e lei ci conosciamo dal primo anno di asilo, abbiamo fatto insieme elementari e medie e poi abbiamo preso due strade opposte: io ho scelto il classico e lei lo scientifico. Nonostante questo  siamo ancora in contatto, anche perchè abitiamo tanto vicine da riuscire a vederci dalla finestra.
Gli altri messaggi non mi interessavano, quindi non li ho nemmeno letti e ho spento il cellulare.

Il peso della felicità // Anoressia e Bulimia - la mia storiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora