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Stanza numero 268.

Il numero della camera dove si trovava Luke.
Davanti alla quale Michael aveva trascorso la settimana.
Dove aveva pianto silenziosamente, dove aveva sperato che tutto fosse stato un sogno.
Quando l'uomo annunció la notizia di Luke, il ragazzo non fu sorpreso.
Fu solo scosso.
La madre del biondo uscì dopo un'ora in lacrime.
Guardó il ragazzo pallido, seduto davanti alla porta. Lo fissó per pochi secondi, disperata, poi andó a sedersi.
«Entra..» gli disse per la prima volta con il viso contorto in una smorfia di dolore.
Il moro annuì e si alzó, passandosi le mani sulle onde delle pieghe che formava la maglia.
Posó la mano grande e pallida sulla maniglia, soffermandosi a guardare l'ancora tatuata sul pollice.
Aveva paura di entrare, e tutto ció che gli passava davanti agli occhi diventava improvvisamente interessante.
Dopo un minuto abbassó la maniglia ed entró.
La luce entrava chiara dalla finestra per metà oscurata dalle tendine.
Due letti vuoti e uno occupato.
Il bianco e il Celeste.
Ecco i colori che dominavano quella stanza.
Posó il suo sguardo sul ragazzo poggiato allo schienale del letto.
Un filo della flebo spuntava da un cerotto sul suo braccio destro e un fastidioso rumore macchinario risuonava nella stanza.
Troppo lento per i gusti di Michael.
«Ciao» disse Luke.
E bastó per far distrarre il ragazzo appena entrato.
«Hey..» disse rimanendo immobile.
«Siediti pure» disse con voce 'assonnata'.
Il ragazzo obbedì e si mise a sedere sul letto vuoto di fianco a lui.
Luke inizió a morsicarsi il labbro, alla ricerca del piercing che gli fu tolto appena arrivato.
«avevo un anellino qui..» disse indicandosi il labbro «vero?»
Lui annuì, ripensando al meraviglioso contatto con le sue labbra, e improvvisamente gli venne voglia di baciarlo.
«posso farti una domanda?» chiese il biondo.
Michael deglutì troppo rumorosamente. Aveva ancora più paura.
«Si..» disse piano.
Luke inizió a giocherellare con le dita magre e lunghe.
«Non.. Chi sei?» chiese puntando poi le sue iridi in quelle verdi del moro.
Se lo aspettava, dopotutto.
Peró decise di non dirgli la verità..
Sarebbe stato più facile per entrambi.
«Sono Michael, un.. tuo amico..»
Il ragazzo aggrottó le sopracciglia e a Mike passó un brivido.
«Ti chiedo di darmi tempo» sorrise imbarazzato e nervoso «non mi ricordo molto.. non avevo riconosciuto nemmeno mia madre appena era entrata»
Sospiró e annuì.
La porta si aprì.
«Le visite sono finite per oggi. Dobbiamo fare dei controlli ora» disse una donna sulla cinquantina, vestita con un camice verde.
I due annuirono e si salutarono.
«Mike, mi piacerebbe ricordare.. magari domani passi qua?» chiese Luke con un sorriso che rivelava due dolci fossette ai lati delle guance.
Il moro sorrise triste annuendo e si giró, quando «Ah Michael..» si sentì dire.
Si fermó e «si?» disse.
«Sei molto carino» completó.
Lo sentì arrossire dopo aver detto quella affermazione e poi chiuse la porta dietro di lui.
E fu felice.
Dopo una settimana lo fu veramente.

Diary. «Muke Clemmings»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora