In quattro anni, la mia vita cambiò drasticamente.
Claudia Montel si trasformò nella marchesa di Montpensier e io e mio marito diventammo famosi come mecenati: persino David si degnò di venirci a trovare, realizzando lo schizzo di un ritratto mio e di mio figlio.
Josephe Henri Puyguilhem nacque un anno dopo le nozze e divenne il nuovo marchese di Montpensier ad appena due anni. Ero stata una moglie felice, anche se una febbre troppo violenta mi aveva portato via prematuramente mio marito; Henri condivise il mio letto solo il tempo di generare un figlio, successivamente la nostra rimase una relazione puramente intellettuale.
Anche la Francia cambiò, in quegli anni: mi ero illusa che osservare le vicende da lontano le avrebbe rese più sopportabili, ma sbagliavo.
Da un anno sul trono francese sedeva una donna che non era Joséphine, una nipote della regina che noi stessi avevamo decapitato, come infausto presagio che camminava e danzava e cantava tra noi.
Perpetuo memento.
Non ho mai conosciuto Maria Luisa, figlia d'Asburgo-Lorena, mio marito non aveva mai espresso il desiderio di recarsi a corte e io gli fui riconoscente; avevo rivisto la mia madrina una sola volta, subito dopo il parto, poi mi nascosi dietro l'impossibilità di lasciare mio figlio per giustificare le mie mancate visite.
Sarei potuta andare alla Malmaison senza timore di incontrare Napoleone, ma la verità era che non sapevo come avrei reagito anche solo incontrando lei: lasciare la corte era stato il gesto più difficile della mia vita, raggiungere un equilibrio era stato un percorso lungo e difficile che, forse, non si sarebbe mai concluso.
Le ferite erano ancora troppo fresche, nel 1811, gli incubi ancora ricorrenti.
Non si sfugge al destino, però, avrei dovuto saperlo, e con precisione aritmetica ciò che deve succedere, accadrà. Sempre.
Ero in visita da una vicina quando la notizia arrivò: l'Imperatore chiedeva riparo per la notte.
Nonostante fossi famosa per il contegno sempre impeccabile, quella fu l'unica volta in cui impiegai alcuni minuti a ricompormi: fortunatamente la mia ospite non si stupì, giacché la notizia dell'arrivo dell'Imperatore da un momento all'altro avrebbe creato scombussolamenti a chiunque.
Mi congedai in fretta e corsi a casa, sperando di non incontrarlo prima di cena: avevo bisogno di tempo, avevo bisogno di ritornare padrona di me stessa, delle mie emozioni.
Napoleone sapeva chi era la signora di quella casa? Joséphine aveva fatto di tutto per tenergli nascosta l'identità di mio marito, ma egli aveva spie ovunque.
Padre Stefano, il precettore di mio figlio, mi comunicò che l'Imperatore era stato alloggiato nelle stanze del conte, proprio accanto alle mie: rimasi a fissare la porta chiusa per alcuni minuti, cercando di vincere l'istinto di fuggire o di aprirla, rivelando la mia presenza.
Fu una cameriera a riscuotermi, comunicandomi che il bagno era pronto, ma la congedai in fretta, bisognosa di solitudine e silenzio.
Erano trascorsi quattro anni e il ricordo del nostro ultimo incontro bruciava ancora.
Non vi era stato giorno in cui non avessi pensato a lui. La maternità e la malattia del conte avevano riempito nel bene e nel male le mie giornate, ma quando di notte mi ritrovavo da sola, la mia immaginazione correva inevitabilmente a Lui.
Cosa sarebbe successo, di lì a poco, non riuscivo a prevederlo. Indossai un abito con il corpetto in seta bianco scollato davanti e una gonna a strisce bianche e gialle, mi feci acconciare elegantemente i capelli e truccare appena: ero la marchesa madre di Montpensier, ricoprivo quella parte da ormai così tanto tempo, ma quella notte qualsiasi maschera scivolò dal mio viso, rivelando semplicemente Claudia, la fanciulla innamorata di un uomo che non avrebbe mai potuto avere.
Mi aggrappai a mio figlio, mentre scendevo l'imponente scalinata, e mi sentii così sciocca, eppure il mio cuore palpitava di felicità: era di spalle ed ebbi alcuni istanti per osservarlo in silenzio prima che mi notasse.
Solo allora mi resi conto di quanto ardentemente mi fosse mancato. Quando si voltò e il sorriso gli morì sulle labbra; lo vidi impallidire e seppi che, come il mio, anche il suo cuore si era fermato.
Padre Stefano si fece avanti per occuparsi delle presentazioni, ma io non mi accorsi di nulla: mi limitai ad osservarlo, semplicemente.
– Siete ancora di più bella di come vi ricordassi, marchesa.
– Voi siete sempre il solito, invece, Imperatore.
Se non fossi stata io, se non fosse stato lui, quella familiarità sarebbe stata sconvenite, ma noi... A noi tutto era concesso.
– Deduco vi conosciate già. – fu il commento perplesso del prete.
Io gli sorrisi, ma fu Napoleone a rispondere per me. – Sì. La vostra signora è cresciuta con la prima moglie, è la sua figlioccia. La conosco da quando non era che una bambina.
L'incontro nelle scuderie aleggiò tra di noi, seguito da altri frammenti di vita che avevamo condiviso e che, ne ero certa, neppure lui aveva mai dimenticato.
Non ricordo molto della serata, ciò che so è che poco a poco tutti si congedarono finché nel salotto non rimanemmo che io e l'Imperatore.
Soli, come da tempo accadeva. Vicini, come mai eravamo stati.
– Josephe, dunque. È un bel bambino.
– Henri mi ha lasciato scegliere il nome e non poteva essere che quello. Joséphine è stata più che una madre per me.
– Lo so, è stata importante per entrambi. Non avrei mai voluto lasciarla.
Annuii appena. La ragione di Stato. La necessità di un erede.
– Sono felice che il parto dell'Imperatrice sia andato a buon fine e che il re di Roma goda di ottima salute.
Napoleone si alzò di scatto e iniziò a camminare lungo il salottino, nervoso almeno quanto io ero calma, in attesa di un'esplosione che non tardò ad arrivare.
– Vi credevo in Italia, lontana da me, e invece eravate qui, a due ore da Parigi!
– Non è stato facile, mio signore, credetemi.
– Perché, allora?
Lui sapeva, così come sapevo io. –Non avrei mai potuto tradire la mia madrina e non sopportavo la punizione che...
– Punizione?
– Negate, forse, che volevate punirmi privandomi di un marito, costringendomi a vivere da sola tutta la mia vita?
Qualcosa cambiò tra di noi, in quel momento: lo percepii nell'aria, e nei suoi occhi.
Cadde ai miei piedi, letteralmente, e mi prese le mani tra le sue.
– Oh, Claudia, cos'ho fatto? Io non sopportavo l'idea di perdervi, per questo non ho mai acconsentito ad alcun corteggiamento.
Si chinò sulle mie mani e io dovetti fare appello a tutte le mie forze per non tremare. Il silenzio si prolungò al punto che mi parve di impazzire, ma proprio quando ero sul punto di spezzarlo, egli parlò di nuovo.
– Sono stato così egoista, ma l'amore è così, egoista e crudele, e io vi amo, Claudia, ardentemente, sin dal primo istante in cui vi vidi. Potrete mai perdonarmi?
Non avrei mai potuto perdonarlo, ma non avrei mai perdonato neppure me per ciò che stavo per fare.
Eppure, in quell'istante, in quella notte qualunque, nulla appariva più giusto.
Mio marito era morto e Maria Luisa non era nulla per me.
Napoleone, però, era tutto il mio mondo.
Il primo bacio fu una scoperta, timida e incerta, il secondo una rivelazione.
Lussuria, struggente desiderio. Mi aveva chiamata Eos, molti anni prima, ma quella notte non sarei stata altro che Venere.
L'amore.
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Sette.
Historical FictionSette sono i colori dell'arcobaleno, le chiavi musicali, i vizi capitali, i cieli dell'antichità, le arti liberali. Se dovessi cristallizzare la mia vita in momenti, questi sarebbero sette. Il primo nel 1796, avevo quindici anni, un passato intriso...