Capitolo 1.

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Doncaster, 1997.

“Harry qual è il tuo colore preferito?” Mi chiede Louis giocando con i fili d’erba nel nostro parchetto, come sempre ci troviamo qui ogni giorno allo stesso orario, tranne se c’è un temporale e parliamo, giochiamo e lui spesso mi racconta della sua giornata a scuola ed io gli dico della mia con Gemma che mi fa i dispetti e papà che si dispera per separarci.
Ci siamo incontrati un anno fa, ma sa tutto di me.
E’ il mio amichetto del cuore.
“Non lo so.” Rispondo distogliendo lo sguardo dai fiori con cui stavo giocando.
“Come non lo sai?” Mi guarda con un’espressione strana, unendo le sopracciglia e mettendo la bocca in una strana posizione, sembra sorpreso e forse anche un po’ arrabbiato.
“Forse l’azzurro.” Rispondo allora ritornando ai miei fiori e alle formiche che ci camminano intorno. Se ne schiacciassi una? “Come sei scontato.” Sbuffa lui stendendosi a pancia in su, e dalla sua voce capisco che scontato significa qualcosa di brutto.
“Perché?” Chiedo rimanendoci male e sistemandomi i capelli con una mano sporca. Voglio tagliarli tutti questi ricci, non stanno mai al loro posto. Vorrei avere i suoi capelli, così lisci, così belli. “E poi cosa significa scontato?”
“Mamma mi ha detto che scontato significa qualcosa che piace a tutti.” Risponde unendo le mani sopra la pancia e chiudendo gli occhi.
“Ahhhh.” Faccio sorpreso.  “Capito. E l’azzurro piace a tutti?” “Certo “Fa lui. “E’ il colore del mare, del cielo…”
“E dei tuoi occhi.” Continuo io schiacciando una formica con il dito. Bleah che schifo. L’azzurro però è un colore bellissimo ed è il colore di tutto quello che di infinito c’è.
“Eh.” Dice lui. “Sarà per questo che non mi piace.” Come non si può amare il colore degli occhi di Louis? Sono bellissimi. Cambiano con il tempo e poi sono sempre luminosi, accesi di luce e si riempiono ogni volta di qualcosa di diverso.
Gioia, divertimento, rabbia, tristezza…
“Ed il tuo colore preferito qual è!?” Chiedo io dopo alcuni minuti di silenzio, forse si è addormentato, penso. Forse dovrei andare a chiamare Jay, io non ce la farò mai a spostarlo da solo. Però sembra così piccolino addormentato che forse con un po’di sforzi potrei trascinarlo…
“Il verde.” Risponde di scatto con una voce troppo seria, interrompendo i miei pensieri. “Come i prati, le foglie…”
Ed i miei occhi, ma questa volta non lo dico e mi stendo anche io a pancia in su a fissare il cielo. Sento l’azzurro trascinarsi nelle mie vene, il cielo entrare nel mio cuore e il mare risuonarmi nelle orecchie, ma soprattutto gli occhi di Louis nel mio destino. Non mi è ancora chiaro il perché ma sento questo momento fissarsi proprio lì, fra una costola e l’altra, fra una parola detta e una taciuta, fra il cuore e l’anima. E poi l’azzurro è il colore degli occhi di Louis, e Louis non può mai essere qualcosa di brutto.







Doncaster, 1998.

"Louis gemma mi ha tirato i capelli!" Mi massaggio la zona a cui quella strega si è attaccata, e sbuffo sedendomi difronte a lui, mettendo fra di noi la busta che mamma mi ha fatto portare.
"Oh povero bimbo." Dice con aria infastidita ritornando a fissare un punto lontano da me.
"Antipatico." Esclamo e lui finalmente mi guarda e noto gli occhi e le guance rosse. Louis è sempre forte, sorridente e si preoccupa prima degli altri e poi di se stesso, e soprattutto non piange mai.
"Perché hai pianto?" Domando preoccupato. "Che succede?" "Prima di venire qui stavo cercando mamma per darle un bacio prima di uscire e ho sentito Mark dire di volere un altro figlio.” Parla fissandosi le mani, come se piangere fosse una cosa brutta, una cosa di cui vergognarsi. Ma io piango sempre, ho pianto fino a dieci minuti fa perché Gemma mi ha detto che in realtà sono stato trovato nel carrello di un supermarket.
“E quindi? É una cosa bella!!” Rispondo, è fantastico, cioè.
Louis diventerà fratello di nuovo! Avremo un nuovo amichetto, ed io non sarò più il più piccolo.
“Non è una cosa bella Harry. Perché significa che io, Lottie e Fizzy non li bastiamo.” Butta fuori tutto d’un fiato ed io non lo capisco, non è sempre una cosa bella avere un nuovo arrivato in famiglia?
"Ma cosa dici? Vuole solo allargare la famiglia."
"Una famiglia di cui io non faccio parte. Harry, Mark non è il mio vero padre e per lui non sarò mai abbastanza."
“Lou ma tu sei un bravo bambino, non dai mai fastidio alle tue sorelline anzi le coccoli sempre e vai bene a scuola." Mamma dice sempre che Louis è un bambino perfetto, perché non fa mai i capricci e soprattutto non piange mai.
"Ma non sono suo figlio." Fa convinto.
"Hai il suo cognome…. Non importa nient’altro." Anche perché in realtà non ho mai capito bene tutta la situazione. Jay é la madre di Louis, ma Mark non è il suo vero padre. Perché? Jay e Mark sono sposati, quindi sono per forza la mamma ed il papà di Louis. "Forse hai ragione."
"Si e pensa se dovesse arrivare un maschietto… Avresti un nuovo amico."
"Io non voglio nessun’altro.." Fa mordicchiandosi l’interno della guancia. "Ho già te." E sorride piano lui, scoprendo la finestrella che fa sorridere anche me. Sento per la prima volta che nonostante Louis sia forte, che non pianga mai e che sia il bambino più allegro e vivace che conosco, abbia bisogno di me.  "Sarai il mio migliore amico per sempre Harry."
" Anche tu, Lou." Ricambio felice. Per sempre è una promessa, no? E poi è così bello avere un migliore amico. Gemma è sempre felice quando è con Alice, quando sono insieme sembra sparire tutto il resto.  "Adesso guarda che cosa ti ho portato."  E dalla busta esco un pezzo di torta al cioccolato che mamma ha preparato e glielo passo, poi addento il mio.
"Il migliore amico più figo che ci sia!" E non gli chiedo cosa significhi figo o perché senta sempre dirlo a mia sorella mentre guardiano la tv o mentre parla al telefono con le amiche. Rimango in silenzio a mangiare la torta. Sentendo la felicità entrarmi nelle vene. E non mi è ancora chiaro il perché ma sento questo momento fissarsi proprio lì, fra una costola e l’altra, fra una parola detta e una taciuta, fra il cuore e l’anima. Sento questo momento urlare per sempre.





Doncaster, 1999.

“Louis!” Ansimo con il fiato corto e le gambe che mi fanno male. “Aspettami, uffa!”
“Veloce Hazza!” Urla lui di rimando voltandosi verso di me con le guance colorate di rosso ed i capelli di solito ordinati sulla testa in un caschetto liscio e perfetto, scombinati dalla foga e forse dal vento.
“E’ facile per te, hai le gambe più lunghe!” Arranco dietro di lui e lo vedo sorridere.
“Tu sei piccolo ancora, presto crescerai anche tu.” Esclama quasi per niente stanco, ed è vero. Louis sta diventando grande. Ha quasi nove anni ed è molto più alto di me, e poi è in quarta elementare.
“Sicuro?” Mi raggiunge e mi guarda sorridente e radioso.
“Al 100%.” Urla come se intorno a noi ci fossero centinaia di persone, come se al vento potesse importare di me e di quando anche io sarò grande. “Diventerai un ragazzo altissimo, con gli occhi verdi e delle meravigliose fossette!”
Rimango in silenzio, cercando di riprendere fiato, probabilmente cadrò a terra fra pochi secondi, sento i polmoni bruciarmi e la gola seccarsi.
“Eccole qui.” Dice quando alzo la testa e lo guardo sorridente, e infila un dito dentro a ciascuna fossetta “Quanto le amo non lo so.” Urla ricominciando a correre. “Ora muoviti femminuccia, devo farti vedere quel cane morto.” E non mi è ancora chiaro il perché ma sento questo momento fissarsi proprio lì, fra una costola e l’altra, fra una parola detta e una taciuta, fra il cuore e l’anima. Sento questo momento urlare per sempre






Doncaster, 2000.

Il tempo qui a Londra fa schifo. Ecco perché sono le 5 e mezza di pomeriggio e sono rinchiuso in casa davanti alla tv.
Non riesco nemmeno a farmi piacere l’uomo tigre.
Sbuffo.
“Mamma ho fame!” Urlo. Ed eccola dopo alcuni minuti con un bicchiere di the freddo in una mano e un tramezzino nell’altra. “Tieni amore.”
“Grazie.” Faccio con aria leggermente sconsolata, portando il bicchiere alle labbra.
“Che succede piccolo?” Si siede sul bracciolo e mi passa una mano intorno alle spalle, è cosi bella la mia mamma.
“Mi sto annoiando…” Rispondo leggermente triste addentando il tramezzino questa volta. “E vai a giocare, i compiti gli hai finiti no?”
“Si.” Sbuffo ancora. Non voglio dirle che voglio andare al parchetto per giocare con Louis, perché mamma potrebbe anche esserne felice, lei lo adora, ma Gemma mi prenderebbe in giro.
“E i cartoni non ti piacciono?” Lei mi guarda dispiaciuta e vedo che sta cercando un modo per aiutarmi, ma squilla il telefono.
“Amore arrivo subito.” Io fisso fuori dalla finestra e lo spettacolo è noioso quanto questo qui in casa. Ed i nuvoloni neri non mi fanno sperare in niente di buono.
“Ehi Jay, ciao!” Mamma guarda ancora verso di me e sorride, mostrando tutti i denti e le fossette uguali alle mie. Ed è Jay! E’ Jay, la mamma di Louis!!
“Oh si, anche Harry è di cattivo umore!” Anche Lou senza di me si sta annoiando? Anche lui non sa cosa fare? Mi alzo dal divano divorando l’ultimo pezzo di panino e mi avvicino per sentire meglio cosa si dicono.
“Si, dai. Dammi il tempo di preparare entrambi e siamo da te, questo tempo deprime anche me e diciamo che non sono proprio una bambina!” E poi scoppia a ridere, mentre io corro di sopra e mi vesto velocemente. Maglietta, maglione, pantaloni, calze, scarpe, giubbotto, sciarpa e cappello.
“Mamma sono pronto!” Urlo scendendo l’ultimo scalino.
“Harry stavi per caso origliando?” Dice e sicuramente sarà in bagno.
“Ori cosa mamma?” Faccio sedendomi sul divano e riprendendo a bere il mio thè.
“Stavi ascoltando la conversazione fra me e Johanna?” Domanda e la immagino sorridere divertita. Loro usano tutti questi paroloni ed io non ne capisco quasi mai niente, ma prima o poi diventerò bravo anche io.
“Si.” Rispondo semplicemente. Le bugie non fanno per me, nono.
“E quindi sai già dove stiamo andando no?” Esce dal bagno dopo alcuni minuti e mi scompiglia i capelli sorridente.
“Stiamo andando da Louis!” Esclamo io tutto contento saltellandole dietro, mentre chiude la porta di casa e ci mettiamo in macchina.
Il viaggio dura pochissimo e siamo giù fuori a casa Tomlinson.
Mamma suona e Jay ci viene ad aprire con lo stesso sorriso grande che puoi vedere in qualsiasi momento sul viso di Lou.
Entriamo tutti infreddoliti e Johanna ci fa accomodare parlando con mamma di cose noiose e salutandomi con un bacino sulla guancia.
E’ proprio bella la mamma di Louis!
Ed eccolo catapultarsi giù dalle scale con i pantaloni della tuta, una maglietta scura ed i capelli in disordine.
“Hazza!” Mi abbraccia di scatto ed io ricambio con forza. Louis è l’unico amichetto che saluto abbracciandolo, degli altri non importa, se ho lui. “Hai visto che alla fine un modo per stare insieme io lo trovo sempre?” E mi tira di sopra, urlando alla madre che dobbiamo assolutamente vedere un cartone animato e che non vogliamo essere disturbati. Sorrido e nemmeno il temporale fuori fa così tanta paura adesso che sto con lui. E non mi è ancora chiaro il perché ma sento questo momento fissarsi proprio lì, fra una costola e l’altra, fra una parola detta e una taciuta, fra il cuore e l’anima.

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