Quando Joséphine morì la stella di Napoleone era già tramontata ed egli si trovava in esilio all'Elba.
Avrei desiderato partire subito, ma un'epidemia colpì le zone limitrofe a Parigi e io mi allontanai con mio figlio, per proteggerlo: quando l'allarme rientrò, era ormai inverno e un viaggio per mare era sconsigliato.
Dovettero trascorrere sei anni prima che potessi rivederlo: i Cento Giorni erano divenuti un monito e le visite concesse all'antico Imperatore, nella sperduta isola di Sant'Elena, erano molto ridotte. Vi giunsi nell'ottobre del 1820, dopo un viaggio difficile durato due mesi: Joseph era ormai adulto e poteva sopportare l'assenza di sua madre. Non ne era stato felice, aveva imparato presto a comprendere il mondo e la sua politica, ma il suo titolo e il suo buon nome erano tali che una visita della marchesa al marito della sua antica madrina non avrebbe compromesso molto. Non ero che una donna, dopotutto, agli occhi del mondo. Ai suoi, ero l'amata madre a cui non avrebbe mai negato nulla, soprattutto perché non gli avevo mai nascosto nulla dei miei trascorsi presso Joséphine.
Quando toccai terra ricominciai a respirare normalmente, ma il sollievo dell'essere fuori da quella nave durò poco: Longwood House era una dimora antiquata e piccola, troppo piccola, per un uomo che aveva dormito nei più bei palazzi d'Europa, e mentre vi entravo mi chiesi chi avrei trovato, oltre la porta della biblioteca. L'ultima volta che l'avevo visto era un uomo all'apice del potere, con un'alleata potente come l'Austria e un erede al trono.
L'uomo che trovai mi riportò ad anni prima, ad un altro spettro, ma se Joséphine nei suoi ultimi momenti era in pace, Napoleone era un leone in gabbia, privo di qualsiasi speranza.
-Claudia?
Sconcerto, perplessit, timore?
-O sono totalmente impazzito, oppure sei tu.
-Sono più vecchia, mio signore, ma sono io.- gli sorrisi e amai vederlo farlo a sua volta.
-Ti hanno fatta venire.
Mi venne incontro con l'agilità che l'aveva sempre contraddistinto e mi prese le mani nelle sue, ancora stupito per quello che aveva davanti.
-Io e mio figlio abbiamo dovuto chiedere un po' di favori in giro, ma alla fine ci sono riuscita.
-Perché?
-Perché non vi ricordate che le buone maniere, che in questo luogo abbandonato da Dio avete evidentemente dimenticato, e mi invitate a fare una passeggiata?
Indossò una giacca e mi diede il braccio.
Trascorsi a Sant'Elena una settimana, e in quei sette giorni parlammo come mai avevamo avuto la possibilità di fare, troppo presi dagli impegni di stato, o impegnati a ferirci reciprocamente. Parlammo del passato, di Joséphine, della Corsica, ritornammo alle origini, al giorno della mia nascita, dodici anni dopo la sua, e infine di nuovo lì, al presente, su quell'isola lontano da tutto ciò che avevamo sempre chiamato casa. Mi chiesi come avesse fatto a non impazzire, ma non lo domandai mai a lui.
Cavalcammo, ricordando il mio Violino, e ci sfidammo a gare di retorica davanti ad una platea di domestici che, davanti a sir Hudson Lowe, il carceriere, trattenevano le risa.
Io trattenevo l'ira, invece, davanti alle condizioni pessime in cui Napoleone era costretto a vivere, ma tacqui per paura di peggiorare la situazione; inoltre, dubitavo che lui avrebbe accettato il mio aiuto senza sentirsi svilito, così continuai a sorridere, imperturbabile, fino alla fine.
L'ultima notte la trascorremmo all'aperto, chiedendoci se il cielo fosse blu o nero, parlando di nulla, lasciando che fossero i pensieri a colmare i silenzi. Era quasi l'alba quando infine glielo chiesi.
-Ve ne siete mai pentito? Avete mai desiderato aver avuto una vita tranquilla, in Corsica, invecchiando con vostra moglie e crescendo i vostri figli?
Non esitò neppure un istante. –Mai. Ero destinato a questo, mia Claudia. A tutto questo. - La gloria, il potere, il crollo. Napoleone si era aggrappato al suo sogno per tutta la vita, con l'incrollabile certezza di essere predestinato alla grandezza. –E tu eri destinata a me. Tu e Joséphine. Mi avete reso un uomo migliore e di tutte le persone che si sono dette mie amiche, siete state le uniche a esserlo davvero.
Quattro ore dopo attendevamo che le operazioni di carico e scarico della nave terminassero, per poter ripartire.
-Sono stata Eos e Venere, oggi sarò Mercurio.
Presi dalla borsa la lettera di Joséphine, con il sigillo intatto come il giorno in cui l'avevo ricevuta.
-È un onore per me avervi conosciuto, signor Bonaparte.
Il cognome che aveva quando ci eravamo conosciuti, una frase che ricalcava la prima che gli avevo detto.
-Addio, mia adorata Claudia.
Non lo rividi più.
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Sette.
Historical FictionSette sono i colori dell'arcobaleno, le chiavi musicali, i vizi capitali, i cieli dell'antichità, le arti liberali. Se dovessi cristallizzare la mia vita in momenti, questi sarebbero sette. Il primo nel 1796, avevo quindici anni, un passato intriso...